Mohammed Ben Sulayem e Christian Horner
Credits: Red Bull Content Pool

È stata una settimana a suo modo storica per la F1: l’arrivo di Lewis Hamilton a Maranello, le sue prime immagini in rosso e i primi giri a Fiorano hanno calamitato l’attenzione di praticamente tutti gli addetti ai lavori. In tutto ciò, però, la Federazione Internazionale, forse approfittando della “distrazione” della maggior parte dei media, ha reso pubblico un documento con il quale ha indicato quali saranno le sanzioni per i piloti che, in occasioni ufficiali, dovessero utilizzare un linguaggio improprio. Un giro di vite che farà discutere, e che lascia intendere come, nei palazzi di Place de la Concorde, si badi molto di più alla forma che alla sostanza delle cose. 

Dalle multe salatissime alla sospensione

L’argomento delle parolacce in F1 era diventato di primario interesse nella seconda metà del 2024, quando Mohammed Ben Sulayem si era scagliato contro il loro utilizzo nei team radio e nelle interviste. Addirittura, a Max Verstappen furono assegnati i lavori socialmente utili come punizione per aver usato una f-word durante la press conference a Singapore. Per tutta risposta, l’olandese aveva messo in piedi una conferenza stampa personale nel paddock, fuori dal complex della FIA, ed aveva avuto l’appoggio pressoché totale dei colleghi e della GPDA, anche se questo si era in realtà limitato ad un post sui social. 

Credits: Red Bull Content Pool

Oggi, la Federazione ha deciso di dare un deciso giro di vite alla situazione, pubblicando una nuova appendice al Codice Sportivo Internazionale che sottolinea quelle che sono le possibili sanzioni in caso di utilizzo di “parole, comportamenti o atti scritti possano causare danni morali alla FIA, alle sue istituzioni o ai suoi rappresentanti esecutivi, o più in generale gli interessi del motorsport e dei valori difesi dalla FIA”. Si parte da una base di 40.000 euro come prima “punizione”, fino ad arrivare a 120.000 e addirittura un mese di sospensione e al possibile taglio di punti in campionato in caso di violazione reiterata per almeno tre volte. 

Misure che appaiono quantomeno draconiane, per non dire esagerate nella forma e nella sostanza. Nel documento si spiega che “lo scopo di questa nuova appendice è fornire indicazioni chiare ai commissari in relazione alle sanzioni per la violazione di specifici articoli del Codice di condotta internazionale. In questo modo, la FIA mira a garantire che le sanzioni siano applicate in modo uniforme e trasparente”. 

Ben Sulayem e i piloti: un rapporto complicato

La realtà che sembra emergere da questa nuova disposizione è che ci siano due tematiche fondamentali da tenere in considerazione. In primo luogo, il presidente Ben Sulayem ha voluto rimarcare ancora una volta la propria leadership, andando a picchiare duro su uno dei temi che più di tutti gli sta a cuore. Il voler essere di esempio, di riferimento per le nuove generazioni, e quindi volere un linguaggio pulito, è qualcosa che da diverso tempo sentiamo e leggiamo nelle sue dichiarazioni di intenti. Da quello che è trapelato, però, il voto sarebbe stato effettuato on line, senza un vero e proprio dibattito e senza interpellare nessuno degli attori coinvolti. Una decisione che non è certo piaciuta a nessuno, e che potrebbe aver creato malumori anche interni allo stesso organo dirigenziale della FIA. La mancanza di dialogo, in questo senso, è preoccupante, ma rappresenta una cifra caratteristica di questi anni, e sta creando sempre più problemi alla stessa Federazione, non solo in ambito F1.

 Il presidente, come esempio a suo favore, ha citato tanti esempi, tra cui altri sport e entità come NFL e FIFA, che hanno adottato negli anni misure similari. È proprio qui, però, che si va ad incastrare il secondo tema, che è drammaticamente importante al momento. In tutti gli altri casi sportivi, infatti, la ricerca di un linguaggio più controllato e meno colorito è arrivata al culmine di un percorso condiviso tra l’ente “governativo”, chiamiamolo così, e le associazioni a cui fanno riferimento i protagonisti in campo. Qui, invece, non c’è stata nessuna collaborazione, anzi. All’apertura della GPDA è arrivata la risposta glaciale del Presidente. 

Mi dispiace, ma non sono affari loro. Con tutto il dovuto rispetto, sono anche io un pilota, e perciò so di cosa parlo. Rispetto tutti i piloti, ma loro devono concentrarsi su quello che sanno fare meglio, e cioè guidare. 

Un messaggio chiaro e tondo a tutti i protagonisti: fate il vostro lavoro e basta. A fare le regole ci pensa la FIA, sotto input del Presidente, e tutti sono tenuti a rispettarle in silenzio, senza fare troppa confusione. Non è certo una novità, nel mondo dei motori: Balestre e Mosley, in precedenza, avevano lo stesso piglio nel prendere le decisioni, e anche Jean Todt non è mai stato troppo tenero. Ma oggi, nel 2025, i tempi dovrebbero essere ben più maturi per una maggiore collaborazione tra le parti, senza giungere a questo tipo di scontri su temi che, peraltro, ben poco incidono sulla pista, almeno fino ad oggi. Invece ciò non accade, ed è un peccato, perché in questo modo si vanno poi a minare tutte quelle che potrebbero essere le basi per arrivare ad un punto di accordo sulle questioni primarie, come la definizione di regole precise per i duelli corpo a corpo o quali siano i parametri per cui un pezzo montato su una monoposto sia regolare o meno. Insomma, l’autorevolezza della FIA (e di conseguenza del presidente Ben Sulayem) è sempre meno evidente.  

In tutto ciò, ancora i regolamenti 2026, almeno per i più, restano un mistero, a dimostrazione di come la chiarezza sia solo su argomenti che con la pista poco dovrebbero avere a che fare. Con buona pace della spontaneità e del carattere dei protagonisti, sempre più costretti a rispondere a monosillabi per non incappare in sanzioni pesantissime. Potrebbero anche cancellare le press conference, a questo punto: cambierebbe veramente poco, ai fini della narrazione. 

Nicola Saglia