E' vero, le polemiche esplose all'indomani della gara di casa avevano messo ulteriormente sotto pressione Kvyat, già "provato" proprio dalle voci (a questo punto, fatte circolare ad arte?) che lo volevano già in bilico in vista della stagione 2017. Ma la decisione presa a nemmeno quattro giorni dal "fattaccio" di Sochi, più che una mossa atta a tutelare la serenità psicologica del russo, appare piuttosto come una strategia volta ad imprimere una svolta di quanto già da tempo deciso nella stanza dei bottoni di Milton Keynes, camuffando il tutto sotto forma di "punizione" per quanto accaduto. Un po' come a scuola: un paragone che, in fin dei conti, non si discosta troppo dalla realtà, vista l'eta media dei piloti "orchestrati" da Marko. Il quale, ancora una volta, mette in atto una strategia assai discutibile, rischiando di "bruciare" la carriera di un pilota che, a soli 22 anni, si è trovato il mondo addosso senza nemmeno il conforto del proprio team. Il quale lo ha scaricato senza troppi complimenti, nonostante una prima stagione indubbiamente positiva e, soprattutto, dopo il primo errore grave commesso in carriera. Per il pilota di Ufa non sarà di certo facile "reggere" psicologicamente a questo punto, consapevole soprattutto dello scarso supporto di cui gode all'interno del gruppo Red Bull, al punto che (soprattutto in virtù degli altri giovani emergenti presenti nel vivaio) farebbe bene ad iniziare a guardarsi attorno in ottica mercato 2017.

Ma per capire ciò che accaduto è necessario andare oltre le apparenze, analizzando la politica di un team e di un personaggio (Marko) che ufficialmente ricopre il semplice ruolo di consulente ma che, nei fatti, dimostra di godere di un potere quasi senza confini. Al punto tale da imporre la propria volontà su quella di un Christian Horner (team principal della scuderia) apparso tutt'altro che propenso ad accettare di buon grado una simile decisione. Del resto, i precedenti parlano chiaro: basterebbe guardare i casi di Jaime Alguersuari, Sebastien Buemi e Jean-Eric Vergne per farsi un'idea. Giovani piloti, più o meno ricchi di talento, sedotti e poi improvvisamente abbandonati, perlopiù con una carriera tutta da ricostruire. Tra chi ci sta faticosamente riuscendo e chi (come lo spagnolo) ha invece deciso di gettare definitivamente la spugna. Senza dimenticare il caso del nostro Luca Ghiotto, dapprima convocato a Milton Keynes per dei test al simulatore e successivamente accantonato senza troppi complimenti. Forse Kvyat non era abbastanza "uomo-immagine" per il team più in vista del gruppo, forse sono stati motivi di marketing a scegliere di puntare forte sul pilota più giovane del Circus, il più chiacchierato e, sicuramente, il più desiderato.

Perchè la mossa di bruciare le tappe e di promuovere subito Verstappen contribuisce anche a togliere definitivamente dal mercato il giovane figlio d'arte, già pronto insieme a papà Jos a valutare le "sirene" degli altri top team. Una scelta che ricorda molto quanto accadde nell'estate del 2014, ai tempi dell'ingaggio di Vertappen da parte del Junior Red Bull Team: con l'olandese già pronto per firmare un contratto con Mercedes che gli avrebbe consentito una crescita graduale prima del debutto in Formula 1, e con un blitz di Marko che invece soffiò alla concorrenza l'allora pilota del FIA F3, mettendo sul piatto un contratto da titolare in Toro Rosso per la stagione successiva. Da quel momento in poi, la storia è nota: perchè quello tra Verstappen e la Red Bull è un matrimonio che si "doveva" fare. Meglio subito, quindi, senza dover attendere ulteriormente e magari correre il rischio di vedersi soffiare quello che, da molti, viene definito come il futuro della categoria. Adesso toccherà a lui dimostrare di valere la scelta fatta, dovendosi confrontare con un compagno "scomodo" come Ricciardo che, di certo, non vorrà farsi mettere i piedi in testa dall'ultimo arrivato. Anche perchè il mercato 2017 potrebbe davvero riservare altre grosse sorprese...

Marco Privitera

 

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