DieselGate: FCA prima crolla e poi vola in Borsa dopo innocenza professata da Marchionne
FCA è accusata di aver utilizzato un software per il controllo delle emissioni su un numero limitati di veicoli. Le autorità a stelle e strisce hanno messo nel mirino Jeep Grand Cherokee e Dodge Ram con motori 3.000 cc diesel, per un totale di circa 104.000 vetture. L'EPA ha avvertito il costruttore di qualcosa di "strano" durante i controlli lo scorso mercoledì: ieri però è arrivato il comunicato ufficiale, secondo il quale la mancata comunicazione dell'esistenza di un "software che influenza le emissioni è una seria violazione della legge, che può tradursi in un pericoloso inquinamento dell'aria che respiriamo". La nota prosegue avvertendo FCA, ma anche tutti gli altri costruttori: "Continuiamo a indagare la natura e l'impatto di questi software. Tutte le case automobilistiche devono giocare con le stesse regole".
La nota ufficiale dell'EPA ha sorpreso FCA e Marchionne è corso subito a difendere il gruppo, sostenendo che non esiste nessun software simile a quello escogitato da Volkswagen: "Per quanto conosco questa società, posso dire che nessuno è così stupido". Alla fine del suo intervento l'AD ha voluto rassicurare i mercati: "Sopravviveremo anche se saremo multati sino a 4,6 miliardi di dollari". La sanzione, infatti, ammonterebbe fino ad un massimo di 44.539 dollari a veicolo, una cifra non di poco conto. FCA è comunque pronta a collaborare con l'EPA e soprattutto con la nuova amministrazione Trump per una risoluzione quanto più indolore possibile della faccenda.
Dopo il tonfo di ieri in Borsa sono tanti gli analisti che esortano dal considerare il caso FCA diversamente da quello Volkswagen. Il rischio di un effetto negativo sull'economia reale è quanto mai dietro l'angolo e nessuno vuole assumersi la responsabilità di affossare il gruppo italo-americano, magari senza prove certe.
Fabrizio Crescenzi