F1 | Imola, un tracciato troppo..."vero" per la Formula 1 di oggi
La F1 se ne va da Imola con l'Inno di Mameli cantato dai tifosi e la sensazione che il 2025 sarà il canto del cigno per il Circus in Emilia Romagna
Il Gran Premio dell’Emila Romagna era appena terminato, e già le polemiche riguardanti la pista di Imola montavano forti. Non è bastata la marea rossa, il pubblico che cantava l’Inno di Mameli spontaneamente sotto il palco, l’abbraccio a Sebastian Vettel (uno dei pochi cuori da corsa “puri” della nostra epoca) alla guida della McLaren di Senna. La carenza di sorpassi, nell’epoca del DRS, è una colpa difficile da cancellare, e inoltre pare proprio che dopo il 2025 sarà dura rivedere la F1 sulle rive del Santerno. Ma andiamo con ordine, e cerchiamo di capire cosa incredibilmente “non vada” in una delle piste, a detta di tutti, più belle e impegnative del mondo.
Tra pochi sorpassi, le parole di Perez e la proposta di Martini
Diciamocelo chiaramente, a scanso di equivoci: a Imola di sorpassi in pista se ne sono visti pochini. Ma attenzione, perché chi lega ciò ad una gara noiosa tout-court, o viene da Marte o è in malafede (e spesso siamo nella seconda ipotesi). Perché la tensione emotiva vissuta nel secondo stint, quando tutti hanno montato le dure e Norris ha piano piano eroso il distacco che lo separava dal leader Maximo (ci si conceda il…gioco di parole), raramente la si è respirata negli ultimi due anni. E quei traversi dell’inglese al Tamburello e alla Villeneuve sono per palati fini, mica per Netflix (ma su questo ci torneremo…).
A fine gara, sono arrivate poi le parole di Sergio Perez. Un pilota che dovrebbe più che altro meditare sulle proprie prestazioni, a dir poco scadenti.
Non capisco come sia possibile che si corra a Imola. Questo tracciato non ha niente a che vedere con quelle che sono le macchine che corrono oggi in Formula Uno.
Allora, caro Checo, ma siamo proprio sicuri che l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari non sia da F1? Possibile che non passi per l’anticamera del cervello di nessuno che il problema siano proprio le macchine in sé, lunghe, pesanti e difficili da guidare fuori traiettoria? E che con la tanto decantata “rivoluzione” delle vetture effetto suolo che avrebbero dovuto portare più spettacolo vero in pista, la montagna abbia in realtà partorito un topolino di campagna, ma di quelli piccoli?
Qui si è anche inserita la proposta di Pierluigi Martini, splendido protagonista dell’era Minardi, e pilota di casa in Romagna. Proprio al suo ex patron, ora direttore dell’impianto, avrebbe mostrato un progetto che prevede in pratica di bypassare la Variante Villeneuve e di sostituirla con un rettilineo. Questo aggiungerebbe in pratica una staccata all’altezza delle Tosa, tornando un po’ all’antica quando c’erano i due curvoni eliminati dopo le tragedie di Senna e Ratzenberger. Chissà, forse una soluzione del genere potrebbe fare il miracolo, ma l’idea di togliere quella variante sembra non riscuotere troppi consensi.
ll grande inganno dello spettacolo
Inutile girarci intorno. I problemi fondamentali di Imola e di tanti altri circuiti storici (lo vedremo più avanti) sono due: i soldi a disposizione ed il fatto di essere piste vere. Perché signori, diciamocelo chiaro e tondo: al netto del discorso economico che è sempre importante, i tracciati da pelo, con curve vere e punti di sorpasso dove non basta il DRS, ma serve piuttosto avere le palle d’acciaio, non piacciono ai padroni del vapore, al di là delle parole di facciata.
Perché? Beh, è presto detto: perché qui non c’è spazio per falsi duelli, per lo show, per nani, ballerine, cheerleaders e orpelli vari. Qua si fa del motorsport, cosa che viene sempre più dimenticata e messa in un angolo. Lo spettacolo a tutti i costi, ecco il grande male che attanaglia la F1 odierna: finto, per l’amor di Dio, ma facile da dare in pasto a tiktoker, instagrammer e youtuber. Che, per inciso, sono diventati tutti espertissimi e fanno comparsate televisive con una sicumera tale che pare abbiano fatto per 20 anni i team principal.
Ecco perché Imola, checché se ne dica, finirà per sparire dal calendario. Poco importa lo sforzo fatto dalla Regione in primis, dalla Motor Valley e dall’Italia in fin dei conti, per tenere in piedi la baracca in tempi di Covid, quando tutto sembrava potesse andare a rotoli da un momento all’altro. Via Imola, ecco Las Vegas. Oppure quell’obbrobrio di Miami, quei guazzabugli senza anima di Singapore, Doha e Sakhir e tra poco anche Madrid. E poco importa se tra le due tipologie di piste, per chi si intende di entrambi i campi, corra la stessa differenza che c’è tra un live di tre ore di Springsteen e un quarto d’ora in autotune di Sfera Ebbasta, con tutto il…rispetto. Via il “vecchio” (ammesso che lo sia) e largo al nuovo, anche se questo è di una pochezza allucinante.
In buona compagnia
Al di là delle belle parole post-alluvione, è ormai chiaro che il 2025 sarà l’ultimo anno della F1 a Imola, salvo miracoli. Dopo il Santerno, infatti, sarà il Mediterraneo a fare da cornice al Circus, a Monte Carlo, il salotto buono per eccellenza. Ebbene, anche il Principato, che ci si creda o no, è a rischio, vuoi perché lo spazio per il circo (non il Circus) è ridotto, vuoi perché i biglietti sono pochi e l’incasso relativamente ridotto.
E attenzione, perché anche a Monza è vero che i lavori di ammodernamento richiesti continuano a spron battuto, ma da soli questi non bastano certo a garantire una permanenza stabile dell’Autodromo nel Circus. Per non parlare poi di Spa, da anni sulla graticola; tra le location storiche, solo Silverstone è “tranquilla”, con il contratto fino al 2034. Ma gli altri, chi più e chi meno, sono tutti in pericolo, e non c’è storia che tenga: chiedere per conferma a Nurburgring, Hockenheim, Le Castellet o Magny Cours.
E allora, ecco che tutte le belle manifestazioni in memoria di Senna e Ratzenberger, con Vettel in pista, e anche George Russell che porta la Mercedes della Targa Florio a Brisighella per ritirare il Premio Bandini, perdono immediatamente di valore. Perché è inutile fare i sorrisi a favore di telecamera, dire parole vuote al vento e commuoversi, se poi non ci si spende veramente in difesa dei monumenti, della storia su cui si cammina. Sono lacrime di coccodrillo, per non dire di peggio, e questa retorica sta disgustando i veri appassionati.
Ma forse, chi lo sa, è meglio così: in fin dei conti, siamo proprio sicuri che Imola meriti questa F1?
Nicola Saglia