L'ultimo capitolo di Alboreto20 è legato all'endurance, all'America e alla Francia, contesti in cui il milanese cercò la gloria tra IMSA, Indy Racing League e Le Mans. Discipline completamente diverse per filosofia e tecnologia, nelle quali il pilota lombardo figurò bene sin dai primi passi.

Siamo a metà anni '90 e dopo aver abbandonato la Formula 1 al termine della stagione 1994 corsa con Minardi, Alboreto torna nell'endurance, contesto conosciuto grazie al contratto firmato con Lancia tra la fine del 1979 e l'inizio 1980. All'epoca lo squadrone Lancia era guidato da Cesare Fiorio e rappresentato dalle affascinanti Lancia Beta e LC1-2, tutte contraddistinte dall'iconica livrea Martini. Le gare di resistenza, dunque, non rappresentavano una novità per Alboreto, che nel 1981 vinse la 6 Ore di Watkins Glen con Riccardo Patrese nel ruolo di compagno di squadra.

1995 | ALBORETO E IL RITORNO NELLE GARE DI DURATA

Grazie a queste esperienze e chiusa definitivamente la parentesi Formula 1, Alboreto fa il suo ritorno nell'endurance con un background di riferimento. Nel 1995 il pilota lombardo corre nell'IMSA con la Ferrari 333 dello Scandia Racing Team, affiancato da Mauro Baldi e Stefan Johansson a Daytona. Nella celebre 24 Ore, prima tappa dell'anno, l'equipaggio ottiene la Pole Position ma in gara è costretto al ritiro dopo 285 giri. La seconda prova della stagione si svolge a Sebring, scenario della famosa 12 Ore, e Alboreto scende in pista insieme al confermato Baldi ed al belga Eric van de Poele.

A Sebring è di nuovo pole position, firmata da un Alboreto in forma strepitosa. La gara, invece, è funestata da un meteo inclemente e soprattutto mai costante. Tra una bandiera rossa durata mezz'ora e una pista in continua evoluzione, la Ferrari #33 chiude al 4° posto nonostante qualche difficoltà di troppo con i doppiati ed una noia al sistema di fissaggio dello pneumatico posteriore sinistro. Nonostante la sfortuna, il ritorno di Michele Alboreto nell'endurance viene considerato positivo, con l'America che sembra offrire ottimi pretesti per proseguire la carriera automobilistica.

1996 | PARENTESI INDY RACING LEAGUE E L'ESORDIO LE MANS

Chiuso il 1995, l'anno successivo inizia con la possibilità di cimentarsi nella neonata Indy Racing League, categoria creata da Tony George come avversaria della ben più famosa CART. La squadra è sempre la stessa, Scandia Motorsports, stavolta aiutata dalla collaborazione con Dick Simon Racing. Per quanto riguarda la vettura, Michele Alboreto sale a bordo della Lola T95/00 spinta dal comune Ford Cosworth XB e dotata di pneumatici Goodyear. Il primo approccio nel mondo degli ovali arriva nel novembre 1995, mese in cui Alboreto testa per la prima volta la filosofia a stelle e strisce. Una volta confermata la partecipazione alla prima gara nella storia della IRL, in programma il 27 gennaio 1996 nel caratteristico "short-track" del Walt Disney World (Florida), Alboreto si avvia verso il fine settimana di gara.

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In qualifica Michele Alboreto registra il 14° tempo al termine dei due giri messi a disposizione dal regolamento IRL, sicuramente un format radicalmente diverso rispetto a ciò a cui era abituato. La gara si sviluppa su un totale di 200 miglia, tradotte in 200 tornate ricche di insidie sia per gli esperti sia per i cosiddetti "Rookies". L'allora 39enne Alboreto approfitta della grande confusione, di ben 11 ritiri e di un passo solido e costante per risalire in classifica e chiudere la gara in 4^ posizione alle spalle di Buzz Calkins, Tony Stewart e Robbie Buhl.

L'avventura in IRL di Michele Alboreto inizia dunque molto bene, proseguendo su ottimi livelli anche nei due round successivi, gli ultimi della stagione 1996. Nel secondo appuntamento in quel di Phoenix (Dura Lube 200), il milanese è costretto a classificarsi in ultima posizione a causa di un'avaria al pompaggio del carburante. In gara Alboreto corre in difesa e chiude all'8° posto, risultato frutto di una condotta concreta e priva di rischi tangibili.

