WTCR | L’intervista, Fabrizio Giovanardi: “Il Turismo è una categoria che va salvaguardata!”
Durante il Trofeo Nappi abbiamo avuto l’occasione di incontrare Fabrizio Giovanardi presente sul Circuito del Sele in qualità di padrino d’eccezione per il Trofeo Plus. Come nel suo stile, "Piedone" non si è limitato solamente a fare una profonda analisi sulla sua stagione appena conclusa e su cosa non ha funzionato con la Giulietta By Romeo Ferraris, ma ha anche fatto un pronostico su cosa potrà accadere nell’imminente stagione del WTCR, e nel mondo delle vetture Turismo.
Il 2018 ha segnato per te il ritorno sul grande palcoscenico del Mondiale Turismo: come valuti la stagione? “L’idea iniziale era quella di tornare in mezzo ai grandi dell’automobilismo, è chiaro che le difficoltà nel rientro sono state maggiori perché, oltre alla lunga pausa, mi sono isolato andando a correre in Inghilterra nel BTCC.È chiaro che io sono entrato con i migliori propositi ma alle spalle non avevo il supporto ufficiale dell’Alfa Romeo, più che altro economico, mentre gli altri hanno fatto investimenti più importanti. Gigi Ferrara ha avuto la fortuna/sfortuna di sostituirmi nelle ultime gare ma i risultati non sono cambiati: perché si sono ripresentati i problemi cronici sulla Giulietta e fra Cina e Giappone erano impossibili da risolvere.
Io ho deciso di alzare le mani, perché penso che ognuno si pone i suoi obiettivi, quando questi non collimano con l’altra metà non si va da nessuna parte. Sono stato abituato ad essere protagonista in pista e fuori, ad essere coinvolto nello sviluppo della macchina, ma quando non si hanno obiettivi comuni diventa tutto più difficile.
Tant’è che nel 2014, quando feci l’ultima stagione nel campionato inglese, per me non c’erano più i presupposti per correre, non aveva senso accanirsi e voler correre a tutti i costi non essendosi più case automobilistiche direttamente interessate.”
Un ritorno abbastanza tribolato e difficile quindi? “Il fatto di essere tornato a far parte del Mondiale mi ha fatto ben sperare di poter tornare a lottare, è chiaro che tutto il campionato era in una fase ancora embrionale: l’obiettivo era di calmierare i costi rispetto al WTCC e all’inizio ci sono riusciti.
Ora con la Hyundai che ha fatto un grosso investimento rispetto a tutti gli altri e l’arrivo in pompa magna della Geely l’asticella dei valori in campo si alzerà nettamente. La situazione può sfuggire nuovamente di mano, è del tutto naturale quando c’è l’interesse dei costruttori che partecipano per vincere.”
Quindi per i piccoli team privati non c’è storia? “Va da se che i team realmente privati avranno difficoltà, c’è il BoP (Balance of Performance) che cerca di equilibrare la situazione e accontenta un po’ tutti facendo vincere tutti i marchi, ma scorrendo la classifica finale del 2018 in testa c’era la Hyundai il costruttore che ha investito di più.
Quest’anno si alzerà ulteriormente il livello: la Hyundai non vuole perdere, la Honda vuole rifarsi e la Geely vuole subito vincere, considerando che per ogni marchio ci saranno quattro vetture, direi che almeno i primi otto posti ad ogni gara siano già prenotati!”
Come mai il ritorno nel WTCR e non magari nella TCR Europe? “Perché non avevo bisogno di ricominciare da capo: non avrebbe avuto senso, con quello che ho vinto, ricominciare dal campionato italiano. Il mio obiettivo era quello di tornare ad alti livelli e solamente quello!”
Che effetto ti ha fatto vedere Tarquini vincere il Mondiale? “Mi ha reso orgoglioso: Tarquini è stato un mio compagno di squadra, abbiamo vinto tanto entrambi, siamo professionisti e l’abbiamo dimostrato, non può farmi altro che piacere. Vuol dire che la scuola di vecchio stampo paga ancora.”
