La Formula1 è da sempre un mondo frenetico in continuo cambiamento. Poche sono le figure di riferimento, quei cosiddetti capisaldi con i cui volti negli anni impariamo a familiarizzare. Ron Dennis era uno di questi. 35 anni al servizio di 'Sua Maestà', perchè McLaren nell'ambiente non può che essere definita così. Il team britannico più vincente della storia, dall'alto dei suoi 20 titoli mondiali, deve molto a Dennis. La sua storia si può considerare la parabola del self made man. Un meccanico che abbandonò gli studi all'età di 16 anni, il quale con dedizione ed impegno riesce a diventare uno dei team manager più vincenti nella storia della Formula 1.

Quando, nel 1981 Mr. Dennis approdò nel mondo McLaren, fondendolo alla sua vecchia squadra, il team di Woking poteva "vantare" una bacheca ancora piuttosto scarna di grandi trofei. Due "soli" titoli piloti portati in dote da Fittipaldi e dal mitico James "The Shunt" Hunt, ed un solo trofeo costruttori conquistato nel 1974. Da lì in poi la storia però avrebbe preso una strada completamente diversa. Dennis prese per mano la scuderia di Sua Maestà e la portò a vincere tutto: 7 titoli mondiali costruttori e 10 titoli piloti. All'ex capo-meccanico della scuderia Brabham si devono gli ingaggi dei piloti che hanno scritto la storia non solo della McLaren ma anche della Formula 1 in generale. Sotto la gestione Dennis arrivarono in ordine: Niko Lauda, Alain Prost, Ayrton Senna, Mika Hakkinen, Lewis Hamilton, quest'ultimo coltivato e coccolato fin dalla più tenera età.

A volte il carattere di Dennis portò ad attriti interni nel team, come ad esempio furono le situazioni di Senna e Alonso, visto che entrambi decisero di lasciare Woking per incongruenze di pensiero con il grande capo. Non si può comunque negare l'importanza che Mr. D ha avuto in questi 35 anni, dove ha prima ricoperto il ruolo di team manager, evolutosi poi in quello di presidente ed amministratore delegato.

L'ultimo periodo è stato il più burrascoso della carriera di Ron Dennis. I nuovi gestori della scuderia, ormai anglo-nipponica per l'ingresso del motorista Honda, avevano palesato le loro intenzioni di congedare l'amministratore delegato con un periodo di preavviso, per poi non rinnovargli il contratto. Estremamente contrariato da questa decisione, Dennis ha deciso di portare la faccenda in tribunale, sporgendo causa presso l'Alta Corte del Regno Unito.

Tutta questa faccenda ha visto la sua conclusione in settimana, quando il chairman di McLaren ha deciso di presentare le proprie dimissioni al C.d.A. Si conclude nella maniera meno onorevole e gloriosa la storia di uno dei più grandi team manager della storia che, prima di sgombrare la sua scrivania e lasciar libera la sua fida poltroncina al muretto box, non si è negato la soddisfazione di togliersi qualche sassolino dalla scarpa.

"Sono molto dispiaciuto che i rappresentanti di TAG e Mumtalakat, assieme agli altri azionisti di McLaren, abbiano deciso di mettermi alla porta nonostante gli avvertimenti che il resto della gestione della squadra aveva loro posto riguardo alle conseguenze economiche che questa cosa porterà" ha dichiarato Dennis nel comunicato ufficiale con il quale ha commentato la propria scelta di presentare le dimissioni. "Le motivazioni che hanno dato sono assolutamente false, il mio stile di gestione dell'azienda è sempre stato uguale, ovvero quello che ha consentito a McLaren, come gruppo automobilistico e tecnologico, di vincere 20 Mondiali di Formula 1 e fatturare 850 milioni di sterline all'anno. In questo periodo di tempo ho sempre lavorato assieme a colleghi e persone di talento che hanno consentito a McLaren di restare all'avanguardia in termini di tecnologia. A loro sarò sempre grato".

Rimane ora l'incognita su chi prenderà il posto di Ron Dennis al muretto della McLaren. Il candidato principale è Jost Capito, ex-team manager di Volkswagen nel mondiale rally. Quest'ultimo da poco si è unito alle fila del team McLaren, ed è da sempre stato in ottimi rapporti con Dennis. Il dubbio che senza quest'ultimo anche Capito possa decidere di lasciare la causa per la mancanza della figura di riferimento che lo ha portato a Woking sorge ora spontaneo.

Alessandro Gazzoni

 

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