MICHELE ALBORETO E LA INDY500 

L'ultima gara stagionale è la mitica 500 Miglia di Indianapolis, nel 1996 giunta ad una 80^ edizione che definire controversa è poco. Michele Alboreto ottiene un eccellente 13° posto nel "Pole Day" di sabato 11 maggio, salendo in 12^ piazza dopo il fatale incidente occorso nelle prove del 17 maggio a Scott Brayton, autore della Pole. Il compianto Brayton viene sostituito da Danny Ongais che, partendo ultimo, permette ad Alboreto di scattare dalla quarta fila. La gara dell'italiano, purtroppo, dura solo 43 giri a causa di una noia al cambio che costringe la Lola #33 al ritiro ufficiale. Questa sarà l'unica esperienza di Michele Alboreto a Indianapolis ma non l'ultima nella IRL.

Il pilota lombardo, infatti, si iscrive sempre col Team Scandia alle prime due gare della stagione 1996-1997 della serie capitanata dal proprietario di Indianapolis Tony George. L'evento inaugurale si tiene nel New Hampshire Motor Speedway, scenario della True Value 200. In qualifica Alboreto conquista il 2° posto, confermando la propria competitività in una gara poi chiusa in 3^ posizione, a soli 20" da Scott Sharp, vincitore dell'evento.

L'ultima apparizione di Michele Alboreto nella IRL risale alla Las Vegas 500K, tenutasi il 15 settembre 1996 nel Las Vegas Motor Speedway. Dopo la strepitosa qualifica del round precedente, Alboreto fa fatica e non va oltre la 18^ piazza nei due giri di qualifica. Ciò nonostante, in gara l'italiano dimostra un gran passo e recupera fino al 5° posto, chiudendo positivamente la famosa 300 miglia di Las Vegas e la propria avventura in IRL. Dopo aver messo in mostra un ottimo adattamento negli ovali, il pilota italiano si dedicherà principalmente alle ruote coperte, in special modo diventerà protagonista nelle gare di durata.

IL RICHIAMO DELL'ENDURANCE

Il 1996 di Michele Alboreto va in archivio con la partecipazione a due gare endurance storiche. Mentre approccia l'universo Indy Racing League, il milanese torna a Sebring per la 44^ edizione della 12 Ore, corsa ancora una volta con la Ferrari 333 SP #3 del team Scandia. In squadra con il solito Mauro Baldi e l'americano Andy Evans, Alboreto parte 2° alle spalle della Ferrari 333 Momo Corse di Gianpiero Moretti, Max Papis e Didier Theys, confermando il risultato anche al termine delle 12 ore di gara. Un altro podio dunque si aggiunge alle statistiche di Alboreto nel mondo endurance, sebbene manchi ancora la vittoria.

Nello stesso anno arriva la firma con Joest Racing, famosa squadra tedesca storicamente legata a Porsche e Audi. Grazie al nuovo contratto Michele Alboreto si dirige a Le Mans per correre la 64^ edizione della 24 Ore a bordo della Porsche TWR WSC-95 #8, condivisa con Pierluigi Martini e Didier Theys. L'equipaggio firma il tempo di 3:46.682, un crono che garantisce la pole position nella maratona di La Sarthe. Purtroppo la prima 24 Ore di Le Mans nella carriera di Alboreto si chiude in anticipo a causa di un problema elettrico che costringe la Porsche LMP #8 al ritiro nel corso del 301° giro. Un'altra beffa che tuttavia porta con sé la volontà di concentrare la maggior parte degli sforzi verso l'endurance.

1997 | OBIETTIVO LE MANS

All'inizio del 1997 Michele Alboreto prefissa un solo obiettivo: vincere la 24 Ore di Le Mans. Come nell'anno precedente stipula un contratto con il prestigioso Team Joest, il quale fornisce ad Alboreto, Johansson e Tom Kristensen (al debutto a Le Mans) la TWR Porsche WSC-95 #7. La vettura è competitiva e la prova arriva dal fatto che nell'edizione 1996 abbia trionfato con Davy Jones, Alexander Wurz e Manuel Reuter. La sfida di La Sarthe unisce ancora una volta LMP e GT1, vetture caratterizzate da tecnologie diverse rese equilibrate dall'eccellente lavoro di bilanciamento operato da ACO.

