F1 | Quattro Direttori di Gara in quattro anni: una situazione insostenibile
Con l'addio di Wittich avremo l'ennesimo avvicendamento al comando della Race Direction in una categoria alla disperata ricerca di credibilità
Che tra il Direttore di Gara Niels Wittich e il resto del paddock F1, a partire dai piloti, non corresse buon sangue, era evidente già da tempo. Negli ultimi mesi, poi, la situazione è evidentemente andata sempre più deteriorandosi, tanto che il tedesco è arrivato a rassegnare le proprie dimissioni ancor prima della fine della stagione, lasciando il posto al portoghese Rui Marques. Quello che però lascia perplessi è che la massima serie si troverà a dover fare i conti con il quarto Race Director in altrettante stagioni. Una situazione che difficilmente può portare a risolvere i problemi più volte evidenziati dai piloti stessi sulla gestione delle gare, con conseguente credibilità del Circus ancora una volta messa in discussione.
Lo scossone post Abu-Dhabi 2021 alla base di tutto
C’erano una volta il 2021, il Gran Premio di Abu Dhabi e soprattutto lui: Michael Masi. Il Direttore di Gara australiano, che aveva preso le redini della situazione dopo la prematura dipartita del suo mentore Charlie Whiting, si è trovato a dover affrontare in quella stagione una situazione esplosiva, con il duello Verstappen-Hamilton e due team come Red Bull e Mercedes a mettere pressione da ogni direzione. Quello che è successo lo sappiamo tutti, inutile rivangare il passato. Fatto sta che ancora oggi il buon Toto Wolff ritiene che Masi stesso sia stata la causa della sconfitta di Lewis, e all’epoca fece tutto quello che era in suo potere e anche di più per farlo licenziare, riuscendoci.
Al posto dell’australiano, ecco che arrivarono Niels Wittich e Eduardo Freitas, che si alternarono alla postazione di comando dei GP di F1 fino al GP del Giappone 2022. I dubbi erano tanti sin dall’inizio; innanzitutto perché una doppia gestionenon avrebbe certo portato ad una univocità di vedute sulle situazioni di gara. In secondo luogo, il tedesco proveniva dal chiacchierato finale di stagione DTM 2021, quando permise a Kelvin Van der Linde di fare di tutto e di più in pista, mettendo fuori gara deliberatamente Liam Lawson e altri piloti, senza prendere nessuna decisione in merito. Insomma, non un inizio promettente.
A Suzuka, poi, il portoghese (la cui gestione già a Monte Carlo aveva lasciato qualche dubbio) mandò in pista i mezzi di soccorso appena esposta la bandiera rossa sotto la pioggia battente, con le vetture che ancora giravano in pista. Pierre Gasly si trovò una gru in faccia all’uscita del tornantino, evitandola per pochi centimetri. Un episodio gravissimo, peraltro sulla pista che otto anni prima si era portata via Jules Bianchi, e che decretò in pratica la fine dell’esperienza di Freitas in F1. Tutto nelle mani di Wittich, dunque, che non è mai riuscito ad entrare in sintonia con piloti e team.
Dalle parolacce alle bandiere rosse di Interlagos
Che fra il tedesco e i protagonisti in pista non scorresse buon sangue era chiaro da tempo. Intendiamoci, non che avesse sempre torto: la querelle sull’abbigliamento intimo e gli orecchini messa su da Hamilton ne è un esempio. In tutti gli sport esiste un codice d’abbigliamento, soprattutto per la sicurezza, perché la F1 dovrebbe fare eccezione? Casomai, il problema fu, anche all’epoca, l’incapacità da parte di Niels Wittich (e della Federazione) di instaurare un dialogo costruttivo tra le parti, e quello che è successo in questo 2024 ne è la dimostrazione plastica. I modi del tedesco alla “qui comando io” non piacciono a nessuno, tranne che, probabilmente, al presidente Ben Sulayem.
Il “caso parolacce” a Singapore ha evidentemente lasciato un segno profondo, con la FIA e la Direzione Gara a fare veramente una magra figura, soprattutto dopo il duro comunicato rilasciato (con colpevole ritardo) dalla Grand Prix Drivers Association. A ciò si sono aggiunte le penalità date e non date, le bandiere rosse, le situazioni di gara risolte in maniere discutibili; tutte casistiche che hanno dato origine alla tempesta perfetta.
Un’altra pedina che cade nella guerra FIA-Liberty, dove perdono tutti
Le dimissioni del Direttore di Gara arrivano in un momento complicato, in cui cova ancora il dualismo tra Federazione e Promoter, anche se in una fase di stallo. L’allontanamento del tedesco potrebbe in qualche modo essere una sorta di “merce di scambio” tra la FIA stessa e piloti, una sorta di tentativo di riappacificazione tra autorità e attori in pista. Vedremo presto quali saranno gli effetti, e soprattutto se chi lo sostituirà sarà all’altezza della situazione. Appare però evidente come si sia arrivati ad un punto di non ritorno, in cui manca una certa dose di autorevolezza da parte di chi dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto.
Ed è proprio questo uno dei grandi mali di questa F1. Chi governa lo sport, e non certo solo la FIA, manca di autorità nei confronti in primo luogo degli attori principali, e di conseguenza anche del pubblico. Quattro direttori in quattro anni: come si può pensare di avere univocità e unidirezionalità nelle decisioni prese in pista, agendo in questo modo?
Occorre ripensare al ruolo della Federazione, dell’autorità giuridica e sportiva, per il bene stesso della F1 e del motorsport. Per farlo, però, bisogna assolutamente ritornare ad un clima più consono, in cui gli interessi extra sportivi passino in secondo piano in ognuna delle parti in causa. La nostra probabilmente è pura utopia; peccato, perché a rimetterci è sempre la F1, e di conseguenza tutti noi.
Nicola Saglia