F1 | Preview GP USA: Ferrari nell'ombra di Hamilton
Di tutte le gare di fine stagione, è senza dubbio ad Austin che Lewis Hamilton preferirebbe vincere il suo quinto titolo. Per lui, il pilota più rockstar e patinato, non ci sarebbe palcoscenico migliore. Non solo dal punto di vista glamour e social ma anche sportivo; dopo aver vinto 5 delle 6 edizioni del Gran Premio degli Stati Uniti disputate in Texas si può legittimamente affermare che qui si senta sicuramente a casa. Solo Marquez, su due ruote, è riuscito a fare meglio al Circuit of the Americas: sei su sei; marziani che si inseguono a colpi di record. Il tracciato texano si adatta perfettamente a quelle che sono le esigenze di spettacolo della nuova F1 (è stato appositamente disegnato da Tilke, l'architetto dei circuiti) e storicamente ha sempre regalato gare spettacolari, divertenti e combattute.
Un doppio weekend spinoso per la Ferrari tra Stati Uniti e Messico, che pur avendo ormai abbandonato le velleità iridate deve dare degna chiusura ad una stagione eccellente per due terzi ma fallimentare nel finale. Le voci di instabilità interna al team si susseguono senza sosta, e delineano uno scenario desolante con Sebastian Vettel di fatto lasciato solo e senza più la legittimità e l'intoccabilità dei primi tempi. Si parla di una certa freddezza tra lo stesso pilota e Maurizio Arrivabene, così come di rapporti tesi tra il team principal e il direttore tecnico Binotto, notizia trapelata ormai da qualche settimana, ripresa da varie testate e confermata da varie fonti.
Lasciando che sia la pista a parlare, da quello che è emerso nel corso della stagione abbiamo assistito in egual misura ad errori di strategia al muretto così come di guida da parte di Vettel, anche a sviluppi sbagliati nell'ultima fase del campionato. Area tecnica e decisionale come sempre a braccetto; elementi che singolarmente possono spiegare le sconfitte nei singoli Gran Premi e che nel complesso evidenziano una inferiorità ancora sensibile e preoccupante nei confronti di una Mercedes invece cinica e concreta soprattutto nel momento in cui non c'è spazio per l'errore. Dividere le colpe in maniera più o meno equa tra i tre attori indicati indica peraltro la necessità di lavorare a vari livelli per correggere errori e criticità che non hanno reso vincente una monoposto che per vincere aveva tutto: potenza, velocità, trazione, gestione gomme, bilanciamento, facilità di messa a punto e adattabilità a tracciati diversi. Il timore è che ora questo patrimonio venga disperso mentre andrà bensì coltivato e affinato ancor di più per il prossimo campionato, quando inizierà il nuovo corso con un altro giovane campione al volante della Rossa.
Stefano De Nicolo'