Formula E | 5 cose che abbiamo imparato dall’EPrix di Città del Messico
Analisi e considerazioni al termine dell’EPrix di Città del Messico, secondo appuntamento della Season 11 di Formula E vinto da Oliver Rowland su Nissan.
Con la vittoria di Oliver Rowland, che ha chiuso davanti alle due Porsche di Da Costa e Wehrlein, la Formula E ha archiviato anche per quest’anno l’EPrix di Città del Messico. Il secondo appuntamento della Season 11 del Circus elettrico ha regalato conferme e sorprese, anche in negativo.
Nissan seria minaccia per Porsche e Jaguar
Lo si era visto a San Paolo, prima che una penalità lo togliesse dai giochi per la vittoria, ma Oliver Rowland si conferma un serio antagonista per Porsche e Jaguar per il proseguimento della stagione in ottica vittorie di gara e titolo. L’inglese di Nissan, partito quarto dopo aver perso con Wehrlein nel duello in semifinale in qualifica, si è mantenuto nella parte alta della classifica e ha approfittato di quel poco che gli restava di Attack Mode, a cavallo delle due SC, per superare Dennis, Wehrlein e Da Costa a pochi giri dalla fine e tenere la testa fino alla fine.
Un momento di “fortuna” per Rowland, che presi 6’ di Attack Mode poco prima dell’ingresso della Safety Car per recuperare la vettura di Beckmann si era ritrovato a dover vedere sprecata la potenza extra dietro la vettura di sicurezza. Ripartita la gara, a Rowland era rimasto solo un minuto disponibile: 60” sfruttati alla grande con tre sorpassi decisi e decisivi, recuperando così con gli interessi quanto aveva perso in Brasile.
La strategia è stata ottima, ma in una prima fase siamo stati sfortunati con i tempi dato l’ingresso della Safety Car, visto che avevo appena attivato l’Attack Mode. In ogni caso, non appena la SC è rientrata, siamo rimasti con un minuto di potenza extra a disposizione, quindi, sapevo che dovevo essere deciso con i sorpassi. Aver ottenuto questa vittoria per il team è una sensazione bellissima, dopo aver fatto un errore nei duelli.
Così facendo, Rowland è riuscito a conquistare la sua quarta vittoria in Formula E, e la seconda nelle ultime tre gare disputate. Nissan e Rowland si confermano un ottimo binomio: l’inglese ha trovato dallo scorso anno un ottimo feeling con la vettura e il powertrain giapponese anche quest’anno si dimostra estremamente veloce ed efficiente dal punto di vista della gestione dell’energia in gara. Un aspetto chiave che non farà dormire sonni tranquilli a Porsche e Jaguar, che dovranno stare attenti a un contendente in più.
Porsche è comunque il riferimento: 3 vetture in top-4 e leadership di campionato acquisita
Porsche è, tuttavia, il costruttore che è uscito maggiormente rafforzato da questo round, sebbene Città del Messico sia una pista amica per il brand tedesco. La prima ‘prima fila’ della sua storia in Formula E, con Wehrlein alla seconda pole su due appuntamenti, non è stata convertita – anche questa volta – in una vittoria, sebbene sia Wehrlein sia Da Costa abbiano comandato le operazioni per 30 dei 36 giri disputati e siano poi riusciti a chiudere entrambi sul podio e, anche in questo caso, è la prima volta che il tedesco e il portoghese condividono una top-3. Segnali quindi positivi dal punto di vista dei risultati, che fanno il paio con le effettive prestazioni mostrate. Porsche è velocissima in qualifica ed è ottima anche sul passo gara e sulla gestione dell’energia, punti chiave in vista del proseguimento della stagione.
Al netto di tutto ciò, c’è anche la prospettiva che possa delinearsi un duello in ottica campionato. A differenza dello scorso anno, in questa stagione Antonio Felix da Costa è partito con il piede giusto e con due secondi posti che – ad oggi – gli consentono di trovarsi in testa al campionato, avendo anche approfittato del ritiro di Mitch Evans. Il portoghese, che a metà della scorsa stagione sembrava fuori dal team ufficiale, ha chiuso lo scorso anno con un bel filotto di vittorie e quest’anno ha approcciato la prima fase di stagione con una mentalità diversa che sta pagando.
Sono felice per i due podi di fila, anche se sono un po’ deluso, ma la stagione è lunga. La mentalità qui era settata sul portare a casa dei buoni punti e ci siamo riusciti, sono contento. Va anche detto che questa è la prima volta che salgo sul podio con il mio compagno di squadra, quindi, questo risultato è per tutte le persone a casa che lavorano duramente e che ci consegnano un pacchetto forte. La leadership di campionato al momento non significa nulla: so qual è la mentalità che devo avere quest’anno, stiamo facendo un buon lavoro e dovremo cercare di mantenerla.
Diversamente, per Wehrlein la seconda pole dell’anno – e la quarta a Città del Messico – non si è convertita in una vittoria, ma rispetto a San Paolo il terzo posto regala punti utili per scalare la classifica ed issarsi al quarto posto, a 4 punti da Evans e Rowland e a 16 da Da Costa, il quale potrebbe essere il rivale principale con il quale il tedesco dovrà confrontarsi.
Positivo anche il risultato per Andretti, team clienti di Porsche. Dennis ha chiuso al quarto posto, permettendo a Porsche di avere tre vetture nei primi 4 posti. L’inglese ha così riscattato San Paolo, quando si era ritirato per un problema tecnico, e con i 13 punti portati a casa – compreso il punto addizionale per il giro veloce, l’11° della carriera per Dennis – ha scalato la classifica dove ora è sesto tra le due McLaren di Barnard e Bird.
