Nigel Mansell non è stato un pilota come tutti gli altri. Forse uno degli esempi in assoluto più lontani dal prototipo dell'atleta moderno. Per indole, carattere, atteggiamenti. Eppure, pur suscitando opinioni controverse su di sé, è riuscito ad entrare nel cuore degli appassionati come pochi altri. Il 'Leone' d'Inghilterra oggi compie settanta primavere: nel corso delle quali, ci possiamo scommettere, non si è di certo annoiato.

MAI BANALE, SPESSO IMPREVEDIBILE

No, in pista non brillava per acume tattico. E nemmeno in quanto a conoscenze squisitamente tecniche. Basti pensare a quanto disse una volta, a metà tra il serio e faceto, Michele Alboreto su di lui: "L'unica cosa intelligente sulla Williams di Mansell sono le sospensioni". A voler ben vedere, anche diverse decisioni prese nel corso della sua carriera sono state dettate perlopiù dall'istinto che da scelte ragionate. Come quando decise di annunciare il ritiro a metà della stagione 1990, soggiogato dai continui successi di Prost in Ferrari. O come quando, due anni più tardi, stupì il mondo annunciando il suo passaggio negli States dopo aver conquistato il tanto agognato titolo in Formula 1. Niente mezze misure, solo cuore e tanto orgoglio: il Nigel Mansell pilota è stato anche e soprattutto questo.

IL DEBUTTO...A 27 ANNI

Che fosse un personaggio atipico nel mondo dell'automobilismo lo si poteva dedurre anche dalle sue origini. Upton-upon-Severn, un paesino di tremila anime nel cuore delle Midlands Occidentali, prima di trasferirsi in età adulta sull'isola di Man, dove avrebbe indossato per diversi anni l'uniforme della polizia locale. Cimentandosi anche nelle sue prime gare in monoposto, in una gavetta lunga e per certi versi tortuosa. Dimenticatevi, infatti, i "ragazzi prodigio" che oggi arrivano alle soglie della Formula 1 non appena compiuta la maggiore età: Mansell questa opportunità la riceve a 27 anni suonati grazie a Colin Chapman, il boss della Lotus, che schiera appositamente per lui una terza macchina (già, allora era consentito...) nel GP d'Austria 1980.

DALLAS ED UN GESTO EMBLEMATICO

Una lunga storia, quella con il team britannico, che sarebbe durata fino a tutto il 1984. Al volante di vetture poco affidabili, in una fase anche delicata per la scuderia (il suo fondatore, infatti, morì a fine 1982), ma che consente a Nigel di mettere in mostra la sua velocità naturale ed anche la sua ineguagliabile generosità. Paradossalmente, al di là dei cinque podi ottenuti, l'episodio di quegli anni che rimane maggiormente impresso nella memoria collettiva è quello della disperata "spinta" della sua Lotus rimasta in panne sotto il sole cocente di Dallas, a pochi metri dal traguardo: un gesto quasi epico, che si conclude con Mansell stramazzato al suolo, ma che lo fa definitivamente entrare nel cuore degli inglesi (come erede naturale di James Hunt) e degli appassionati di tutto il mondo.

GLI ANNI CON WILLIAMS E LA RIVALITA' CON PIQUET

Il passaggio alla corte di Frank Williams dal 1985 rappresenta per Mansell un ulteriore salto di qualità: in un team destinato ad aprire un ciclo vincente, per lui la prima vittoria arriva sulla pista di casa a Brands Hatch, subito bissata dal successo colto due settimane più tardi in Sudafrica. E' ormai chiaro che possa essere lui uno dei principali candidati alla conquista del titolo nel 1986, anche se sulla sua strada approda un certo Nelson Piquet: compagno e personaggio scomodo, già due volte campione del mondo, con il quale dà vita ad un duello spesso rusticano che annulla la superiorità tecnica della Williams e, di fatto, regala il Mondiale nelle mani di Prost nel "folle" finale di Adelaide, in cui vede esplodere il pneumatico posteriore della sua vettura in pieno rettilineo.

L'appuntamento con l'iride sembra essere rinviato all'annata successiva, ma anche qui le ultime velleità di gloria per Mansell si spengono in maniera violenta e crudele, contro un muretto di Suzuka: un impatto che mette nuovamente a dura prova la sua colonna vertebrale già martoriata in seguito agli incidenti di gioventù, ponendo a rischio per un certo periodo anche il prosieguo della sua carriera. Dopo un'annata in tono dimesso con la Williams spinta dai poco competitivi motori Judd, per Nigel si spalancano le porte della Ferrari: il Commendatore lo chiama per affiancare Gerhard Berger in un'epoca di grandi cambiamenti per il Cavallino, alle prese con la rivoluzione tecnica voluta da un altro inglese operativo dalle parti di Guilford, ovvero John Barnard.