Di contro però la filiera italiana dei giovani impegnati nella categoria Turismo sembra desolatamente vuota… “Mancano i giovani perché mancano i fondi, gli interessi e soprattutto i costruttori, poi sappiamo tutti delle difficoltà economiche generali e di quanto costa il Motorpsort. Le gare sono belle ma servono i soldi: è giusto che ci siano campionati propedeutici, ma poi ci vorrebbe l’appoggio e l’interesse di una casa costruttrice, come l’abbiamo avuto noi a nostro tempo, che ti fa fare il salto nel professionismo.
Oggi purtroppo le strategia delle case sono cambiate perché l’interesse dei giovani è cambiato: il vero appassionato delle corse non c’è più come qualche anno fa; oggi c’è l’appassionato della macchina iperconnessa, non c’è più una logica o connessione con l’automobile e il mondo delle corse. Poi ovviamente nei vertici aziendali ci vuole un appassionato di corse per investire.”
Come valuti il progetto TCR, in vista del successo a livello internazionale che sta ottenendo? “Il progetto ha un senso ma, purtroppo, sta già scappando di mano considerando che la TCR segue le categorie nazionali e l’europeo mentre il WTCR è sotto l’insegne della FIA, i costruttori ne approfittano cercando le scappatoie fra i due regolamenti.”
La nostra filosofia, italiana ed europea, è quella di curare i propri interessi, mentre in Inghilterra le case si aiutano a vicenda, magari indirettamente, ma con lo scopo di creare maggiore interesse per il Motorpsort; i circuiti sono sempre pieni di spettatori a prescindere dalle categorie che scendono in pista.
Per esempio il regolamento BTCC è molto furbo: le case non investivano più e si è deciso di creare i presupposti per cui ogni vettura possa diventare competitiva creando quasi un monomarca.”
Com'è cambiato il WTCR rispetto al WTCC in cui hai militato con l’Alfa Romeo 156 S2000? “Sono cambiate le vetture: all’epoca si facevano macchine da corsa vere dove il limite era ci sto o vado a muro; oggi è tutto più blando e filtrato, certo gioca ancora un ruolo determinante l’esperienza, ma oggi è tutto troppo digitale.”
Il mondo del Motorpsort è in continuo fermento: il WEC sta ridefinendo il regolamento Hypercar al quale vuole partecipare anche la Scuderia Glickenhaus che tu conosci bene visto che per loro hai corso anche la 24 Ore del Nurburgring… “Un’esperienza interessante, sono gare giocate sulla strategia, poi la Glickenhaus era una macchina fuori dal coro non eravamo in concorrenza diretta con le GT3, l’obiettivo era di portare in fondo la vettura.
La pista è pericolosissima, non per la difficoltà delle curve ma per via della variabilità delle condizioni atmosferiche, poi soprattutto se affrontata con le GT; tutt’altra storia con le TCR, molto più lente, dove nei rettilinei puoi quasi rilassarti. Ci sono circuiti più corti molto più difficili da imparare per complessità: Gianni Morbidelli l’ha vista per la prima volta e, a parità di macchina, eravamo a solo un decimo di distacco.
A mio avviso non ha neanche senso fare una gara del WTCR così corta sulla Nordschleife, piuttosto sarebbe interessante fare una mini-endurance sulla scia del V8 Australiano magari chiamando delle Wild Card da affiancare ai piloti titolari.”
Sei qui come padrino del progetto Trofeo Plus, cosa te ne pare? “È un campionato interessante con una formula giusta: con un prezzo ragionevole riesci a correre; la vettura non è potente ma per andare forte devi essere pulito e aguzzare l’ingegno. Come trampolino di partenza è ottimo e poi toccherà al pilota fare la differenza.”
Per quanto riguarda il tuo ritorno alle competizioni? “La vedo dura: le case che investono su piloti professionisti sono poche e i loro schieramenti sono già delineati. Alla mia età non si ha più voglia di perdere tempo: o si parla di cose concrete o è l’esperienza a dirti di lasciar stare.”
Michele Montesano