Race of Champions, la corsa all'oro
Per i più giovani, la Race of Champions potrebbe evocare soltanto il nome della gara (la cui edizione 2013 è stata peraltro cancellata per problemi politici del paese ospitante, la Thailandia) che coinvolge piloti provenienti dalla Formula 1, Rally, Nascar, Endurance e motociclismo in una sfida ad eliminazione diretta con vetture identiche, in un circuito ricavato all'interno di uno stadio. Ma in realtà, il nome proviene da un prestigioso e tradizionale appuntamento di Formula 1, non valido per il campionato del mondo, che si disputò per quattordici edizioni sul circuito di Brands Hatch.
La prima edizione della Race of Champions si svolse nel 1965, visto che il circuito del Kent non poté ospitare per quell'anno il Gran Premio di Gran Bretagna, passato a Silverstone; fu così che gli organizzatori decisero di creare comunque un evento, anche se non valido per il campionato del mondo di Formula 1.
La prima edizione fu vinta da Mike Spence su Lotus ed ebbe un considerevole successo di pubblico, anche grazie al meraviglioso tracciato che la ospitava. Il circuito di Brands Hatch, infatti, è tutt'ora conosciuto come uno dei circuiti più tecnici della Gran Bretagna: costruito in un anfiteatro naturale, esso presenta diversi cambi di pendenza che permettono allo spettatore una visuale di buona parte della pista.
Dopo aver percorso il Brabham Straight, le vetture affrontavano la Paddock Hill Bend, una curva a destra in pendenza, unica al mondo. Le monoposto successivamente risalivano sul rettifilo della Hailwood Hill per entrare poi nel tornante a destra, denominato Druids Bend, e scendere nuovamente verso la Graham Hill Bend. A questo punto, si affrontava il Cooper Straight, parallelo ai box, per poi immettersi nella salita della curva Surtees, quindi il Pilgrim's Drop e la nuova discesa verso la Hawthorn Hill. Altro cambio di pendenza per una curva in salita a destra (Hawthorn Bend) e il rettilineo Derek Minter Straight, per poi rientrare a destra nella Westfield Bend e nelle successive pieghe a destra, la Dingle Dell e la Sheene Curve. Le monoposto affrontano quindi il tratto finale del circuito, che presentavano una curva secca a sinistra, la Stirling Bend, il rettilineo Clearways, ed il curvone finale, ribattezzato Clark Curve.
Dopo che nel 1966 il circuito di Brands Hatch tornò nuovamente a ospitare il Gran Premio di Gran Bretagna (iniziando un'alternanza con Silverstone che sarebbe proseguita sino al 1986), nel 1967 venne organizzata la seconda edizione della Race of Champions. La gara fu vinta in quell'occasione da Dan Gurney sulla Eagle M1, mentre l’appuntamento dell’anno seguente fu letteralmente dominato da Bruce Mclaren sulla sua Mclaren Cosworth.
Le due successive edizioni (1969 e 1970) furono entrambe vinte da Jackie Stewart: la prima su una Matra-Cosworth e la seconda sulla March 701, precedendo sul traguardo Rindt e Hulme. La gara del 1971 vide la prima vittoria della Ferrari alla Race of Champions ed il primo successo, seppur in una gara non valida per il campionato del mondo di Formula 1, del pilota svizzero Clay Regazzoni, il quale ebbe la meglio nei confronti di Stewart e Surtees.
L’edizione del 1972 non vide al via solo le vetture di Formula 1, ma anche monoposto di Formula 5000, con la gara che fu ritenuta valida per il campionato britannico di tale categoria. La prova fu vinta da Emerson Fittipaldi su Lotus, mentre Alan Rollinson sulla sua Lola Chevrolet fu il primo pilota della Formula 5000 a giungere sul traguardo, staccato di un giro dal brasiliano.
Anche nell’anno seguente la Race of Champions ospitò le vetture di entrambe le categorie: a vincere la gara fu Peter Gethin su una Chevron-Chevrolet, proprio una vettura di Formula 5000.
Come nelle due edizioni precedenti, anche il 1974 fu caratterizzato dalla partecipazione sia di monoposto di Formula 1 che di Formula 5000. Questa fu anche la prima gara a cui prese parte la scuderia britannica Lyncar, fondata da Martin Slater su richiesta di John Nicholson, pilota e preparatore dei motori Cosworth Ford, la quale partecipò solamente alle edizioni del 1974 e del 1975 del Gran Premio di Gran Bretagna di Formula 1. La gara fu vinta da Jacky Ickx su Lotus, mentre la prima a piazzarsi tra le Formula 5000 fu la Lola-Chevrolet di Ian Ashley.