Michele Alboreto può contare sull'estrema competitività della propria vettura, la migliore tra le LMP (Ferrari e Courage non tengono il passo), ma la minaccia più grande è rappresentata dalle più potenti McLaren F1 GTR (dotate del maestoso V12 BMW da 6 litri) e Porsche 911 GT1. I prototipi sono più leggeri (850 kg), meno potenti (550 CV circa) ed hanno un serbatoio più piccolo (80 litri). Le GT1 invece sfruttano più di 600 CV, pesano almeno 950 kg e possono contenere fino a 100 litri di benzina. Da questi dati si può ben capire quanto possa essere ostica la 65^ edizione della 24 Ore di Le Mans, contestualizzata in un confronto regolamentare che oggi sembra esser tornato protagonista con LMh, LMP1 e LMDh.

LE MANS '97 | IL SOGNO DIVENUTO REALTÀ

Nonostante una vettura meno potente, Michele Alboreto segna il miglior tempo in qualifica conquistando la seconda Pole Position consecutiva a La Sarthe. La gara sembra promettere bene, ma dopo la delusione del 1996 meglio mantenere un profilo basso e preparare minuziosamente il conflitto. La 24 Ore di Le Mans 1997 scatta nel primo pomeriggio di sabato 14 giugno e subito si impongono le Porsche 911 GT1 #25 e #26, nettamente più veloci nelle prime ore di gara.

Il predominio delle GT1 viene meno strada facendo, quando l'affidabilità inizia a scarseggiare. Le prime ore della mattinata, infatti, portano con sé un grande colpo di scena: qualche minuto prima delle 08:00 Bob Wollek, leader della corsa a bordo della 911 GT1 #25, esce di pista ad Arnage a causa di una noia al differenziale. Un evento questo che regala la testa della gara alla 911 #26 guidata da Yannick Dalmas, Ralf Kelleners e Emmanuel Collard, in netto vantaggio sulla TWR Porsche del nostro Michele Alboreto.

Ritirata per incidente al giro 236 la McLaren F1 GTR #42 di JJ Lehto, Nelson Piquet e Steve Soper, la lotta per la vittoria si limita allo scontro tra la Porsche 911 #26 e la TWR Porsche #7. Prima dell'inizio della penultima ora però accade l'impensabile: la Porsche #26, in quel momento pilotata da Kelleners, rallenta nella parte finale dell'infinito Hunaudières, fermandosi poco prima della staccata di Mulsanne con il V12 BMW ormai gravemente danneggiato. Ciò comporta il ritiro della squadra favorita, con Porsche che si rassegna a non vedere il traguardo con entrambe le 911. Michele Alboreto, in quel momento 2°, passa l'infuocata GT1 #26 e coglie un 1° posto che non lascerà più fino al traguardo.

Allo scadere del tempo è proprio la TWR Porsche #7 gestita da Joest e guidata da Alboreto-Johansson-Kristensen a transitare per prima sul traguardo, precedendo di un giro la McLaren F1 GTR #41 e di tre tornate la McLaren #43. Michele Alboreto ce l'ha fatta, è riuscito a vincere la 24 Ore di Le Mans al secondo anno di partecipazione, instaurando un legame ancor più profondo con le competizioni di durata. Un'immensa gioia che porterà Alboreto a lasciare un'altra significativa firma nel motorsport e a proseguire il rapporto con il binomio Joest-Porsche fino al termine del 1998.

1997 | OBIETTIVO LE MANS
press.porsche.com

1998 | TERZA VOLTA A LE MANS ED ESORDIO A ROAD ATLANTA

Michele Alboreto inizia il 1998 con la garanzia di sfidare ancora una volta il mitico Circuit de la Sarthe, scenario tra il 2 e 7 giugno della 66^ 24 Ore di Le Mans. Legato ancora a Porsche, Alboreto si ritrova a condividere l'aggiornata LMP1-98 con il confermato Stefan Johansson e la novità David Murry, giunto dagli Stati Uniti. Sin dalle prime prove si comprende il netto vantaggio delle vetture GT1: Porsche 911 GT1, Mercedes CLK-LM, Toyota GT-One e Nissan R390 GT1 si impongono ai vertici della classifica al termine delle qualifiche. I prototipi, invece, sono in difficoltà. BMW porta in pista per la prima volta la V12 LM, ma in qualifica è 6^ a 3" dalla Pole della Mercedes CLK #35. L'equipaggio #7 di Alboreto-Johansson-Murry è solo 9°, a ben 5" dal primo tempo.

