F1 | La parabola di Vettel: da wonder-boy a green ambassador
La mattina ha l'oro in bocca e la notizia del ritiro di Sebastian Vettel dal mondo della F1 è arrivata ieri all'ora della pausa caffè, in un parallelo più o meno inquietante con quanto successo nel 2020 quando, subito dopo colazione, venne comunicata la chiusura del rapporto con la Ferrari.
Retrospettiva facile
Ma iniziamo da un dettaglio apparentemente insignificante. Uno degli ultimi post "acchiappa-clic" visti su Instagram dava Sebastian Vettel come possibile pilota McLaren nel 2023 al posto di Daniel Ricciardo.
Bell'idea, ma facciamo i seri. Che il tedesco fosse ormai un corpo estraneo in F1 l'avevamo capito da un pezzo. Facile parlare in retrospettiva una volta che la notizia del ritiro ha fatto il giro del mondo e tutti hanno avuto modo di dire la propria opinione, ma qualche timida domanda sul futuro del tedesco avremmo dovuto già farcela una volta che i social media avevano promosso la figura di Seb intento a pulire le gradinate a Silverstone, nel 2021.
In ogni caso, le statistiche parlano chiaro: con il ritiro di Vettel esce dalla F1 uno dei piloti più vincenti di tutti i tempi. Terzo nel numero di mondiali vinti (4), terzo nel numero di vittorie totali (53), pilota più giovane a vincere un mondiale, recordman per numero di GP vinti consecutivamente, nuovamente recordman per pole-position e vittorie raccolte in una singola stagione.
Detto questo, rimane un mistero dalle meccaniche imperscrutabili capire come il Sebastian Vettel wonder-boy, che firmava con il gesto del dito indice le vittorie raccolte a grappoli nell'era Red Bull, abbia lasciato spazio al pilota oggetto di (a volte sgradevoli...) meme negli ultimi anni in Ferrari, nonché protagonista di campagne di endorsement su svariati temi sociali.
Il vivaio Red Bull
La parabola agonistica di Sebastian Vettel sottolinea in maniera piuttosto marcata come, nel momento in cui viene a mancare il supporto della scuderia, le sole qualità di guida non bastino. L'anno finale in Red Bull (2014) fornisce una dimensione tangibile di questo discorso, con il tedesco surclassato da Daniel Ricciardo, indicato ai tempi come nuovo "prodotto" meraviglioso dei junior team Red Bull. Sappiamo come è andata e come va per l'australiano, una volta uscito anch'egli dal giro di Milton Keynes.
Vettel ha rappresentato il primo pilota di una certa caratura prodotto dal vivaio Red Bull. Non solo: Sebastian ha avuto la capacità di uscire fuori dal giro senza risentirne in maniera evidente, come successo per altri piloti passati attraverso le maglie del brand di bevande energetiche austriaco. Unico appunto: Seb ha sempre portato dietro una certa impostazione aggressiva di guida comune ai piloti passati in casa Red Bull. Spesso, anche negli anni migliori, questa impostazione lo ha visto protagonista di situazioni inspiegabili.
Innegabilmente, la Ferrari ha cambiato Seb. Forse il fatto di non riuscire a centrare il titolo mondiale e, soprattutto, il non aver fermato subito l'illusione che sarebbe andata a finire come con Michael Schumacher ai tempi che furono, ha contribuito ad erodere qualcosa nel tedesco. Al pari di una Ferrari incapace, nei momenti più difficili, di fare quadrato attorno al proprio campione.
Il ritiro
La passerella incolore all'Aston Martin ha costituito il preludio di un addio ad un mondo che probabilmente Vettel non sente più suo da tempo. Alla F1 ed agli appassionati già manca quel Sebastian Vettel pilota di valore, in grado di fare la differenza. Al Circus sicuramente mancherà un personaggio trasparente, non banale e profondo conoscitore dello sport. Senza dimenticare che, con il ritiro di Sebastian, il tempo fa sentire il proprio peso, mandando lentamente in pensione i piloti più determinanti della generazione del dopo-Schumacher. Cantava Francesco Guccini: "Nemmeno il dubbio resta nei pensieri tuoi / e il tempo passa e fermalo, se puoi".
Luca Colombo