L'ingresso tardivo della Safety a Doha ha cambiato probabilmente le sorti della gara.
Credits: F1 Official website

C’è un aspetto per il quale la F1 ormai sta arrivando a somigliare sempre più al calcio moderno. Ci riferiamo alla costante attenzione e spesso critica feroce nei confronti del Direttore di Gara (quello che sarebbe l’arbitro in campo) e di tutte le sue azioni. Certo, chi è in plancia di comando del Circus spesso non fa nulla per farsi aiutare in questo senso, anzi. In Qatar è stata la volta di Rui Marques finire sotto accusa; il portoghese, alla sua seconda direzione in carriera, si è trovato con una bella gatta da pelare che sicuramente lascerà strascichi. I problemi, è evidente, non nascono però dall’operato di un singolo, ma da un sistema che francamente non è più adatto a questa F1

Lo specchietto di Albon, le forature, la Safety tardiva

Galeotto fu lo specchietto di Alexander Albon. L’anglo-tailandese della Williams si è trovato a perdere lo specchietto retrovisore destro della sua Williams sul rettilineo principale del circuito di Losail intorno a metà gara, andando a scatenare tutta una serie di conseguenze che in pochi si sarebbero immaginati. Piccolo inciso: come possa una vettura di F1 essere lasciata in pista senza una parte fondamentale per la sicurezza (di cui si ciancia a vanvera troppo spesso) resta un mistero a cui ci piacerebbe dare una risposta seria prima o poi. 

La situazione è evidentemente pericolosa, tanto che per qualche passaggio viene esposta la bandiera gialla nel tratto di rettilineo interessato dalla presenza del pezzo in pista, che però rimane lì fermo, fino a quando Valtteri Bottas non ci passa sopra al giro 33 disseminando il tracciato di detriti. È qui che si innescano tutte le discussioni, perché quello che è successo era ampiamente prevedibile, e la situazione si sarebbe potuta gestire in maniera diversa, evitando poi le conseguenti forature di Hamilton e Sainz, che hanno sostanzialmente rovinato la loro gara. Una VSC, o, perché no, una Safety in quel caso avrebbero permesso ai commissari di rimuovere il pezzo in sicurezza senza ulteriori problemi e la gara probabilmente sarebbe risultata meno falsata. 

Tra l’altro, la bandiera gialla esposta è stata quella che poi ha portato alla penalità di Lando Norris. E qui, invece, per una volta, bisogna dare atto agli stewards di avere agito in maniera corretta e impeccabile. Basta nascondersi dietro simpatie a comando e sorrisi da social: l’inglese ha fatto il furbo non rallentando in quel frangente, in una situazione di potenziale pericolo. Lo stop and go è sacrosanto, e bene hanno fatto i commissari a infliggere a Lando una punizione esemplare.

Le dichiarazioni della FIA

Di norma, una Safety Car non viene attivata per una piccola quantità di detriti fuori dalla traiettoria principale. L'estensione dei frammenti e il rischio di forature hanno reso inevitabile l’intervento. La Virtual Safety Car (VSC) non era adatta, poiché non garantiva tempi sufficienti per rimuovere i detriti in sicurezza. L'intero protocollo sarà analizzato per valutare soluzioni migliori in scenari simili.

Queste le parole ufficiali della Federazione in merito a quanto successo nel corso del GP del Qatar. Verrebbe quasi da dire che la pezza sia peggiore del buco: uno specchietto in rettilineo, per quanto fuori traiettoria, come può essere considerato come “una piccola quantità di detriti”? Quanto ci voleva a capire che prima o poi qualcuno ci sarebbe passato sopra cospargendo l'intero tracciato di una miriade di pezzi di fibra di carbonio, praticamente dei coltelli? Gli unici a non averlo capito, sinceramente, paiono essere coloro che devono prendere delle decisioni. 

Ancora una volta, dunque, assistiamo ad un processo di auto-assoluzione da parte della FIA. Il tutto ci riporta alla memoria quanto avvenuto una decina di anni fa in Giappone, quando la buonanima di Charlie Whiting interpretò allo stesso tempo il ruolo di imputato, giudice e giuria. Ovviamente assolvendosi in toto. In Qatar non è successo nulla di grave, ma la parole del comunicato ripercorrono in toto quel modo di agire che continua a fare più danni della grandine.

Un sistema che non funziona

Credits: Rui Marques Official FB page
Rui Marques, Race Director in F1 da Las Vegas

Ora, inutile buttare la croce addosso a Marques: abbiamo visto in passato come cercare per forza un colpevole non porti a buoni risultati. Il portoghese, tra l’altro, è subentrato in fretta e furia al “dimissionato” Wittich, e, se a Las Vegas era andato tutto bene, c’era da aspettarsi che qualche magagna sarebbe potuta saltar fuori da un momento all’altro. La realtà è, e ne abbiamo già parlato qui, che ci sono una Federazione e un sistema di gestione della F1 che sono poco adatti ad uno sport come questo

I metodi del tedesco non piacevano, spesso aveva gestito le cose in maniera incomprensibile ai più, le qualifiche in Brasile avevano dato adito a più di una polemica. Tutto vero, tutto sacrosanto: ma licenziarlo in tronco a tre gare dal termine, peraltro senza dare nessuna spiegazione specifica, e portando così in plancia di comando il quarto Race Director diverso in quattro anni, è stata una mossa poco saggia, e non ci si poteva attendere nulla di diverso da quanto visto sul tracciato situato alla periferia di Doha. 

Inutile continuare, da parte dei vertici della FIA, a menare il can per l’aia occupandosi di temi che francamente non hanno nessuna utilità ai fini sportivi, f-words in primis. Occorre instaurare un sistema serio di gestione centralizzato, che sia in mano a un pool di professionisti pagati, e che gestisca la Direzione Gara, gli stewards e i commissari in pista, in modo tale che si operi sempre allo stesso modo, e venga garantita uniformità di azione e di giudizio. Perché un caso come quello di Losail è emblematico: Marques ha atteso il peggio per mandare in pista la Safety, è vero. Questo però denota come manchi una serie di direttive e linee guida a cui attenersi, e come tutto sia demandato alle decisioni del Direttore di Gara. Se, poi, questo è alla sua seconda esperienza in F1, al penultimo GP stagionale, con la pressione di un Costruttori ancora in ballo, beh, l’errore ci sta, e non è per nulla il caso di stare a criticarlo più di quel tanto. 

La F1, e soprattutto la Federazione, dovrebbero avere l’umiltà di guardarsi intorno, per capire come operano altre realtà. Gli esempi americani (Nascar, IndyCar e IMSA) sono lì da vedere, studiare e, perché no, applicare, magari con dei correttivi applicati ad una diversa concezione delle corse. Prima questa cosa verrà capita, prima ci toglieremo tanti pensieri, ma la sensazione è che nessuno, per ora, abbia il coraggio di muoversi più di tanto. 

Nicola Saglia