Quella di Nelson Piquet è la storia di un campione "politicamente scorretto". Finito più volte nel mirino della critica per le sue prese di posizione talvolta poco ortodosse, il tre-volte iridato è stato negli anni capace di dividere il pubblico della Formula 1, ritagliandosi un posto nella storia grazie alle sue indubbie doti velocistiche, così come per l'innata attitudine a non fare sconti a nessuno. In pista...ma anche fuori.

UN'ASCESA DIROMPENTE

Nato a Rio de Janeiro il 17 agosto 1952, Piquet ha raccolto nell'immaginario collettivo dei fans brasiliani il pesante fardello lasciato da Emerson Fittipaldi. Un passaggio di consegne simbolico avvenuto alla fine degli anni Settanta, quando quest'ultimo (dopo i titoli conquistati nelle stagioni 1972 e 1974 con Lotus e McLaren) si avviava verso la fase finale della propria carriera anche nelle vesti di Costruttore, mentre l'arrembante carioca debuttava a bordo della Ensign nel finale della stagione 1978.

L'ascesa di Piquet si è rivelata rapida e prepotente, tanto da consentirgli di lottare per il titolo già alla sua seconda stagione completa in Formula 1. Divenuto pilota di punta della Brabham dopo il ritiro di Niki Lauda, Piquet diede vita per tutta la stagione 1980 ad un entusiasmante duello con la Williams di Alan Jones, risoltosi poi in favore dell'australiano nel convulso finale di stagione a Montreal. L'appuntamento con la gloria fu però soltanto rimandato di un anno, visto che nel 1981 il brasiliano riuscì ad imporsi grazie ad una strepitosa rimonta nella seconda parte di stagione, resa possibile anche dal clima incandescente in casa Williams derivante dalla lotta interna tra Jones e Reutemann.

I TITOLI CON BRABHAM E WILLIAMS

Dopo un 1982 di transizione, Piquet riuscì a ripetere l'impresa l'anno seguente, diventando il primo pilota a conquistare il Mondiale al volante di una vettura turbo. Nelle due annate successive la Brabham pagò alcuni problemi di affidabilità che gli impedirono di puntare al tris, consentendogli comunque di collezionare altre tre vittorie e di preparare il terreno per la sfida successiva. Nel frattempo, la dirompente ascesa di Ayrton Senna iniziò a spostare su quest'ultimo l'attenzione della stampa brasiliana, dando vita ad una rivalità che nel corso degli anni sarebbe divenuta sempre più accesa.

Dal 1986 Piquet si accasò quindi alla Williams, spinta dai formidabili propulsori Honda e grande favorita per il Mondiale. Con il nuovo compagno Nigel Mansell non mancarono colpi "proibiti" nel corso della stagione, al punto che ad approfittarne fu la McLaren di Alain Prost, capace nell'incredibile finale di Adelaide di beffare i due galli nel pollaio. L'appuntamento con il titolo fu però soltanto rimandato al 1987, con Piquet che riuscì ad imporsi sul compagno Mansell al termine di una stagione in cui fu pesantemente condizionato dall'incidente occorsogli nelle prove di Imola, quando finì per impattare ad altissima velocità contro le barriere del Tamburello. Un episodio che gli avrebbe lasciato strascichi anche a livello psicologico, al punto da causargli perfino una forma d'insonnia.

Nelson Piquet in azione con la Williams nel 1986. Copyright: sconosciuto

LA FASE DISCENDENTE E IL BOTTO A INDY

Dopo il terzo alloro, iniziò per Piquet la fase discendente della sua carriera, complice la decisione di unirsi al team Lotus proprio al posto del connazionale Senna. Una scelta che lo avrebbe portato, nel Gran Premio del Belgio 1989, addirittura a vivere l'umiliazione della mancata qualifica alla gara. Da qui il passaggio in Benetton per le stagioni 1990 e 1991, con il carioca che riuscì a togliersi un'ultima soddisfazione trionfando in Canada, prima di annunciare il proprio ritiro dalla Formula 1.

Sbarcato in America per una nuova avventura nel campionato Indy, Piquet ebbe a Indianapolis nel 1992 l'incidente più grave della sua carriera, rimediando numerose fratture alle gambe e venendo costretto ad una lunga riabilitazione. Da quel momento in poi le sue presenze in pista si sono fatte sempre più sporadiche, con il brasiliano che si è principalmente dedicato alla sua attività di imprenditore in patria ed a seguire la carriera dei figli Nelsinho e Pedro.

FUORI DALLA PISTA

Tra i tratti distintivi di Nelson Piquet va sicuramente annoverata la grafica del suo casco, rimasta inalterata nel corso degli anni e caratterizzata dal tipico andamento a "goccia". Da evidenziare, inoltre, come il brasiliano abbia utilizzato sin dai primi anni di attività agonistica il cognome della madre anziché quello del padre (Souto Maior), quest'ultimo ex-ministro con il quale ebbe un rapporto piuttosto burrascoso. Uno degli episodi più "celebri" in Formula 1 lo vide inoltre protagonista a Hockenheim nel 1982 quando, eliminato dalla gara in seguito ad un contatto con il doppiato Salazar, scese dalla vettura e tempestò il cileno di colpi in mondovisione. Ben nota anche la fama di playboy del pilota brasiliano, il quale ha ufficialmente avuto sette figli con quattro mogli differenti.

Nel paddock, inoltre, sono passati alla storia anche gli sketch con i cronisti, in particolar modo con Ezio Zermiani, al quale rispondeva spesso con battute provocatorie durante le dirette. Proprio un rapporto molto diretto con alcuni di loro finì per giocargli brutti scherzi, viste le polemiche sorte in merito alle sue esternazioni nei confronti della presunta omosessualità di Ayrton Senna e delle critiche nei confronti di Enzo Ferrari. In epoca più recente, Nelson Piquet è tornato agli "onori" delle cronache per alcune dichiarazioni razziste e omofobe nei confronti di Lewis Hamilton che hanno rapidamente fatto il giro del web.

Il settantesimo compleanno di Nelson Piquet rappresenta l'occasione per celebrare le sue imprese in pista, in un'epoca caratterizzata dal confronto tra motori aspirati e turbo, così come dalla presenza di numerosi assi del volante capaci di scrivere una delle epoche d'oro della Formula 1. Ma anche per tracciare il profilo di un personaggio istrionico e sfrontato, capace di dividere e finire spesso nell'occhio del ciclone.

Marco Privitera