In Formula 1 a 17 anni: azzardo o rischio calcolato?
Esordire in Formula 1 senza ancora essere in possesso della patente di guida. È quanto accadrà il prossimo anno a Max Verstappen, il quale, all'età di 17 anni e 5 mesi, sarà presente al via della gara inaugurale a Melbourne della stagione 2015. Verrà così sgretolato il precedente record di precocità nella massima categoria, detenuto tutt'ora da Jaime Alguersuari, in quanto il giovanissimo baby-prodigio olandese sarà il primo minorenne a schierarsi al via di un Gran Premio. Ma la scelta della Red Bull, che a tempo di record ha arruolato nel proprio Junior Team il figlio d'arte (il papà Jos ha infatti collezionato 106 presenze in F.1), soffiandolo alla concorrenza Mercedes per poi garantirgli da subito un posto da titolare in Toro Rosso, è destinata a fare discutere. In primo luogo, va sottolineato che, oltre alla giovane età, è proprio la limitata esperienza in pista di Verstappen a destare qualche perplessità: l'olandesino, infatti, dopo essersi distinto a suon di vittorie nel karting, è attualmente alla propria prima stagione in monoposto, essendo impegnato nel campionato europeo di Formula 3 con il team Van Amersfoort. Alle prese con una serie senza dubbio difficile e competitiva, Max ha comunque da subito sbalordito tutti per la propria velocità e capacità di apprendimento: da manuale il suo miglior tempo nella prima sessione di test collettivi pre-stagionale, anche se ancora più sorprendente è stato il suo rendimento durante i weekend di gara. Sino a questo punto della stagione, infatti, il figlio di "Jos the Boss" ha collezionato ben otto successi, grazie ai quali si trova attualmente al secondo posto in classifica alle spalle del solo Esteban Ocon, e ben davanti ad esponenti di altri Junior Team (ad esempio, Antonio Fuoco) o a piloti con un'esperienza ben maggiore rispetto alla sua. Ma la carriera-lampo del piccolo Verstappen implica alcuni aspetti sui quali vale la pena soffermarsi. Punto primo: nessuno mette in dubbio che ci si trovi di fronte ad un potenziale fenomeno. Vero, il fatto di avere un padre pilota può averlo sicuramente facilitato a trovare qualche sponsor, ma una volta in macchina Max ha mostrato immediatamente tutto il suo valore. Lecito aspettarsi, dunque, che possa essere da subito veloce anche in Formula 1, soprattutto considerando quanto messo in mostra quest'anno dai rookies Kvyat e Magnussen. Il che denota come le moderne vetture siano sostanzialmente facili da guidare e da portare al limite: basta memorizzare le procedure legate soprattutto all'utilizzo del turbo e delle componenti elettroniche ed il più è fatto. Un fattore che rende inevitabile domandarsi se esse siano in grado o meno di fare un'adeguata "selezione", anche se questo è un altro discorso. Il caso-Verstappen, piuttosto, pone a questo punto molti interrogativi a proposito della reale necessità di tutte le formule propedeutiche attualmente in vigore. Karting, campionato nazionale o europeo, Formula 3 o GP3, poi GP2 e infine Formula 1: questo era stato sino a poco tempo fa il modello maggiormente in voga per la progressiva crescita di un giovane pilota. Una sequenza di passaggi pressoché obbligati che permetteva al ragazzo di farsi le ossa e di accumulare la giusta esperienza. Ma, se questo schema è ritenuto ancora quello di riferimento per certe scuole (vedi Ferrari o McLaren) la politica attuata da Helmut Marko e dal Red Bull Junior Team ha decisamente sconquassato il panorama in vigore. Già lo scorso inverno, infatti, Kvyat era stato promosso direttamente dalla Gp3 alla Formula 1, infliggendo così un duro colpo alla credibilità del campionato Gp2; di certo, però, la mossa di assicurarsi il giovane Verstappen e, a tempo di record, assicurargli un posto da titolare in Formula 1, rischia di imporre un globale ripensamento al sistema delle formule addestrative. Soprattutto se l'olandesino volante dovesse dimostrare di saper andare forte da subito. Di sicuro, la Red Bull oltre a fare una rischiosa scommessa ha anche giocato sapientemente la carta del marketing. Il più giovane pilota della storia su una macchina dotata dell'ormai arcinota bevanda energetica è una scelta strategica perfettamente in linea con la politica dell'azienda austriaca, in grado di attirare le attenzioni dei media di tutto il mondo, sportivo e non. Con buona pace del rischio di bruciare un talento come quello di Verstappen, sull'onda di quanto avvenuto con Buemi, Alguersuari e gli stessi Da Costa e Sainz, entrambi scavalcati inaspettatamente dopo aver dimostrato di saper vincere in una categoria ben più impegnativa come la Formula Renault 3.5. Ai riscontri della pista, però, spetterà come sempre l'ultima parola. Marco Privitera
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