Le prove e le qualifiche fanno capire le dimensioni di un'impresa quasi impossibile, con i piloti a bordo dei prototipi obbligati a sperare nei problemi d'affidabilità che nell'edizione precedente hanno attanagliato le GT1. Alle ore 14:00 di sabato 6 giugno parte una gara che per Alboreto-Johansson-Murry finisce dopo 107 giri, equivalenti a circa 8 ore dall'inizio dell'evento. A fermare l'equipaggio #7 del Team Joest è un problema elettrico, mentre la Porsche 911 GT1 #26 di Aiello-McNish-Ortelli si invola verso la vittoria.

Dopo aver archiviato una Le Mans impossibile da vincere a causa dello svantaggio tecnico, Michele Alboreto si prepara a debuttare nel fantastico circuito di Road Atlanta. La data prefissata è l'11 ottobre 1998, quando il pilota lombardo si presenta al via della 1^ edizione della Petit Le Mans al volante della Porsche LMP #77 condivisa con il solito Stefan Johansson e la novità Jörg Müller. Per circa 10 ore Alboreto ed i suoi compagni di squadra lottano per la vittoria con la Ferrari 333 SP #7 di van de Poele-Taylor-Collard, perdendo lo scontro per soli 12". Nonostante la vittoria sfiorata per pochi secondi, Michele Alboreto si conferma ancora una volta uno specialista dell'endurance, figurando bene al suo esordio nei tecnici 4.1 km di Road Atlanta.

1999 | L'INGRESSO IN AUDI, IL RITORNO A SEBRING E LA QUARTA LE MANS

Il 1999 vede Michele Alboreto proseguire la carriera nell'endurance con Joest, che da Porsche passa ad Audi. Due le gare in cui il lombardo è chiamato a rappresentare la compagine dei quattro anelli: la 12 Ore di Sebring (già corsa nel '96) e la 24 Ore di Le Mans, la quarta per Alboreto.

La stagione agonistica dell'italiano parte dalla Florida con la 47^ edizione della 12 Ore di Sebring, primo round della neonata American Le Mans Series. Michele Alboreto ha a disposizione la nuova Audi R8R, prototipo sviluppato dalla casa tedesca per imporsi nelle gare di resistenza. Alboreto è confermato insieme a Johansson mentre la novità è rappresenta da Dindo Capello. I tre piloti salgono a bordo della R8R #77 e trovano un roster di auto avversarie molto competitivo: BMW V12 LMR, Riley & Scott Mk III Judd, Ferrari 333 SP e le sempre affascinanti GT1 sono le vetture con cui confrontarsi e sin dalle qualifiche si nota come la R8R fatichi rispetto alle LMP più competitive. Alboreto-Capello-Johansson si classificano in 12^ posizione al termine della qualifica, a circa 5" dal miglior tempo stampato da Lehto-Müller-Kristensen sulla BMW #42.

Quest'ultimo equipaggio vincerà la gara, precedendo di pochi secondi la Riley & Scott MK III #20 di Leitzinger-Robinson-Weaver del Dyson Racing. A sorpresa però, a chiudere al 3° posto è l'Audi #77 del nostro Michele Alboreto, riuscito insieme a Capello e Johansson nell'impresa di portare la R8R a podio al debutto. Un risultato questo che carica in vista dell'appuntamento più importante del '99, la 24 Ore di Le Mans, quarta edizione corsa da Alboreto.

24h Le Mans 1999
AUDI AG

La 67^ edizione della maratona di La Sarthe è conosciuta ai più per gli incidenti occorsi alle Mercedes CLR tra giovedì e sabato. Nelle qualifiche di giovedì sera la CLR #4 di Mark Webber decolla poco prima di Indianapolis e la stessa dinamica coinvolge sempre l'australiano nel warm up, stavolta nel tratto di Mulsanne. Mercedes è costretta a ritirare anche la seconda auto quando al 75° giro di gara, ore 20:30, la CLR #5 di Peter Dumbreck prende il volo a Indianapolis. Per fortuna né Webber né Dumbreck rimangono pesantemente infortunati e la dipartita di Mercedes dà speranza ad Audi, pronta a combattere con le più veloci BMW V12 e Toyota GT-One.

