F1 | Honda, i veri motivi di un dietrofront annunciato
Honda e la F1, una storia che va avanti ormai da decenni tra alti e bassi, ritiri e ritorni. L’addio della Casa giapponese al Circus sarebbe dovuto avvenire già da quest’anno, ma dopo le clamorose rivelazioni di Helmut Marko non sembra essere più così. Andiamo a scoprire le motivazioni di un dietrofront annunciato.
IL RITORNO IN F1
Nell’ottobre del 2020 il presidente di Honda Takahiro Hachigo rivelò che la Casa giapponese avrebbe abbandonato la F1 al termine del 2021. La notizia fu un vero e proprio fulmine a ciel sereno, alla luce dei notevoli progressi di una Power Unit finalmente competitiva e con un Max Verstappen con tutte le carte in regola per giocarsi il Mondiale la stagione successiva. Ma facciamo un bel passo indietro tornando più precisamente al 2013, anno in cui Honda decise di rientrare in F1 grazie ad una partnership con McLaren.
Il triennio di collaborazione si rivelò un disastro per entrambi ed ecco che, grazie anche alle pressioni di Fernando Alonso, finì per materializzarsi un nuovo e clamoroso scenario. Honda salutò McLaren e concesse la fornitura dei suoi motori al junior team Red Bull, la Toro Rosso. Il 2018 si rivelò promettente, con i risultati che per la Casa giapponese finalmente iniziarono ad arrivare. E, di pari passo, arrivò anche la partnership con il team Red Bull, a partire dalla stagione 2019. Dopo aver fallito l’assalto al titolo nel 2020, alla Honda presero la decisione che fosse giunto il momento di fare i bagagli e lasciare la F1 al termine della stagione successiva.
L’ACCORDO CON RED BULL
Da qui è nato l’accordo con Red Bull Powertrains, investimento dell’omonima Casa per poter produrre le Power-Unit in proprio, ma portando avanti il progetto di Honda. L’accordo prevedeva infatti che, a partire dal 2022, a Milton Keynes avrebbero avuto la possibilità di apporre il proprio marchio sui motori ereditati dalla factory giapponese, iniziando a produrne delle parti per capirne la tecnologia. Questo in modo da essere totalmente indipendenti dal 2026, anno di novità regolamentari in cui la Red Bull Powertrains sarebbe dovuta essere in grado di camminare con le sue gambe.
Ma qualche giorno fa è arrivata la bomba. Helmut Marko, storico manager di Red Bull, ha dichiarato infatti che l’accordo tra le due parti è cambiato e che sarà sempre Honda a produrre le power-unit F1 fino al 2026, smentendo tutto quello che era stato detto fino a quel momento. Ma cosa è successo veramente? All’apparenza questo nuovo accordo conviene ad entrambi, in quanto Red Bull Powertrains potrà concentrarsi esclusivamente sul 2026, mentre Honda potrà tenersi il progetto e continuare a prendersi meriti e fondi da Milton Keynes. Ma le vere motivazioni sono altre, e principalmente di carattere politico. O strategico, se preferite.
I MOTIVI DEL DIETROFRONT
E’ risaputo che dal 2026 ci saranno nuove regole sulle Power Unit e che nuovi costruttori siano interessati ad entrare nel Circus. Tra questi c’è il gruppo Volkswagen, che con i suoi marchi Audi e Porsche spera di fare il proprio rientro nella massima serie motoristica. Non è un mistero che ci siano state delle discussioni tra i vertici del gruppo tedesco e Red Bull su un eventuale partnership a partire proprio dal 2026. Un passaggio che Honda non avrebbe assolutamente gradito.
Se l’accordo infatti dovesse andare in porto, quello che Red Bull Powertrains porterebbe a Volkswagen sarebbe proprio la tecnologia ereditata da Honda e questo equivarrebbe a...darsi la zappa sui piedi per la Casa giapponese. Affidare quello che è stato un progetto vincente ad un proprio diretto concorrente sul mercato sarebbe un errore potenzialmente fatale, non solo a livello industriale ma anche di immagine. In ogni caso, sarebbe sempre Honda a rimetterci. Da qui la decisione di continuare a produrre in Giappone le parti senza concedere la proprietà intellettuale a Milton Keynes, dove dovranno dedicarsi ad un progetto totalmente indipendente dal 2026. Come Red Bull Powertrains, oppure con un fornitore completamente nuovo? Solo il tempo potrà dirlo. Ma le mosse strategiche, intanto, non possono di certo aspettare.
Julian D’Agata