L'APPRODO IN FERRARI E LA "PERLA" DI BUDAPEST

Ed il matrimonio con la Rossa sembra iniziare davvero sotto i migliori auspici, con Mansell che coglie un incredibile successo nella prova d'apertura a Rio, portando per la prima volta in trionfo una vettura dotata del cambio semi-automatico. Tra le "perle" di quella stagione, da ricordare anche l'incredibile cavalcata di Budapest, nel corso della quale rimonta dalla dodicesima posizione prendendosi il successo dopo un sorpasso rimasto negli annali ai danni di Ayrton Senna. "Come ho fatto? Semplice, ho chiuso gli occhi" avrebbe poi dichiarato al termine della gara. Sempre con il brasiliano, all'Estoril è poi vittima di uno dei suoi tanti "black out", quando spedisce fuori pista la McLaren dopo non aver visto la bandiera nera esposta ai suoi danni in seguito ad una manovra non consentita ai box.

Giunto sul più bello, anche in Ferrari arriva un altro compagno pronto a rompergli le uova nel paniere: si tratta di Alain Prost, che nel 1990 infila successi a ripetizione spingendo l'amareggiato "Leone" (ormai così ribattezzato) ad annunciare il ritiro dalle corse subito dopo la gara di casa a Silverstone. In realtà, si tratta soltanto dell'anticipo di una definitiva separazione con la Ferrari, che però non avviene senza strascichi: il "famoso" episodio al via del GP Portogallo, quando Mansell stringe contro il muretto box il compagno di squadra favorendo la fuga iniziale di Senna, rappresenta in modo emblematico la controversa figura dell'inglese. "Mi è scappata la frizione al via" sarebbe stato il suo goffo tentativo di difesa, anche se per molti si trattava di un ultimo "regalo" al poco gradito compagno di squadra francese, che difatti avrebbe di lì a poco perso la propria corsa al titolo.

DAL TITOLO DEL 1992 AL PASSAGGIO IN INDY

L'ancora di salvezza per Mansell a questo punto si chiama ancora Williams. E che...ancora: il team britannico sta infatti preparando una monoposto rivoluzionaria, ovvero la formidabile FW14B dotata di sospensioni attive che nel corso della stagione 1992 gli consente di conquistare l'iride già in estate, permettendogli di coronare il lungo inseguimento al titolo di campione del mondo. Ma giunto all'apice della sua carriera, quando il mondo sembra essere ai suoi piedi, Nigel coglie tutti di sorpresa: saluta tutti e annuncia il suo passaggio in America, nel campionato CART. Anche in questo caso, l'imminente arrivo di Prost lo spinge a prendere una decisione clamorosa e sicuramente in controtendenza, per un pilota che vuole adesso dimostrare di poter vincere anche al di là dell'Oceano.

EROE DEI DUE MONDI

E lo fa, anche se il primo impatto non è certo di quelli migliori: già al secondo appuntamento, infatti, "assaggia" in modo violento il muretto dell'ovale di Phoenix, giusto per non dimenticarsi dei problemi alla schiena già avuti in passato. Il resto della stagione lo vede protagonista di una cavalcata trionfale che lo porta ad essere...eroe dei due mondi. Ma il richiamo della Formula 1 esiste ancora. Anche se avviene in circostanze inaspettate e drammatiche. Il 1° Maggio 1994, infatti, a Imola perde la vita Ayrton Senna. La Williams va alla ricerca di una figura di "peso" per poterlo sostituire, anche se Mansell ha già l'impegno per correre in Indy. L'accordo va in porto soltanto per alcune gare, con Nigel che si toglie lo sfizio di vincere l'ultima ad Adelaide, salendo per l'ultima volta in carriera sul gradino più alto del podio.

L'ADDIO DI ADELAIDE E L'EPILOGO IN MCLAREN

In una carriera fatta di sfide, vittorie, sconfitte e ripensamenti, l'ultimo capitolo di Mansell in Formula 1 lo vede quasi incredibilmente approdare alla corte di Ron Dennis in McLaren per la stagione 1995. Il "Leone" però è stanco e demotivato. La vettura (dotata di un improbabile alettone montato sul roll bar) è poco competitiva, ma soprattutto presenta un grosso problema: non consente a Mansell di entrare nell'angusto abitacolo. Dopo aver saltato le prime gare ed apportate le necessarie modifiche, il debutto va finalmente in porto, ma si rivela ben presto una lenta agonia: Mansell e il team si separano dopo sole due gare, sancendo la parola fine alla lunga carriera in Formula 1 di uno dei piloti più amati e veloci della sua epoca.

Un carattere impulsivo, una guida scorbutica, ma un cuore gigante ed un coraggio da vendere: questo e molto altro ha fatto amare Nigel Mansell, rendendolo un pilota unico nel suo genere. Buon compleanno, Leone.

Marco Privitera