Michele Alboreto corre con la R8R #7, la stessa di Sebring, ancora affiancato da Capello. A differenza degli anni precedenti non c'è più Stefan Johansson, sostituito per l'occasione da Laurent Aiello. L'equipaggio chiude la 24 Ore di Le Mans al 4° posto, alle spalle della R8R gemella di Biela-Theys-Pirro. La gara è vinta da BMW con la V12 ufficiale di Winkelhock-Martini-Dalmas, ma la prima Le Mans di Audi con la barchetta R8R verrà ricordata come il preludio di un dominio iniziato con il nuovo millennio.

2000 | SEBRING, LE MANS, ROAD ATLANTA: ANNO MERAVIGLIOSO

Anno nuovo stesse sfide: Michele Alboreto inizia gli anni 2000 con una triplice sfida tra Sebring, Le Mans e Road Atlanta, tutte gare corse con Audi. La stagione sportiva del pilota lombardo, ormai un riferimento assoluto nell'endurance, parte il 18 marzo a Sebring, sede della 48^ 12 Ore. Alboreto, Capello e McNish hanno a disposizione la micidiale Audi R8, la stessa auto guidata da Biela-Pirro-Kristensen. La prima gara del nuovo prototipo made in Ingolstadt viene dominata, con le sole BMW V12 a rendere il tutto meno scontato a Sebring. Dopo 12 ore e 2 minuti Biela-Pirro-Kristensen trionfano sulla R8 #77 e Alboreto-McNish-Capello completano la doppietta tedesca, giungendo sul traguardo a circa 40" dalla vettura vincitrice. Per Alboreto questo 2° posto si traduce nel terzo podio a Sebring, risultato che lo lancia con grande carica verso giugno, verso Le Mans.

Si giunge nel dipartimento di La Sarthe il 14 giugno 2000 e sin dalle prime prove si intuisce quanto forte sia la R8. Tre sono le LMP900 assemblate dal Team Joest e Michele Alboreto fa parte dell'equipaggio #7 insieme a Dindo Capello e Christian Abt. La pole position va nelle mani di McNish-Ortelli-Aiello sulla R8 #9, più rapida della #8 di Biela-Pirro-Kristensen mentre Alboreto si qualifica in 3^ piazza. L'inedito e straordinario sistema di iniezione FSI aiuta i piloti a bordo della R8 a consumare meno benzina e proporzionalmente allungare gli stint.

La gara viene letteralmente dominata da Audi, con le tre R8 a comandare ogni giro ad eccezione della finestra compresa tra la 10^ e la 16^ tornata, quando la Panoz LMP #11 sale al comando per il valzer dei pit stop. La 24 Ore si chiude al giro 368, quando l'Audi #8 transita per prima sotto la bandiera a scacchi. Completano il podio la #9 e la #7 del nostro Alboreto, che sale sul podio di Le Mans per la seconda volta in carriera dopo la vittoria del '97.

PETIT LE MANS | CHIUSURA IN BELLEZZA A ROAD ATLANTA

Michele Alboreto a bordo della R8 #77 a Road Atlanta
AUDI AG

L'ultimo appuntamento del 2000 riporta Michele Alboreto in Georgia, nel tracciato di Road Atlanta. La 3^ edizione della Petit Le Mans rappresenta il nono round dell'ALMS e per chiudere l'anno in bellezza si punta al successo. Alboreto è chiamato a rappresentare la sezione North America di Audi con la R8 #77, guidata insieme ad Allan McNish e Dindo Capello. Il fine settimana di Road Atlanta è strepitoso: Alboreto-McNish-Capello ottengono la pole battendo di mezzo secondo l'auto gemella #78 di Biela-Kristensen-Pirro, campioni a Le Mans tre mesi prima. In gara non ci sono rivali, tant'è che la R8 #77 rimane quasi sempre al comando della classifica, correndo verso un successo che arriva dopo 9 ore e 8 minuti di gara.

