Dakar, una lunga storia di stranezze a due, quattro e...sei ruote
Partendo dalle quattro ruote, la prima rappresentante da citare è la Rolls Royce di Thierry de Montcorgé che partecipò nell’edizione del 1981. Tutto nacque da una piccola scommessa che De Montcorgé fece con i suoi amici sul fatto che potesse completare la Dakar con la sua elegante Corniche. Prima di prendere parte alla gara, Montcorgé decise di fare delle piccole modifiche sulla sua macchina: sostituì la carrozzeria fatta in metallo con panelli in poliestere, riducendo il peso complessivo a 80 kg, e da una vecchia Toyota prese il cambio con le marce ridotte e il sistema 4WD. De Montcorgè e la sua Rolls Royce non riuscirono a terminare la gara poiché squalificati dai giudici per una riparazione non ritenuta conforme al regolamento.
Nello stesso anno in cui De Montcorgé sfidava la Dakar con la sua Rolls Royce, al via si presentò anche la Citroen DS del pilota francese Betrand Roncin che decise di inserire sulla sua macchina delle sospensioni idropneumatiche più adatte a sopportare le dune del deserto. La macchina riuscì ad arrivare al traguardo, solo che al posto dei fluidi idraulici fu utilizzato dell’olio a motore.
Nel 1984 la Mercedes decide di schierare per la competizione una vettura spinta da un propulsore 4.5 V8 SLCs, schierando come piloti Jochen Mass e Albert Pfuhl. L’esperienza con questa Mercedes si rivelò un disastro poiché Mass terminò in 64° posizione mentre Pfhul terminò in 44° piazza.
Nello stesso anno si verificò anche il ritorno di De Montcorgé, il quale dopo l’esperienza con la sua Rolls Royce nel 1981, decise di tornare ancora una volta a cimentarsi nella gara africana e questa volta lo fece con la Jules II Proto, una vettura a sei ruote. Questa macchina disponeva di un motore Chevrolet da 3 litri e mezzo e la trasmissione della Porsche 935, ma ciò non gli servì neppure in questa circostanza a completare la Dakar, poiché fu fermato da un guasto durante la terza tappa.
Andando avanti nel tempo fino ai nostri giorni, troviamo una Citroen 2CV del 1963 che prese parte all’edizione 2007. Questa "vecchietta" ebbe un generoso restauro con telaio e nuove sospensioni rinforzate e due nuovi motori provenienti da una parente più giovane, la Citroen Vista. La vecchia Citroen si dovette però arrendere in seguito alla rottura di una sospensione e non poté terminare la gara.
Nel 2009 prese parte alla Dakar un pick-up Toyota da 200 CV sul quale venne montata una vera e propria friggitrice, nell'intento di fare pubblicità allo sponsor del team Ch’ti Friterie. L’auto fu guidata dal pilota Hervè Diers che riuscì a terminare la gara in 58° posizione.
Per finire possiamo citare la Fiat Panda, ribattezzata PanDakar, pronta a sfidare i 9000 km e le 12 tappe di questa edizione della Dakar.
Per quanto riguarda le due ruote. è possibile partire dal 1980, quando un gruppo formato da quattro piloti francesi (Yvan Tcherniavsky, Bernard Tcherniavsky, Marc Simonot e Bernard Neimer) decisero di prendere parte alla Dakar a bordo della Vespa P200E, appositamente preparate per affrontare la difficile traversata. Alla fine della gara solo due delle quattro Vespe riuscirono a giungere al traguardo, dopo aver percorso 10,000 km e sette diverse nazioni. Un’impresa davvero notevole, se consideriamo che su 211 partecipanti solo 79 riuscirono a vedere il traguardo.
Dal 1980 passiamo direttamente al 2009, quando Ivo Kastan (pilota di origine ceca) decise di iscriversi alla competizione con una pit-bike, più precisamente una Rahier Honda Mk2, ovviamente modificata per permettere al pilota di prendere parte alla gara. Il tentativo però si rivelò poco fortunato, visto che non riuscì a raggiungere l'obiettivo finale di completare la competizione.
Chiara Zaffarano