Autosprint e l'editoriale sugli "esperti" del web
Ho dovuto, mio malgrado, attendere fino ad oggi per poter leggere l'editoriale del direttore di Autosprint, Alberto Sabbatini. Per il sottoscritto, il quale ha iniziato sin da bambino a sfogliare le pagine della rivista, l'apertura dei vari direttori (da Cavicchi a Boccafogli, solo per citarne alcuni) continua a rappresentare una piacevole abitudine, utile per scoprire un punto di vista sempre autorevole sulle vicende del nostro sport preferito. Ma per chi ha ricevuto come gradito regalo di compleanno (ebbene sì...) dai propri amici l'abbonamento alla rivista, talvolta (non sempre, per fortuna) tocca fare i conti con la tempistica delle Poste Italiane. La quale, almeno stavolta, mi ha un pò tolto il gusto della sorpresa, perchè mai come in questa occasione l'editoriale del direttore di Autosprint è riuscito a far parlare di sè. Il motivo? Una presa di posizione contro i cosiddetti "esperti" del web, ovvero i tifosi che secondo Sabbatini utilizzano la rete a sproposito improvvisandosi depositari della verità assoluta, indicando capri espiatori ad hoc ed elaborando fantasiose teorie complottiste. Già, il web: proprio il mezzo attraverso il quale tale notizia è balzata ai miei occhi ancor prima che potessi leggerla su carta stampata, incurante di poste e abbonamenti vari. Un elemento che, già di per sè, rappresenta un dato sul quale occorre riflettere: perchè la rete arriva ovunque, in tempo reale, non conosce limiti, rappresentando la vera rivoluzione dei nostri tempi, un cambiamento di una portata ancora inimmaginabile. Ma, in tutto ciò, Internet nasconde anche aspetti meno piacevoli e positivi: la possibilità che chiunque, magari nascondendosi dietro un nickname, possa seminare notizie infondate, alimentandole ad arte magari solo per aumentare la propria notorietà o i propri "mi piace" sulla pagina Facebook, talvolta screditando i professionisti del settore e mettendo in difficoltà il lettore che si trova magari spiazzato di fronte a notizie e versioni contraddittorie. Ora, chi vi scrive queste righe ha deciso anch'egli di cimentarsi in un mondo, quello dell'informazione sul web, nel quale è facile cadere in tentazione, magari alimentando ad arte una voce di corridoio nel tentativo di godere di maggiore attenzione e visibilità. Per quanto riguarda LiveF1.it, questo prodotto segue una propria linea, per così dire, "editoriale" che mira a fornire informazioni il più possibile in tempo reale ma soprattutto attendibili e fondate. Personalmente non amo l'informazione scandalistica e "strillata", così come detesto i tentativi di sciacallaggio che talvolta vengono utilizzati da chi dovrebbe invece pensare a raccontare semplicemente dei fatti. Sono dell'idea che sia un diritto/dovere quello di poter esprimere opinioni, anche scomode, purchè siano rispettose del lavoro altrui e non vadano a ledere la sensibilità e gli interessi personali delle persone coinvolte: un confine molto labile, spesso completamente ignorato da un certo tipo di "giornalismo". Devo dire che non è la prima volta che Sabbatini si "scaglia" nei propri editoriali contro chi esprime opinioni in un certo modo su Internet, anche se devo ammettere che, scorrendo tra le righe il punto di vista del direttore di Autosprint, esso mi è sembrato meno "duro" rispetto a quanto l'ondata di discussioni emerse in rete mi avesse fatto pensare. Si tratta di uno spunto di discussione valido e interessante, soprattutto espresso in maniera garbata e ricca di argomentazioni. Il fatto è che risulta semplicemente utopistico poter "impedire" a certi tipi di tifosi (o presunti tali) di commentare dal proprio divano di casa un sorpasso, una dichiarazione o, come avvenuto domenica nel caso di Webber, una strategia elaborata ai box. Perchè, ribadisco, è anche proprio questo il bello ed il brutto della rete: tutti possono esprimere la propria idea, pur strampalata che sia, ma spetta poi solo al lettore interpretare la situazione, farsi una propria idea e seguire l'interlocutore a suo giudizio più affidabile. Anche perchè (e questa è una cosa davvero buffa ma al tempo stesso stimolante) persino sulle stesse riviste specializzate si possono leggere ed apprezzare visioni totalmente opposte. Sul caso specifico dei tre pit-stop di Webber, che qualcuno ha visto come un ennesimo sgarbo appositamente elaborato dal muretto Red Bull per favorire Vettel, basterebbe leggere altre importanti voci del settore (ad esempio, il magazine di Italiaracing) per vedere come l'ipotesi del "complotto" interno venga invece tutt'altro che esclusa, al contrario di quanto sostenuto nell'analisi di Sabbatini con tabelle dei tempi alla mano. Risulta assolutamente censurabile, in ogni caso, la deriva talvolta aggressiva e volgare di alcuni "tifosi" che con la Formula 1 hanno poco a che vedere, i quali iniziano a sbraitare sul web le proprie teorie strampalate: gli stessi che, probabilmente, mostravano il dito medio a Vettel dalle tribune pensando di trovarsi in uno stadio di calcio. Gli stessi che, probabilmente, ricoprivano di "booh" anche Hamilton da sotto il podio dopo la vittoria dello scorso anno a Monza: io ero presente e devo ammettere di essermi vergognato per colpa loro. La Formula 1 è sempre stata un'altra cosa: personalmente ho sempre apprezzato tutti i piloti alla stessa maniera, certo con le mie simpatie ed antipatie, ma mostrando rispetto assoluto per chi svolge una professione così rischiosa ed "inarrivabile" per noi comuni mortali. Figuriamoci da quando ho scelto di intraprendere l'attività di blogger, ovvero di chi racconta sensazioni, emozioni, idee ed opinioni di questo sport: cercando di farlo in maniera obiettiva ed imparziale, senza alimentare toni da rivista scandalistica o, peggio, in grado di far esacerbare un clima avvelenato e di sospetti. Ma, ahimè, proprio qui ha commesso un bell'autogol, caro direttore: perchè leggendo sondaggi del tipo "Secondo voi, la Red Bull è irregolare?" sul sito della rivista da lei diretta, sembra proprio voler utilizzare il medesimo verbo di coloro che lei osteggia duramente nel suo editoriale, contribuendo a dare loro occasione di manifestare quella cultura del sospetto che andrebbe invece isolata. In conclusione, sento la necessità di dover quindi rivolgere tre appelli. Il primo alle Poste Italiane, affinchè non vengano a recapitarmi Autosprint quando ormai le notizie sono passate d'attualità (Milano non è poi così lontana da Bologna...); il secondo, al direttore di Autosprint, invitandolo ad ignorare i fanfaroni dell'ultim'ora e a dedicare maggiore attenzione ai tanti appassionati che sul web in maniera competente alimentano un sano dibattito sul mondo dei Gran Premi; il terzo, infine, a quei "tifosi" che, in nome di chissà quale principio o regola di educazione, continuano a coltivare una cultura che vede nel gettare fango contro l'avversario la propria principale fonte di soddisfazione. Per quest'ultimi, il consiglio è quello di cercarsi altre valvole di sfogo: la Formula 1, come l'intero mondo dello sport, non ha bisogno di loro.
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