L’edizione del 1975 fu caratterizzata da un clima decisamente invernale, con tanto di pioggia, vento e neve, che mise in difficoltà sia i team, i quali erano indecisi sul tipo di gomme da utilizzare in una gara con simili condizioni, sia gli organizzatori che decisero di posticipare la partenza. La gara fu vinta da Tom Pryce, grazie alla scelta azzeccata di montare gli pneumatici slick e dal fatto che Jody Scheckter si ritirò con il motore rotto al 26° giro; il primo classificato delle quattro vetture di F.5000 presenti fu invece David Purley. In seguito all’incidente, occorso nel primo giro tra la vettura di Formula 1 di Jochen Mass e quella di Formula 5000 di Tom Belso, gli organizzatori decisero di vietare corse con la presenza contemporanea di entrambe le monoposto.
Nel 1976, in occasione della Race of Champions, la Ferrari portò al debutto la 312 T2, modello schierato dalla Scuderia Everest gestita da Giancarlo Minardi; nel giro di formazione, però, il pilota Giancarlo Martini uscì di pista e distrusse la macchina, non potendo così prendere parte alla gara. In quest'occasione, inoltre, fece il proprio debutto la scuderia RAM, che schierò in tale circostanza due Brabham private guidate da Loris Kessel e Patrick Nève. La gara fu vinta da James Hunt su Mclaren, dopo un sorpasso ai danni di Alan Jones durante il 21° giro. Vittorio Brambilla, partito in ultima posizione, fu autore di una bella rimonta, agevolata però da una partenza anticipata che gli costò un minuto di penalità; ciò comunque non gli impedì di concludere la gara in quarta posizione.
La vigilia dell'edizione 1977 fu funestata dalla notizia della morte del pilota Carlos Pace (primo brasiliano a vincere una gara in Formula 1) in seguito ad un incidente aereo avvenuto il 18 marzo. In questa gara la Hesketh portò al debutto la 308, così come la BRM fece esordire la P20, mentre si trattò della prima gara cui prese parte la LEC, scuderia fondata da David Purley che schierava la CRP1. La corsa fu nuovamente vinta da James Hunt dopo che Mario Andretti, in testa per 33 giri, si ritirò per un guasto al motore, consegnando la vittoria nelle mani del campione del mondo 1976.
L’edizione del 1978 non si svolse in quanto, come accaduto nel 1966, il circuito di Brands Hatch diede priorità all'organizzazione del Gran Premio di Gran Bretagna.
L’anno dopo la gara, che era stata inizialmente programmata per il 18 marzo, fu spostata a causa del maltempo al 15 aprile. Durante le prove la Lotus provò il nuovo modello 80, mentre la Ferrari decise di schierare la 312 T3, già sostituita nel campionato dalla T4; inoltre fu schierata la Chevron B41, una vettura che non avrebbe mai partecipato a corse iridate. A questa edizione parteciparono anche le vetture del Campionato di Formula Aurora, una categoria nella quale venivano schierate monoposto delle passate stagioni di Formula 1. La gara fu vinta da Gilles Villeneuve su Ferrari, davanti a Piquet e Andretti; per quanto riguarda le Formula Aurora, il successo venne conquistato da Guy Edwards, mentre il campione di motociclismo Giacomo Agostini chiuse al quinto posto.
Dopo questa edizione, ci furono tre anni di interruzione (dal 1980 al 1982), fino a quando la Race of Champions tornò per quella che sarebbe stata l'ultima gara della sua breve storia. In questa occasione non parteciparono né le vetture di Formula 5000 né quelle di Formula Aurora. Alla gara presero parte 13 piloti: fu il debutto della scuderia britannica Spirit al suo esordio nel campionato di Formula 1. La prova fu vinta da Keke Rosberg su Williams, il quale partì dalla pole position e condusse la gara fino al traguardo.
Dopo l’edizione 1983, la Race of Champions sparì per sempre. Una gara in cui non c’erano punti iridati in palio per la conquista del titolo, ma che si disputava solo per la voglia di correre e magari vincere una competizione misurandosi con le monoposto di una Formula 1. Un appuntamento che faceva sentire il pilota libero di correre, senza strategie o ordini di scuderia, ma solo con la sua passione e la sua voglia di primeggiare.
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