Se siete nati negli anni '80 e anche voi siete “cresciuti” con le gesta del cannibale di Kerpen, probabilmente non avete bisogno di leggere queste parole. Perché saprete benissimo che prima di essere un pluri-titolato, Michael al volante era semplicemente un Dio. Di quelli con la “D” maiuscola. Erano tempi in cui in Formula Uno ancora ci si faceva male (o si moriva) con una certa frequenza, come hanno purtroppo testimoniato tanti nomi dell’epoca. Era dunque più difficile andare davvero "veloce". Si sa com’è, no? Se sai di correre un rischio relativo, non ci pensi due volte a tirare al limite una staccata, o a tenere giù il gas in una curva dove non sei sicuro di poterlo fare. In quegli anni invece l’azzardo poteva costarti caro, e tu che facevi il pilota lo sapevi, eccome.

Provate infatti a ripensare alla griglia di partenza degli anni ’90 (e anche a quelle precedenti, ovviamente): i piloti portavano in pista le fidanzate, le mogli, i figli…e non era un gesto di routine o di vicinanza come adesso: si trattava di veri e propri “saluti”, perché se guidavi una Formula Uno eri sicuro di salire in macchina con le tue gambe, ma non potevi sapere se poi saresti riuscito a scendere tutto intero. Ecco, prima di buttare giù i suoi filotti di titoli, Schumacher è diventato grande sotto questo regime. Su vetture spesso meno competitive di quelle degli altri per giunta.

Su una Benetton non proprio al top tecnico, ad esempio, Michael volava letteralmente, ridicolizzando spesso rivali che al confronto si sedevano su veri e propri missili. Ricordiamo che persino un altro mostro sacro come Ayrton Senna faceva spesso fatica a battere Schumacher, riconoscendolo implicitamente come vero avversario da battere e facendogli quello che ormai è diventato il “famoso rimprovero” in diretta tv dopo il contatto al via di Magny Cours. Persino Briatore (all’epoca manager Benetton, nonché uomo che mise Schumacher sotto contratto con il team italiano), affermò: "Quando vidi Senna parlare in quel modo a Michael, capii che Ayrton stava iniziando a preoccuparsi".

E quando passò alla Ferrari? Diciamola tutta: nel 1996, anno in cui Schumy arrivò a Maranello, la vettura era competitiva quanto lo sarebbe un boiler dell’acqua calda se ci montassimo sotto quattro ruote, oltre a presentare un’affidabilità ai limiti dell’impresentabile. Si rompeva qualcosa anche a contatto con l’aria o solo guardando la monoposto... ma nonostante tutto Michael mise in saccoccia ben 3 vittorie, che per fare un paragone realistico coi tempi moderni è come se nel 2018 la Toro Rosso fosse riuscita a fare lo stesso con un’affidabilità tipo quella della McLaren 2016, arrivando poi a lottare costantemente per il mondiale a partire dalla stagione successiva.

Smettiamola dunque di fare paragoni basandoci solo sui numeri. Finiamola ad esempio di dire che Vettel può vincere il titolo con Ferrari nel suo quinto anno, proprio come Michael, perché in realtà Michael guidava un trattore… Seb no. Michael è arrivato a giocarsi praticamente per tutti i primi anni di Ferrari il Mondiale all’ultima gara. Michael si è rotto la gamba nel ’99 saltando a piè pari una stagione (la quarta in Ferrari) dove altrimenti avrebbe vinto. E ovviamente, nemmeno il paragone con Hamilton regge: Lewis ad esempio ha già superato il numero di pole position, ma come detto a quei tempi il giro della pole doveva essere letteralmente un giro della morte, e la vettura di Michael non era super dominante come quelle che guida Lewis, senza dimenticare che anche il numero di vittorie totali (che LH44 sta raggiungendo) è da proporzionare al fatto che oltre a quanto già detto, il calendario di qualche anno fa presentava molte meno gare di quello odierne.

I piloti forti dunque sono tanti, e ognuno fa la storia al suo tempo. Ma se davvero vogliamo parlare di record e di talenti basandoci solo sui numeri, allora dobbiamo forse anche iniziare a valutare le cose sotto questi altri punti di vista. Michael Schumacher per la Formula Uno è stato un’entità soprannaturale, punto. Per buona pace di chi non è d’accordo. E soltanto un destino beffardo ha fino a questo momento privato il mostro di Kerpen della gloria post-pensione che meritava. Ma noi che siamo più “illuminati”, caro Michael, non dimentichiamo. E anche se le tabelle numeriche iniziano ad accorciarsi, dentro di noi rimarrà sempre indelebile “l’emozionalità” di vedere un tale dominatore in un’epoca difficile, dove per essere il numero 1  incontrastato, oltre al talento innato, serviva dedicare il 100% della tua vita al tuo lavoro. Buon compleanno Michael. Sappi che ci manchi tantissimo…ti aspettiamo presto tra noi.

#keepfightingMichael

 Daniel Limardi