Nel complesso, il team è contento ed è ottimo avere entrambe le vetture in top-10. Essendo partito dalla settima posizione, è stato positivo aver combattuto per il podio per tutta la gara. Lascio questo round molto soddisfatto del quarto posto e del giro veloce. Volevo provare a chiudere il gap con quelli davanti ma, alla fine, abbiamo comunque portato a casa dei punti ed è la cosa più importante.
Jaguar, weekend fallimentare
Zero punti sia con Jaguar sia con Envision: questo Round 2 non poteva andare peggio per il brand inglese, che esce con le ossa rotte dal Messico e con tanto da dover rivedere in vista del round di Jeddah che si disputerà tra un mese. Il team ufficiale chiude con il solo 12° posto di Nick Cassidy, che ha pagato carissima un’infrazione tecnica legata alla coppia alle ruote posteriori non conforme alla mappa omologata del pedale dell’acceleratore, che lo ha costretto a partire dal fondo dello schieramento. Buona la rimonta del neozelandese, ma non sufficiente per muovere una classifica che lo vede ancora fermo a zero.
Come team abbiamo fatto grandi progressi questo fine settimana. Ero riuscito a entrare nei duelli facendo un gran giro, ma vederlo cancellato è stato estremamente frustrante. Questa è una pista dove superare non è facile, quindi partire dal fondo ha reso difficile un recupero.
Il suo connazionale, Mitch Evans, invece è stato costretto al ritiro a causa di un contatto con Nico Muller che, davanti a lui, ha rallentato in uscita dalla chicane presente sul rettilineo opposto al traguardo. Un contatto banale che ha intaccato le ambizioni di risultato di Evans, che partiva quinto. Uno zero pesante, visto il risultato di Rowland e Da Costa che ora lo precedono in classifica.
Pari sfortuna in casa Envision, con Buemi trovato in fallo in qualifica per lo stesso motivo di Cassidy e con un Frijns evanescente. Il costruttore campione in carica ha da lavorare per cercare di riscattarsi già a partire da Jeddah: i problemi di software che hanno azzerato gli sforzi di Buemi e Cassidy rischiano di diventare pesanti se dovessero ripetersi, perché a livello di performance Jaguar ha già dimostrato di poter puntare, anche quest’anno, a obiettivi ambiziosi pari a quelli dello scorso anno.
La GEN3 Evo vola e l’Attack Mode fa davvero la differenza
Come a San Paolo, anche a Città del Messico la GEN3 Evo si è confermata estremamente veloce, con tempi in qualifica più bassi di quasi 3” rispetto allo scorso anno. A ciò si aggiungono due aspetti ulteriori. Il primo è che le dinamiche in gara sembra siano cambiate: non ci sono più quelle gare di gruppo con 3-4 vetture affiancate in rettilineo, con cambio di leadership ogni 3 curve per risparmiare energia il più possibile.
A Città del Messico si è vista una gestione di gara più “normale” con Wehrlein e Da Costa a fare da lepri e con il resto del gruppo in gestione senza troppi colpi proibiti come si vedeva nei due anni precedenti, segno che le modifiche dal punto di vista aerodinamico hanno migliorato una vettura nata con diversi problemi concettuali. Il secondo aspetto riguarda l’Attack Mode, che ora fa seriamente la differenza: lo si era già visto a San Paolo, con Evans che aveva approfittato della potenza extra nel finale per chiudere la sua rimonta e vincere la gara, scena che si è ripetuta con Rowland in Messico. A prescindere dall’esito delle prime due gare, l’Attack Mode è tornato ad essere un elemento di importanza enorme per scombinare le carte: così facendo, la strategia è diventata, di nuovo, un punto chiave per i team. Evans a San Paolo aveva vinto grazie a un Attack Mode giocato nel finale, cosa che avrebbe potuto ripetere anche in Messico visto che aveva ancora 4’ a disposizione prima del ritiro. A Rowland in Messico è andata bene che i 6’ attivati nel finale non si siano bruciati tutti dietro la SC, ma è bastato un solo minuto per recuperare tre posizioni e vincere la gara. La combinazione potenza extra e trazione a 4 ruote motrici (accompagnate anche da una gomma con grip migliorato, va sottolineato) sarà un fattore da tenere sott’occhio nel corso dell’anno.
Direzione gara non perfetta
Buona, seppur non perfetta, la condotta della direzione gara, che non è stata pienamente coerente in alcune delle valutazioni fatte nel corso dell’EPrix. Stupisce la differente linea seguita in due episodi specifici. Sam Bird è stato – giustamente – punito con 5” di penalità sul tempo di gara dopo un leggero contatto con Edoardo Mortara che ha, tuttavia, rovinato la gara dell’italosvizzero di Mahindra che si trovava in quella fase in zona punti. Invece, l’entrata kamikaze di Zane Maloney su David Beckmann, che ha causato la rottura della sospensione anteriore del tedesco di Cupra KIRO e, di conseguenza, il suo ritiro e l’ingresso della SC, non è stata punita.
In questo caso, Maloney avrebbe meritato una sanzione considerando come il suo comportamento ha avuto un esito definitivo sulla gara di Beckmann, in top-10 per una buona parte della corsa.
Gli highlights della gara
Mattia Fundarò