#Ayrton20, i nostri ricordi
Ho iniziato a seguire la Formula 1 sin da bambino, imparando a leggere grazie ad Autosprint, le cui pagine mi permettevano di fantasticare su quei bolidi favolosi ed i loro eroi al volante. Devo ammettere che non sono mai stato un tifoso di Senna: sarebbe troppo comodo convertirsi ora, visto che tutti lo stanno ricordando. Ma ricordo di essere stato un suo grande estimatore, visto che gli riconoscevo il ruolo di pilota più veloce e completo presente a quei tempi in Formula 1. Senna rappresentava un po' il rivale, per chi seguiva con tanta passione la Rossa, e certe sue manovre (specie quella su Prost a Suzuka '90) non mi erano proprio andate giù. Eppure, fu proprio nel periodo in cui dovette battersi in una situazione di netta inferiorità tecnica al cospetto delle imbattibili Williams (stagioni '91 e '92) che maturai la consapevolezza del suo enorme talento, rimanendo esterrefatto di fronte ad imprese quali lo straordinario primo giro di Donington '93 e la strenua difesa su Mansell di Monaco '92. Per la stagione 1994, tutto sembrava già scritto: pilota più forte sulla vettura più forte, e titolo già assegnato. Almeno sulla carta. L'outsider Schumacher, vincitore a sorpresa nelle prime due gare, fece simpatia un po' a tutti: giusto per ravvivare un po' il Mondiale, visto che tutti si aspettavano la pronta reazione di Senna. Reazione che doveva arrivare proprio a Imola, in quella gara che poi si rivelò maledetta. Ricordo che a quei tempi il pericolo era ancora ben presente in Formula 1: nonostante i progressi della sicurezza, c'era sempre in tutti noi adolescenti il timore che qualcuno dei nostri eroi si ferisse gravemente o, peggio, perdesse la vita. Dico nostri, perché consideravo, e tutt'ora considero, tutti i piloti sullo stesso piano, meritevoli di rispetto a prescindere dai gusti personali. La morte di Ratzenberger fu uno shock, e mai avrei pensato che tale epilogo si sarebbe ripetuto solo ventiquattr'ore più tardi, al più grande di tutti. Ricordo che stavo fissando attentamente quella traiettoria al Tamburello, il camera-car di Schumacher, e poi..."Senna!". Il mio urlo riecheggiò in sala da pranzo, dove la mia famiglia era riunita a tavola. Mi sforzai di cogliere elementi di ottimismo durante i soccorsi, ma capì ben presto che la situazione era estremamente grave. I bollettini medici dall'ospedale, poco più tardi, tolsero ben presto ogni speranza. A quei tempi, non c'erano Playstation, social network o altre diavolerie digitali sulle quali gli adolescenti odierni trascorrono tutto il loro tempo: allora si doveva viaggiare con la mente, di fantasia. Uno dei miei passatempi preferiti era quello di simulare i Gran Premi in infinite gare immaginarie: ad ogni pilota la sua macchinina e via, di gara in gara. Quella sera, posizionai le due macchinine di Ayrton e Roland su una mensola, in alto, sopra tutto e tutti. Perché è da li che ancora oggi ci guardano.
Marco Privitera
Ho sempre amato maggio, i primi caldi, i pomeriggi di domenica con gli amici, il mio compleanno. Quel 1 maggio del 1994 lo ricordo bene, perché da adolescente, nonostante la passione, pensavo a tutto tranne al Gran Premio di Imola. Infatti dopo gli incidenti di Rubens e Roland, non sentivo quella necessità indispensabile di mettermi davanti al televisore a vedere i miei idoli con le voci storiche di Poltronieri, Palazzoli e Zermiani perchè forse, iniziavo a capire che i piloti non erano super-eroi immortali.Mi trovavo in gita con la mia famiglia, ma la tentazione era, comunque, più forte della volontà e fermi in un barettino alla Stefano Benni, faceva capolino nella nebbia delle sigarette un televisore e li ho capito che la tragedia era nuovamente avvenuta. Non scorderò mai la voce di un nonnino con il toscano in bocca e il suo bicchiere d'amaro in mano fare un discorso in dialetto con grandissimo vigore per esprimere il suo dolore: "Ve lo dico io, ho fatto la guerra, Senna è morto! Ne ho visto di corpi cosi con la testa bassa, sembrano tutti che dormano". Come Senna è morto? Continuavo a ripetermi, nel tragitto verso casa, con la speranza di sentire alla radio notizie positive, che tutto era andato bene e che Ayrton potessere recuperare dall'incidente. Invece la notizia della sua scomparsa arrivò verso sera. Crescendo e ripensando a quel tragico weekend, ho forse capito come quei fatti siano stati il campanello d'allarme per costruire una F1 spettacolare e sicura: cercare di introdurre un approccio ancora più scientifico alla sicurezza e soccorso dei piloti. Il prezzo da pagare? La scomparsa di Roland, un Carneade, e di Ayrton, tre vocampionessaione del mondo, quasi a monito che l'imprevisto può colpire anche a chiunque e a qualunque scuderia. Le grandi tragedie servono a ricordare all'uomo i propri limiti e cercare nuove soluzioni: cellula di sicurezza, maggiore protezione del pilota, pista più adatte alle monoposto sono termini che hanno avuto la loro centralità sopratutto dopo le tragedie di Imola. Non si possono fare paragoni tra epoche sportive differenti, perchè è una operazione di poco conto, ma con le monoposto del presente la storia avrebbe avuto un proseguo differente. Ricordiamoci sempre che oggi possiamo passare ore a parlare di aspetti secondari, perchè in vent'anni sono stati fatti enormi passi da giganti per la sicurezza di piloti, meccanici, spettatori. Ecco perché quel 1 maggio lo ricorderò sempre. Roland e Ayrton immortali e giovani nei nostri ricordi come esempi da cui ripartire.
Luca Posteri
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