Il "Drake" è sempre stato accompagnato da un alone di fascino magnetico, essendo una di quelle figure che non si possono ignorare. Persone come queste o le ammiri o le detesti: quello che nessuno riesce a fare è ignorarle. Il Commendatore rientrava nella cerchia di quelle persone talmente "folli" aventi la convinzione di poter "cambiare" il mondo, riuscendo per certi versi a farlo per davvero. Perché, che lo si adori o meno, esiste un modo di vivere e interpretare le corse prima e dopo Ferrari. Visse una vita alla ricerca dell'automobile perfetta, senza mai soddisfare il proprio desiderio di grandezza. "La Ferrari più bella è la prossima" diceva. Sempre un po' più leggera, più veloce, più "sua".

Enzo iniziò la sua rincorsa al sogno della velocità come pilota, strada che accantonò quando conobbe Tazio Nuvolari. Il mantovano umiliò Ferrari, che da allora decise quale sarebbe stata la sua missione. Costruire la macchina perfetta per un pilota come Nuvolari. Iniziò tutto così, preparando le vetture Alfa, ma la storia è gia nota a tutti e non staremo qui a ripetervela alla noia.

Con ogni probabilità, nella nostra era un Enzo Ferrari non potrebbe esistere. Nell'era delle sigle (FOM, FIA e via dicendo) un uomo indisposto a scendere a compromessi non è ben accetto. Ma probabilmente, se il commendatore fosse a noi contemporaneo, nemmeno ci dovremmo porre questo problema. I valori che lo portarono a legare il proprio nome a quello delle corse ormai sono svaniti in favore di questioni quali business e sicurezza. Le sua musa, l'automobilismo, è sempre più serva di uomini intenti al solo guadagno. Questi individui, dalle mani curate e affusolate con le quali fanno strusciare banconote, hanno lentamente sostituito i sognatori armati di passione e chiavi inglesi. I cavalieri del rischio, quei ragazzi che sgommavano in faccia alla morte, non possono più esistere. Imbrigliati da un regolamento soffocante che toglie alle gare la loro essenza stessa. Oggi i piloti sono spesso rockstar milionarie che guidano sotto la supervisione di ingegneri e computer. Il tempo di uomini impavidi che sfidavano la morte ogni domenica è finito.

"Darei qualsiasi cosa per riportare in vita anche un'unghia di quei ragazzi. Anche a costo che la Ferrari non esistesse." Parole ad effetto, pronunciate durante una conferenza stampa dal fondatore della scuderia più titolata nella storia della Formula 1. Bellissima performance di un dotato attore intento ad aumentare il proprio consenso. In molti qui videro un lato umano in Ferrari che l'ingegnere ha sempre tenuto nascosto. Nascosto dietro alle lenti nere e all'impermeabile sotto al ginocchio, che lo circondavano di una cortina di nebbia impenetrabile. Ora, non che Ferrari fosse un mostro privo di emozioni, ma quelle parole devono essere false. Devono esserlo, perché se non fosse cosi la sua scuderia non sarebbe mai potuta essere così vincente. Chi ha lavorato con lui lo descrive come un grande leader, un uomo rispettato e rispettabile; ma con la vittoria come unico obiettivo. La vittoria prima di tutto e di tutti. Era anche questo Enzo Ferrari, quello che teneva gli operai in fabbrica tutta la notte lasciando le famiglie a casa ad aspettare, perchè la macchina doveva essere pronta.

Estremamente attento alla propria immagine, ha fatto storia il racconto di quando l'Università di Modena decise di conferirgli una Laurea ad Honorem in Fisica. L'appuntamento era al solito ristorante "Il Cavallino". Arrivati lì, bisognava decidere in che modo raggiungere l'ateneo emiliano. Usare il treno era fuori causa: Enzo aveva paura del treno. Il suo fedele autista si propose di andare con la sua macchina, una Ferrari nuova fiammante. "Sì certo, e io che figura ci farei? Quella dello spaccone. No no, niente Ferrari" replicò immediatamente  il Drake. Alla fine si decise di andare con una vecchia utilitaria per non dare nell'occhio. Anche questo era Enzo Ferrari.

Alessandro Gazzoni

  

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