F1 | Flashback: Suzuka, il “ring” iridato di Senna e Prost
SENNA-PROST ATTO I. Suzuka si trasforma per la prima volta in un ring iridato nell’edizione 1988. A contendersi il titolo sono i due piloti più talentuosi del lotto. In Giappone, i due alfieri della McLaren arrivano con un distacco di 5 punti in favore del francese. Nelle qualifiche Senna e Prost dominano la scena, con il brasiliano che s’impone sul compagno di squadra per tre decimi. Al via della gara c’è un (inaspettato) colpo di scena: Senna – forse tradito dalla forte pressione del momento – spegne il motore e viene superato da metà gruppo. Nonostante l’intoppo iniziale, l’estroso pilota di San Paolo riesce a rimettere in moto la monoposto, ma si ritrova in quattordicesima posizione. Sembra la fine del sogno iridato del brasiliano, ma... il diretto interessato la pensa diversamente. Difatti Senna mette in atto una grande rimonta che gli permette dapprima di avvicinare e successivamente sopravanzare Prost nel corso del 28° giro. Senna inizia ad imporre il proprio ritmo, tagliando il traguardo in prima posizione. Un successo che permette a Magic di laurearsi campione del mondo per la prima volta in carriera, avendo la meglio sul compagno/rivale in virtù della regola degli scarti che (all’epoca) prendeva in considerazione solo i migliori undici piazzamenti conseguiti in stagione.
SENNA-PROST ATTO II. Per il secondo anno consecutivo i due piloti della McLaren risolvono la pratica iridata sul tracciato del Sol Levante. Nelle prove del sabato Senna conquista una straordinaria pole, rifilando oltre un secondo a Prost. Però in gara, ancora una volta, la partenza si rivela deleteria per il brasiliano che viene incalzato dal francese. Conservata la leadership per buona parte della corsa, Prost subisce il ritorno della McLaren gemella numero 1 di Senna che, approfittando dello spazio lasciato dal rivale, tenta il sorpasso alla Chicane Casio (l’attuale Chicane del Triangolo). Il francese cerca di chiudere la traiettoria al brasiliano, ma le due monoposto vengono inevitabilmente a contatto. Prost scende prontamente dalla vettura: con entrambi fuorigioco, il titolo andrebbe proprio al francese. Senna, invece, chiede aiuto ai commissari per ripartire. Dopo alcuni tentativi, il brasiliano – sotto gli occhi attoniti di Prost – riesce a ripartire immettendosi in pista dalla via di fuga posizionata sul rettifilo principale. Con l’ala anteriore danneggiata Senna compie un intero giro, tornando poi ai box per cambiare il muso danneggiato. Per conquistare il titolo, il brasiliano ha bisogno di vincere e si mette alla caccia della Benetton di Alessandro Nannini che, approfittando della bagarre al vertice, si ritrova a sorpresa in testa al GP del Giappone. Con un ritmo indiavolato (cinque/sei secondi al giro più veloci di Nannini), il pilota di San Paolo prende e supera l’italiano alla staccata della Casio a due giri dalla conclusione, andando a vincere la gara. Risultato che premia Senna, con il brasiliano che tiene aperti i giochi per il titolo in vista dell'appuntamento conclusivo di Adelaide. Ma la sua gioia ha i minuti contati: Senna viene squalificato per aver tagliato la chicane nei momenti successivi al contatto con Prost. Una sentenza che di fatto modifica la classifica del Mondiale, con l’iride che passa nelle mani di Prost. Senna non ci sta e accusa la Federazione (e il presidente Jean Marie Balestre) di aver favorito Prost: il brasiliano è certo di un complotto ordito ai suoi danni. La FIA definisce Senna “un pilota pericoloso”, lo multa con un’ammenda di 100.000 dollari e gli revoca la superlicenza (indispensabile per gareggiare) dopo l’accusa da parte di Senna di aver manipolato il verdetto della pista. La bagarre mediatica tra la FISA e il pilota di San Paolo si protrae fino all’inverno successivo. Senna, spinto dalla McLaren, è costretto a fare pubblica ammenda con una lettera indirizzata alla Federazione. Nella mente del brasiliano l’episodio di Suzuka resta però una ferita aperta…
SENNA-PROST ATTO III. Con i rapporti umani e professionali oramai inesistenti, per la stagione 1990 la McLaren decide (giocoforza) di modificare la propria line-up. A lasciare il team di Woking è il campione del mondo in carica Prost, che emigra in Ferrari. Gerhard Berger, invece, esegue il percorso opposto, passando da Maranello alla scuderia britannica. Con la F1-90, il Professore riesce a tenere testa al brasiliano, fino all’epilogo di Suzuka. Al penultimo appuntamento iridato del campionato, Senna guida la classifica con 9 punti di vantaggio sul francese, al quale non resta che vincere in Giappone per continuare a lasciare aperto il discorso iridato fino ad Adelaide. Come prevedibile, i due rivali si giocano la pole, con il pilota della McLaren che si prende la testa per circa due decimi sul rivale. Rispetto a ciò che accade su altre piste, al poleman non viene riservato il privilegio di partire dal lato pulito del tracciato. Una decisione, quest’ultima, presa a poche ore dalla gara. Senna chiede ai commissari di modificare questa (anomala) situazione, ma la risposta che giunge al brasiliano non è di quelle positive. Dietro il “no” dei commissari si cela la volontà del presidente della FISA, Balestre. Senna si ritrova, dopo il caos generatosi nella stagione precedente, a dover ingoiare un altro boccone amaro e decide allora di farsi giustizia da solo. Al via Prost parte meglio, infilando la MP4/5B numero 27, ma il brasiliano alla staccata del rettifilo iniziale ritarda il punto di frenata centrando il pieno il retrotreno della Ferrari guidata dal francese, con le due monoposto che terminano la loro corsa sulla sabbia. Con entrambi fuorigioco dopo pochi metri, Senna è matematicamente campione del mondo, tornando così ad “indossare” la corona iridata a distanza di due anni. A caldo le parole del brasiliano sono chiare, decise e non lasciano spazio a fraintendimenti: «Le corse sono fatte così, qualche corsa finisce alla prima curva, qualche corsa finisce a sei giri dalla fine». Chiaro il riferimento del brasiliano alla sanzione subita l’anno precedente proprio a Suzuka. La Ferrari e Prost sono imbufaliti per la manovra del brasiliano, ma la Federazione – al contrario dell’anno precedente – decide di non intervenire a riguardo, etichettando il tutto come un normale incidente di gara. Tempo dopo, proprio Senna affermerà di aver premeditato quell’azione in pista in seguito agli episodi che lo videro protagonista a Suzuka nel biennio 1989-90.
Piero Ladisa
{jcomments on}