Eddie Irvine F399 Ferrari F1
Credits: Wikipedia, Paul Lannuier from Sussex, NJ, USA

Neanche troppo tempo fa Ferrari aveva "messo in pista" una strategia legata all'identità del brand centrata sull'hashtag #EssereFerrari, slogan stampato sulle carrozzerie delle monoposto di F1 e cucito su buona parte del merchandise "vestibile" della Scuderia di Maranello.

Per quanto l'intento non dichiarato fosse quello di ricucire in qualche maniera la distanza (social) con i propri tifosi (e, in ultima analisi, cercare di…piazzare la propria mercanzia) la locuzione "essere Ferrari" sottende il concetto più profondo per cui il vero tifo per la Rossa, scuderia da sempre in F1, passi per un mistero della fede fatto di date ed eventi, la cui memoria è piuttosto viva, soprattutto nei tifosi più âgée che hanno vissuto (per dirne una) gli Anni Novanta.

GP Europa 1999

Come dimenticare, quindi, risultati mancati tipo il GP d'Italia del 1995 o eventi più articolati, come il GP d'Europa del 1999 corso al Nurburgring, gara disputata il 26 settembre 1999, ovvero venticinque anni fa oggi?

Al via della gara sul suolo tedesco, la matematica lasciava aperta la corsa per il Mondiale a quattro piloti: Mika Hakkinen su McLaren, Eddie Irvine su Ferrari, Heinz-Harald Frentzen su Jordan e David Coulthard su McLaren. I due sui quali si focalizzava di più l'attenzione del pubblico erano Hakkinen ed Irvine, alfieri dell'ennesima sfida McLaren contro Ferrari, entrambi accreditati di sessanta punti.

Ferrari, senza Michael Schumacher (infortunato a Silverstone e non ancora tornato in gara), rincorreva il Mondiale con Irvine, cosa impensabile ad inizio stagione, sostenuta da una certa regolarità negli arrivi a punti. McLaren ed Hakkinen erano alla caccia del secondo titolo per il finnico: avevano un passo mostruoso in qualifica, soprattutto dall'estate in poi, ma in gara erano stati spesso bersagliati dai ritiri.

Continui cambi di scena

Il fine settimana di gara all'Eifel, caratterizzato da un meteo incostante e ballerino, sembrava instradarsi bene per McLaren e male per Ferrari. In qualifica Hakkinen aveva conquistato la terza piazza, mentre Irvine non aveva fatto meglio della nona posizione. In gara, però, le cose erano cambiate, perché Frentzen e Coulthard avevano abbandonato la pista e in McLaren avevano sbagliato clamorosamente le strategie degli pneumatici, con Hakkinen nello scomodo ruolo di sitting duck nelle fasi centrali di gara.

Proprio in questo contesto andava ad inserirsi l'impensabile errore ai box Ferrari, che a fine gara avrebbe privato la scuderia di Maranello di un risultato pesante ed insperato. Eddie Irvine, infatti, rientrava ai box al ventunesimo giro e rimaneva fermo sui cavalletti per ventotto secondi, una statica eternità, perché la gomma posteriore destra si era messa a giocare a nascondino con i meccanici ai box. La gara dell'irlandese praticamente finiva lì e un lungo nelle fasi conclusive del GP lo estrometteva dai primi sei, ovvero dai piloti a punti sotto la bandiera a scacchi.

Un GP “storico”

Potremmo parlare a lungo di uno dei GP più interessanti ed imprevedibili della storia recente in F1: i problemi al via con il semaforo, il capottone di Pedro Paulo Diniz con l'agghiacciante rottura del roll-bar della sua Sauber, il romanticismo della pole position di Frentzen (lanciato a sorpresa con la Jordan verso i piani alti della classifica) e del pasticcio con l'anti-stallo che lo estrometteva dalla gara mentre era in testa o del risultato finale con Johnny Herbert (Stewart), Jarno Trulli (Prost) e Rubens Barrichello (Stewart) sul podio, con l'unica vittoria per Jackie Stewart come Costruttore, proprio un paio di gare prima di passare la scuderia alla Jaguar. Potremmo sederci e parlare di tutto questo, ma il garbuglio Ferrari ruba la scena nella memoria dei tifosi della Rossa.

