Alex Palou, vincitore anche al Thermal Club
Credits: IndyCar Official website

Due successi su due gare: un inizio di stagione IndyCar veramente niente male per Alex Palou. Lo spagnolo di Ganassi ha iniziato nel migliore dei modi una stagione che in ogni caso si preannuncia ricca di spettacolo, ma che per ora ha un solo padrone. La McLaren torna dalla California (o per meglio dire si sposta verso Los Angeles) beffata, ma con qualche sicurezza in più rispetto alla prima uscita stagionale. 

La scelta che ha fatto la differenza

Come già accaduto a St. Pete, la vittoria di Palou non è stata di quelle schiaccianti, con un dominio dal primo all’ultimo giro. Scattato dalla terza piazzola con gomme soft usate, lo spagnolo non ha attaccato le due McLaren davanti, anche perché il ritmo iniziale imposto da Palou era imprendibile per tutti. Attenzione, però, perché è stata proprio la scelta di non partire con le gomme option nuove, al contrario di quanto effettuato dal messicano, a fare la differenza. Come Palou, anche Lundgaard in seconda posizione ha conservato le proprie gomme “fresche”, salvo poi montarle nel corso del primo pit. 

Alex e il suo stratega Barry Wanser, invece, hanno optato per una condotta di gara molto più conservativa nella prima metà, preservando le Firestone bordate di rosso nuove fiammanti per l’ultimo stint. Scelta più che mai azzeccata, esattamente come era avvenuto a St. Pete, dal momento che, davanti, sia O’Ward che Lundgaard si trovavano a dover utilizzare dure usate, avendo già sfruttato tutti i set di gomme nuove morbide a disposizione. La poca distanza a separare i tre dopo l’ultima sosta ha poi fatto il resto, con il ritmo di Palou assolutamente insostenibile per gli altri due, facili prede della gialla #10. 

Credits: IndyCar Official website
Alex Palou ai box

Caldo e ibrido: la questione dei “blockers”

A farla da padrone nel fine settimana vissuto dalla IndyCar nella Coachella Valley è stato il gran caldo, che ha toccato anche i 30°. Un problema non da poco, soprattutto per i sistemi ibridi delle vetture. Non sono però stati solo i team a farne le spese; pare infatti che il blackout che ha mandato in tilt il segnale di Fox Sports durante la gara sia dovuto proprio ad un surriscaldamento a causa delle temperature molto elevate. 

Tornando all’aspetto più racing, diversi team hanno dovuto affrontare i problemi derivanti dal surriscaldamento delle unità elettriche, in particolare della componente ERS. Per ovviare a questa situazione, sia Honda che Chevrolet forniscono indicazioni diverse alle squadre, ma il sistema più utilizzato è quello dei “blockers”, cioè componenti che vengono poste alle spalle dei radiatori, nelle pance, per cercare di regolare in maniera ottimale il flusso di aria deputato a raffreddare la componente elettrica. Questi vengono sempre utilizzati, anche in situazioni non così estreme; sostanzialmente, quello che cambia è il loro numero

Non dobbiamo però dimenticare che stiamo parlando di vetture da corsa, e monoposto in particolare; ogni componente, oltre a svolgere un ruolo predefinito, ha delle conseguenze dal punto di vista aerodinamico. Ecco dunque che, al Thermal Club, si è dovuto trovare un equilibrio tra raffreddamento dell’unità ibrida e drag, cioè resistenza all’avanzamento sul lungo rettilineo, dovuto ad uso massivo dei blockers. McLaren, ad esempio, ne aveva di più rispetto ai Ganassi, e questo può aver fatto la differenza nel finale, con le vetture scariche. È stata la prima volta che team e piloti IndyCar si sono trovati a dover fare i conti con questa situazione in modo importante, e sicuramente ne hanno ricavato dati significativi.

Pato furioso con i team Chevy, modifiche al layout del Thermal per il 2026?

È frustrante essere il leader della gara e vedere che nessuno dei team affiliati Chevrolet cerca di darti una mano. Gli Honda sembrano fare molto più lavoro di squadra. Foster ne è stato un esempio: mi ha reso la vita difficile, mentre quando gli è arrivato alle spalle Palou lo ha lasciato subito passare. Chiaro, Alex mi avrebbe ripreso lo stesso, ma in ogni caso non è certo una bella situazione.

Parole di Pato O’Ward nella conferenza stampa del dopo gara. Il messicano si è lamentato di non aver ricevuto nessun aiuto dai doppiati appartenenti a team motorizzati Chevrolet. Difficile capire quanto lo pensi davvero e quanto si sia trattato di uno sfogo da vittoria persa; certo, l’esempio portato è calzante, ma è anche da dire che negli ultimi giri Palou si è trovato davanti Siegel con la terza vettura papaya. Questo però non ha in nessun modo aiutato il ritorno di O’Ward, troppo lento per riprendere Alex anche nel caso questi fosse rimasto “intruppato” tra i doppiati. 

Da valutare, poi, la situazione del tracciato del Thermal Club in ottica futura. Si sta trattando per il mantenimento dell’evento anche nel 2026, anche se il layout attuale, utilizzato domenica, convince poco. In primo luogo, garantisce poco spettacolo, con un solo punto reale in cui poter tentare sorpassi significativi. Inoltre, esistono pochi spazi in cui inserire le tribune per i tifosi, i cui posti sono limitati a 5000. Ricordiamo infatti che il Thermal Club nasce come venue esclusiva in un vero e proprio club per clienti facoltosi, in una delle zone più ricche della California, e non come circuito in grado di ospitare eventi di questo calibro. Probabile che arrivi la conferma, ma con modifiche sostanziali al layout. 

Credits: IndyCar Official website
La partenza del Thermal Club GP

Tanti gli spunti di interesse, dunque, dalla prima delle due gare consecutive in California. Ora breve pausa, prima dell’appuntamento con Long Beach il 13 di aprile. 

Nicola Saglia