Con la vittoria della Petit Le Mans, Alboreto chiude un 2000 straordinario. Tre gare, ognuna chiusa a podio ed un legame sempre più stretto con l'endurance e Audi. Il pilota milanese, giunto a 43 anni, ha trovato una dimensione perfetta nella quale dimostrare le proprie caratteristiche, perfettamente in linea con i requisiti delle gare di resistenza. Tuttavia manca un tassello fondamentale: Alboreto non ha ancora vinto la 12 Ore di Sebring, ma non dovrà aspettare troppo tempo per conseguire tale obiettivo.

2001 | LA VITTORIA A SEBRING: IL SALUTO DEL PILOTA GENTILUOMO

Dopo un 2000 ricco di soddisfazioni, per Michele Alboreto arriva un 2001 all'insegna della continuità. Per il terzo anno consecutivo corre con Audi, ancora al volante della magica R8 LMP, e la preparazione in vista di Le Mans include la 12 Ore di Sebring. Per Alboreto si tratta della quarta partecipazione alla classica americana e dopo tre podi la speranza è quella di vincere a Sebring per arricchire il già importante palmarès.

La gara si svolge a marzo come da tradizione e la bandiera verde è prevista per sabato 17. Il paddock dell'ALMS, pronto al primo round stagionale, viene frastornato dalla morte di Bob Wollek (vincitore di quattro 24 Ore di Le Mans) coinvolto in un incidente stradale mentre stava raggiungendo la propria abitazione in bicicletta. Addetti ai lavori e piloti sono ovviamente scossi, ma l'evento prosegue e come al solito Audi si impone su tutto il gruppo. Quattro sono le R8 presenti in pista, due del team North America, una di Champion Racing e un'altra del Johansson Motorsport, squadra fondata dal pilota svedese.

In qualifica l'auto più rapida è la R8 #2 di Biela-Pirro-Kristensen, davanti alla #1 di Alboreto-Capello-Aiello. Per tutti i 370 giri di gara le due R8 ufficiali si sfidano, in una battaglia che vede alternarsi continuamente al comando della classifica le R8 #1 e #2. All'inizio dell'ultimo stint è l'equipaggio composto da Michele Alboreto, Laurent Aiello e Dindo Capello a svettare, e il 1° posto viene saldamente mantenuto dal 351° al 370° passaggio. I due equipaggi raggiungo il traguardo in parata, simboleggiando un dominio inarrestabile e dimostrando la forza di una squadra rimasta nella leggenda dell'endurance. Sul podio di Sebring Michele Alboreto festeggia insieme a Dindo Capello, che alza la coppa al centro, e Laurent Aiello, mentre al suo fianco Biela, Pirro e Kristensen applaudono consapevoli di far parte di un team unico.

2001 | LA VITTORIA A SEBRING: IL SALUTO DEL PILOTA GENTILUOMO
AUDI AG

Michele Alboreto ha appena portato a casa un'altra vittoria, l'ennesima della sua carriera, testimoniando un talento e una passione per le competizioni sparso in ogni categoria motoristica. Ed è con il successo di Sebring che il Pilota Gentiluomo si erge a rappresentante dell'Italia dell'endurance, unito a figure del calibro di Michele Pirro e Dindo Capello.

Ha vinto con Lancia prima di arrivare in F1, ha ottenuto podi in una categoria ostica come la IRL e ha trionfato con Porsche/Audi tra la fine degli anni '90 e l'inizio del nuovo millennio. Nella vita di un uomo come Michele Alboreto c'è tutto, a partire dalla costante voglia di correre, anche affrontando situazioni del tutto inusuali, spinto dalla competizioni e dalla passione per i motori.

Purtroppo, dopo quell'emozionante successo a Sebring, arriva il 25 aprile 2001. Quaranta giorni dopo la vittoria in Florida, Michele Alboreto si trova nel circuito tedesco del Lausitzring. Sta provando con il Team Joest la configurazione a basso carico aerodinamico dell'Audi R8, auto con la quale vuole vincere la seconda 24 Ore di Le Mans. Una lenta foratura allo pneumatico posteriore sinistro spedisce la vettura verso una recinzione, facendola volare per molti metri. Un incidente rivelatosi poi fatale; un colpo durissimo che portò via all'improvviso un uomo ed un pilota che rese e rende tutt'oggi profondamente orgogliosa l'Italia dei motori.

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Matteo Pittaccio

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