Il pasticcio, ridicolo e trasmesso in mondovisione, aveva scatenato la stampa (soprattutto italiana e tedesca) nella caccia ai colpevoli: Autosprint, uscito nelle edicole il martedì successivo, titolava con una parola sparata a caratteri cubitali in copertina, "VERGOGNA!", seguita da una disamina sulla "allucinante sequenza di errori" che aveva mandato alle ortiche un possibile risultato chiave in ottica mondiale. In ogni caso, per la riunione del lunedì, Luca Cordero di Montezemolo aveva chiamato tutti a raccolta, per una lavata di capo generale, dalla quale Ross Brawn ne usciva, secondo i bene informati, con un laconico commento:

"Abbiamo fatto casino e me ne assumo la responsabilità".

Ricostruzioni attendibili?

A differenza dei veri motivi alla base del ritiro di Frentzen (all'epoca liquidato con un generico “noie elettriche”, in realtà innescato da una non perfetta coordinazione con i box che aveva portato alla non disattivazione dell'anti-stallo), arrivati vent'anni dopo durante il lock-down indotto dal Covid-19, da Maranello non sono mai uscite spiegazioni ufficiali sull'accaduto.

Probabilmente Ferrari non fornirà mai spiegazioni sull'accaduto: non ha obblighi in tal senso e ha una capacità storica nel tenere la bocca cucita in determinate situazioni. Una sfumatura ben nota ai tifosi di una scuderia da sempre sulla griglia dei GP, obbligata a vincere per impostazione caratteriale e per questo protagonista di una storia caratterizzata da tonfi e trionfi.

La ricostruzione più attendibile dell'accaduto disegna una piccola catastrofe organizzativa ai box, causata prima dall'ingresso inaspettato di Mika Salo con l'ala anteriore danneggiata su un cordolo, che sposta di un giro la sosta richiesta da Eddie Irvine, il quale, nel frattempo, cambiava idea sul tipo di gomma da montare, vista la situazione meteo in continua evoluzione. Sia Mika che Eddie erano stati serviti lentamente e con parecchi inciampi. Voci di corridoio raccontano che sul pavimento del garage Ferrari, al momento dell'ingresso di Eddie, fossero sparsi come minimo tre treni di gomme differenti e nemmeno destinati allo stesso pilota.

Cospirazione e altre lezioni

Gli amanti della cospirazione leggono in questo evidente errore la volontà ferrarista di mettere i bastoni tra le ruote di Eddie nella conquista del Titolo, con l'irlandese in procinto di andare in Jaguar e la Rossa non proprio "contenta" di non portare al Mondiale il pilota su cui aveva investito fortemente. In un evento così polarizzante, ognuno crede alle sue verità e non è nostro compito avventurarci, camminando sul nulla, nel dirimere questo tipo di dubbi.

La gara del Nurburgring veniva disputata il 26 settembre 1999, cioè nel giorno dei trent'anni dalla pubblicazione di Abbey Road, undicesimo album in studio dei Beatles, quello con la copertina che immortala i Fab Four sulle strisce pedonali di fronte allo studio di registrazione londinese. Il disco, considerato uno dei migliori nella produzione dei baronetti di Liverpool (chi scrive lo considera più bello rispetto a Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band), sarà l'ultimo effettivamente inciso in studio dalla band, semplicemente perché il gruppo, al momento della registrazione, ormai, come concetto, non esisteva più.

Mettendola sul piano della retorica stucchevole, i fenomeni salienti demarcano sempre l'apertura o la chiusura di qualcosa e Abbey Road con i Beatles ne è un'esemplificazione. Il 29 agosto 2004 Schumacher vinceva l'ultimo Titolo iridato insieme alla Ferrari e i semi di quello che sarebbe successo dopo erano già presenti: nella bolgia dei festeggiamenti serpeggiava già una questione gomme che sarebbe poi esplosa in tutta la sua evidenza nella stagione successiva. Tornando a quella giornata di settembre del 1999, quando si lavora ci si espone all'errore e, in ogni percorso di crescita, bisognerebbe imparare dai propri errori, soprattutto da quelli molto evidenti e molto grossolani.

Da quel 26 settembre 1999 la scuderia di Maranello avrebbe imparato qualcosa di importante per gli anni successivi. Una lezione, quest'ultima, di cui la Ferrari attuale dovrebbe fare tesoro.

Luca Colombo