F1 | Dal sacrificio di Jules Bianchi alle nuove norme di sicurezza
Una vita, una giovane vita, spezzata (e con essa tanti progetti spazzati via da un destino beffardo) da un incidente che non avrebbe dovuto in alcun modo verificarsi quel maledetto 5 ottobre 2014, di cui oggi ricorrono esattamente tre anni. Dopo il terribile impatto contro quel trattore (avvenuto, secondo le ricostruzioni, addirittura a 254G) nella via di fuga posta a curva 7, il povero Jules lottò duramente tra la vita e la morte per nove interminabili mesi, prima che quest’ultima purtroppo ebbe vinta l’ultima parola, portandoselo via il 17 luglio 2015 all’età di 25 anni in seguito alla gravissime lesioni celebrali provocate da quell’assurdo schianto.
Ventuno anni dopo la morte di uno dei piloti più forte di ogni epoca, Ayrton Senna, la Formula Uno si è ritrova a commemorare e a piangere un altro dei propri figli. Dalla sciagurata fine del giovane Jules, la Federazione ha pensato ad alcune accortezze da prendere in pista in determinate condizioni. Come quella concernente la situazione delle partenze in caso di pioggia, con lo start che per le monoposto avviene da fermo e non in “corsa”, dopo il rientro della Safety Car in pit-lane, come avvenuto fino al recente passato. Postuma alla morte di Bianchi è anche l’introduzione della Virtual Safety Car, per rallentare le velocità di percorrenza in alcuni tratti del tracciato senza l'obbligo dell’entrata fisica della vettura di sicurezza in pista. Una soluzione però, quest’ultima, da cui sono scaturite parecchie polemiche in quanto non utilizzata con lo stesso metro di giudizio da parte di tutti i piloti.
Per quel che invece riguarda la struttura delle monoposto, la Federazione e la GPDA, capinata da Alexander Wurz, si sono interrogati (ma perché si corre sempre ai ripari dopo e mai prima?) su come potenziare gli standard di sicurezza per evitare danni fisici estremamente gravi per i piloti in caso di incidenti. Si è deciso dunque di “rinforzare” quella parte del corpo più esposta a rischi: la testa.
Dopo vari studi, a cui si sono aggiunti crash test laterali più severi, si è deciso di realizzare l’Halo, il dispositivo di ritenuta per proteggere appunto la testa dei piloti in caso di urti e/o incidenti. Dopo aver fatto il suo debutto ufficioso nei test invernali del 2016 sulle Ferrari di Raikkonen e di Vettel, l’Halo – visto in questi anni anche sulle varie monoposto in alcune sessione di prove libere – diventerà parte integrante delle vetture di Formula Uno a partire dalla prossima stagione.
Da due anni a questa parte il progetto riguardante l’Halo – preferito ad altri strumenti concorrenti come il Canopy/Aeroscreen e lo Shield – è stato rivisto, corretto e migliorato anche se dal punto di vista logistico ed estetico non entusiasma ancora la maggior parte dei team, dei piloti e degli appassionati. Ma quando c’è in ballo la sicurezza, e di concerto vite umane, l’estetica può anche attendere.
Molto probabilmente neanche l’Halo avrebbe salvato la vita del povero Jules, ma è sempre meglio sperimentare, e portare sul campo, idee nuove che restare inermi e privi di inventive dinanzi alle tragedie.
Piero Ladisa