Gian Carlo Minardi, il "miracolo italiano" della F.1
Parlare del marchio Minardi, dopo 21 stagioni e 340 Gran Premi disputati in Formula 1, suscita nel cuore degli appassionati da corsa tanti ricordi e, al tempo stesso, ancora un certo effetto. Figuriamoci il fatto di poterlo fare faccia a faccia con colui che, grazie alla propria passione, tenacia e determinazione, è riuscito a costruire, anno dopo anno, un piccolo “miracolo italiano”. Gian Carlo Minardi non ha smesso di girare per gli autodromi né tantomeno di inseguire i propri sogni: a distanza di nove anni dalla definitiva scomparsa del proprio team dal Circus, continua a mettere a disposizione la propria lunga esperienza nell’intento di scoprire e formare giovani talenti dell’automobilismo italiano, in veste di consulente per Aci-Csai e per il Ferrari Driver Academy.
Lo incontriamo a Faenza, nel cuore della Romagna e del mondo Minardi: la città che lo ha visto costruire praticamente dal nulla una realtà capace di affermarsi e sopravvivere con grande dignità in un mondo che non perdona il minimo sbaglio. Eppure, in quel lontano Gran Premio del Brasile 1985, giorno del debutto del team Minardi in Formula 1 con Pierluigi Martini al volante, forse lui stesso non si sarebbe mai aspettato che l’avventura sarebbe durata oltre vent’anni: “Onestamente era un aspetto che non mi preoccupava più di tanto. In qualche modo – confida – avvertivo la sensazione che la cosa non si sarebbe esaurita di lì a breve, ma probabilmente mi aspettavo che il tutto potesse essere meno complicato. Ricordo l’entusiasmo di poter toccare con mano il fatto di essere arrivati in Formula 1: fino ad allora avevamo soltanto parlato, lavorato e provato per conto nostro, ma poi ritrovarmi nella riunione pre-gara insieme agli altri Team Principal, gente che conoscevo solo tramite i giornali, mi fece capire che non stavo vivendo un sogno, bensì era tutto vero. Da quel momento in poi ho pensato solo a costruire il futuro passo dopo passo, quasi vivendo alla giornata, senza necessariamente pensare a dove sarei potuto arrivare”.
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