A 10 giorni dalla debacle di Monza, Ferrari rompe gli indugi e annuncia l'addio a Kimi Raikkonen e l'arrivo di Charles Leclerc a partire dalla prossima stagione. Con questa mossa, ormai ampiamente annunciata, la squadra prosegue così nel solco tracciato da Sergio Marchionne e onora la sua memoria portando a termine questa operazione per la quale l'ex presidente aveva dato il via libera mesi fa. La promozione di Leclerc rappresenta uno spartiacque nella storia del team: l'ingaggio di un giovane con una sola stagione di Formula 1 alle spalle non è certo nel Dna della Scuderia e parecchio si discosta dal modus operandi della Ges. L'impazienza di promuovere un giovane, un campione predestinato, è la mossa per iniziare un nuovo corso e valorizzare un talento membro della Driver Academy. Un'occasione unica per Leclerc e per la squadra per mostrare la bontà della propria fucina di talenti e rispondere alle altre scuderie che fanno debuttare giovani con regolarità, ma al tempo stesso anche di dimostrare che il modello Verstappen può essere replicato.

Il valore simbolico e la pressione che la tuta rossa porta con sé non hanno eguali e la sfida per il ventenne monegasco sarà monumentale. L'indiscusso talento e l'istinto innato potranno aiutarlo, ma solo la pista e il confronto diretto con Vettel potranno dare delle vere risposte. Perchè andare più forte di Ericcson in Sauber e correre senza pressione addosso è ben altra cosa rispetto al fatto di avere come compagno di box un quattro volte campione del mondo come Vettel. Anzi, se al tedesco dovesse sfuggire anche in questo 2018 la conquista del titolo, gli equilibri interni al team si farebbero subito incredibilmente tesi. Sa da un lato si lascia andar via un campione del mondo ormai a fine carriera come Raikkonen (che garantiva la necessaria stabilità all'interno del team) e si fa entrare un giovane di talento, predestinato ad essere il campione del futuro, s'impone la necessità di lasciarlo correre e crescere libero da ordini di scuderia e timori reverenziali.   

Per il finlandese è confermato invece il ritorno alle origini con il passaggio in Sauber con cui debuttò chiudendo a punti (6°) in Australia nel 2001. Dopo otto stagioni passate alla guida della Ferrari e a 39 anni suonati, Kimi proprio non accetta il pensionamento: correrà infatti con il team svizzero per altre due stagioni, diventando al tempo stesso ambasciatore della squadra. Un gesto di amore per lo sport, di passione per le corse, di totale dedizione al mondo del motorsport e di rispetto verso l'esperienza che ancora può portare ad una squadra come la Sauber in termini di capacità di sviluppo e di mentoring con un compagno di squadra più giovane. 

In questo scambio di sedili resta da ancora da definire il ruolo di Antonio Giovinazzi, del quale lo stesso Marchionne aveva una grande considerazione ma che ancora non ha trovato lo spazio che merita come pilota ufficiale. Inutile negarlo: ad Antonio il ruolo di terzo pilota va ormai stretto, anche se le porte per lui non sono del tutto chiuse. Visti gli stretti legami di Ferrari con Sauber ed Haas, è auspicabile che un sedile rimasto libero possa essere occupato dal 24enne pugliese, ormai pronto e meritevole di un ruolo da titolare fisso. 

Stefano De Nicolo'