Formula E | Cinque cose che abbiamo imparato da Diriyah
Le due gare dell'E-Prix di Diriyah, secondo e terzo round stagionale del mondiale di Formula E, da un lato hanno confermato alcune cose che avevamo visto a Città del Messico, mentre dall'altro lato hanno aperto nuovi spunti di riflessione. Scopriamo cosa ci ha lasciato il double header saudita.
La Formula E è sempre la Formula E
La categoria elettrica conferma quella che è da sempre la sua caratteristica principale, ossia l'incertezza dei valori in campo. Perché se è vero che in linea di massima si possono stabilire dei team di prima fascia, un midfield e una bassa classifica per quanto riguarda il campionato nel suo complesso, nelle singole gare c'è sempre una grande incertezza. Ed ecco quindi che la Maserati, che tanto aveva fatto bene in Messico, a Diriyah si ritrova a combattere per ottenere qualche punticino, mentre di contro la Nissan riemerge e si prende una pole, un podio e un sesto posto in gara 2. Anzi, le cose non solo cambiano da un circuito all'altro, ma addirittura da una gara all'altra, complice anche un'evoluzione anomala di una pista che dalla prima sessione di libere a gara 2 ha visto un enorme miglioramento. E quindi, in tre gare abbiamo visto tre vincitori diversi, tre poleman diversi e sette piloti diversi sul podio con nove posti disponibili. Numeri non da tutte le categorie. È vero che probabilmente il titolo se lo contenderanno le vetture motorizzate Porsche e quelle Jaguar (e comunque sono tra le quattro e le otto macchine), ma la sensazione è che anche quest'anno vedremo tanta lotta nelle singole tappe, con molti piloti che potranno dire la loro.
Diriyah, ha ancora senso?
Il secondo punto riguarda la pista di Diriyah. Già lo scorso anno, prima di arrivare a correre, Jake Dennis disse come sarebbe stata una gara difficile per le Gen 3, la cui maggiore potenza avrebbe causato problemi di adattamento nel lungo serpentone. Problemi accentuati dalle gomme Hankook, più dure e meno performanti in gare che si corrono di notte, con quindi temperature dell'asfalto più basse. E infatti, Diriyah è l'unico circuito in cui resistono ancora i record sul giro fatti stabilire dalle Gen 2 nel 2022.
Quest'anno è andata addirittura peggio. La pista era sporchissima, tanto che nella prima sessione di libere il miglior tempo era addirittura cinque secondi più alto delle FP1 dello scorso anno. Quasi come si corresse sul bagnato. E sì, qualcuno potrebbe obiettare che le piste siano il tallone d'Achille della Formula E, cosa vera, ma negli ultimi anni abbiamo visto un progressivo miglioramento in tal senso. La pista saudita, invece, rappresenta ancora la vecchia concezione di piste della categoria elettrica. La carreggiata è stretta e la pista chiaramente non si adatta a delle vetture che oramai stanno raggiungendo dei livelli di potenza impressionanti: forse, sarebbe il caso che Diriyah venga sostituita (o modificata) dalla prossima stagione, anno in cui, tra l'altro, con l'introduzione delle Gen 3.5, la potenza crescerà ancora.
È sempre Porsche VS Jaguar
Se dopo Città del Messico potevamo avere qualche dubbio, dopo le due gare di Diriyah ne abbiamo la certezza: anche nel 2024 il titolo di Formula E sarà un affare tra i piloti Porsche (e quindi Andretti) e Jaguar (e quindi Envision). Anche se pure questi piloti hanno avuto i loro alti e bassi. Wehrlein, dopo la vittoria dominata messicana, in Arabia Saudita ha ripresentato quello che lo scorso anno era stato il suo problema principale, ossia le qualifiche. Partito fuori dalla top 5 in entrambe le gare, non è riuscito a fare meglio di ottavo in gara 1 e di settimo in gara 2, perdendo così la testa della classifica. Più altalenante Dennis, che ha sì dominato la gara del venerdì, vincendo con 13 secondi di distacco, ma sabato è stato condizionato da una brutta qualifica. Partito 14esimo, è riuscito ad arrivare solo decimo. Anzi, neanche, perché una penalità di cinque secondi l'ha fatto scivolare al dodicesimo posto. In compenso, i rispettivi compagni di squadra sono andati peggio, con Nato che forse deve ancora prendere le misure del cambio di squadra, mentre Da Costa è ancora misteriosamente a zero dopo tre gare. Sul lato Jaguar, oltre a Cassidy (di cui parleremo tra poco), nessuno degli alfieri del Giaguaro è stato perfetto. Evans si è giocato il podio in gara 1 fino alla fine, ma un avventato tentativo di sorpasso all'ultimo giro ai danni di Vergne l'ha fatto scivolare in quinta. Buemi, dopo la P2 in Messico, ha chiuso solo dodicesimo in gara 1, mentre sabato non è neanche partito per un incidente in qualifica. Infine, bene Frijns, che secondo sabato, il quale però nelle prime due gare aveva conquistato un solo punto. Sicuramente saranno loro i protagonisti del mondiale, ma al momento si stanno togliendo tutti punti a vicenda.
Cassidy, è l'anno buono?
Abbiamo parlato finora di incertezza e di lotta tra Porsche e Jaguar. Tutto vero, ma poi se si vanno a guardare le statistiche Cassidy ha avuto un avvio di stagione quasi perfetto. Unico sempre salito sul podio, con due terzi posti e una vittoria, e con anche due giri veloci, che non fanno mai male. E mentre i suoi avversari alternano gioie e dolori, lui si porta al comando della classifica con 19 punti di vantaggio sul più diretto inseguitore. Se Wehrlein a San Paolo arrivasse secondo e Cassidy si ritirasse, il neozelandese sarebbe comunque avanti di un punto.
Che Cassidy potesse essere uno dei favoriti al titolo 2024 in Formula E non c'erano dubbi. Dopotutto, è il vicecampione in carica, e lo scorso anno, se non ci fosse stato l'incidente di Roma con Evans, forse avrebbe vinto. Ciò che non ci si aspettava è che potesse essere così dirompente, soprattutto nei confronti di Evans, che quest'anno sembra essere partito al rallentatore. La stagione è ancora lunga, ma nell'attesa dell'E-Prix di San Paolo, Cassidy può godersi un mese e mezzo da leader del campionato.
Vergne non molla mai
Infine, menzione d'onore a Jean Eric Vergne. La DS-Penske probabilmente non è allo stesso livello di Porsche e Jaguar, eppure lui continua ad essere temibile. Venerdì si inventa una magia in qualifica, tornando alla pole dopo due anni e affiancando Buemi come pilota con più pole. In gara poi cede a Dennis, ma si difende strenuamente nel finale conquistando un secondo posto che vale oro. Sul podio ha ammesso che non sono ancora al livello degli avversari, ma intanto lui è terzo nel mondiale. Vergne si conferma essere ancora una volta un grandissimo pilota. Forse, dieci anni fa fu scartato troppo presto da Red Bull.
Alfredo Cirelli