Parla Michela Cerruti, cuore e piede pesante
Dopo il primo podio ottenuto in Auto Gp, Michela Cerruti è sicuramente diventata il personaggio del giorno. Fa ancora notizia, per certi versi, il fatto che una donna riesca a battersi (e, talvolta, a battere) i propri colleghi in uno sport dove la componente maschile rappresenta la quasi totalità dei protagonisti. Eppure, chi ha seguito la carriera di Michela, sa che la romana (ma milanese d'adozione) non è certo nuova a questo tipo di imprese: sua, difatti, è stata la prima, storica vittoria conquistata da una donna sull'Autodromo di Monza, nel 2011 quando gareggiava nel campionato Superstars con il team di Romeo Ferraris. Un circuito, quello brianzolo, che evidentemente deve portargli fortuna, visto il terzo posto conquistato in gara-1 dopo un entusiasmente duello con l'amico Andrea Roda: "E' stata una delle gare più dure della mia carriera, a un certo punto ci siamo anche toccati, ma io volevo a tutti i costi questo risultato". E difatti, nel retro-box, Michela viene accolta da un grande applauso dalla folla di amici e supporters, radunatisi sulla sua pista di casa per renderle il meritato tributo. Eppure, il podio non rappresenta certo una novità per la Cerruti, visto che solo una settimana fa era stata in grado di conquistare un altro terzo posto: ma stavolta a Silverstone, nel Blancpain Endurance Series, al volante di una vettura (la Bmw Z4 Gt3 del Roal Motorsport) ben lontana dalla Lola-Zytek V8 con la quale si è distinta nel "tempio della velocità" lombardo. Ma qual è il segreto per riuscire a passare così rapidamente da un campionato all'altro nel giro di pochi giorni, alla guida di auto così diverse e dovendosi confrontare con staff e metodologie di lavoro differenti? "Sin da quando ho iniziato a correre a livello amatoriale sono stata abituata a saltare da una macchina all'altra. Devo dire che, nonostante all'inizio questa cosa mi innervosisse non poco, mi ha contemporaneamente aiutato molto a crescere anche dal punto di vista fisico e psicologico - rivela - al punto che oggi questo non rappresenta più un problema, anzi posso considerarlo un mio punto di forza, riconosciuto da chi lavora al mio fianco: persino nell'ottica di poter diventare un pilota professionista, che è un traguardo che spero di poter raggiungere, raramente capita di essere messi a bordo di una vettura e doversi concentrare solo su quella per l'intera stagione. Quindi reputo questa flessibilità un fattore molto positivo per la mia carriera".
{jcomments on}