F1 | Domenicali e la rotazione dei circuiti: l’inizio del tramonto europeo?
L'ipotesi della rotazione dei tracciati europei dal 2026 spaventa diverse realtà, tra cui ovviamente Monza e Imola.
In F1 non è mai troppo presto per parlare del futuro. Lo sa benissimo Stefano Domenicali che, nel suo ruolo di Presidente e volto di Liberty Media nel Circus, sta già pensando al calendario 2026. In una assemblea degli azionisti, il manager imolese ha disegnato quello che sarà il futuro delle location che andranno ad ospitare la massima categoria del motorsport tra un paio d’anni, confermando quello che in tanti, tra appassionati e addetti, presagivano già da diverso tempo. La rotazione dei circuiti in alcune situazioni, in particolare europee, potrebbe diventare molto presto realtà. Sarà l’inizio dell’allontanamento definitivo della F1 dal Vecchio Continente?
Nuovi GP in ingresso, ma senza allungare il calendario
Che ci siano tante realtà fortemente interessate ad entrare nel Circus, gli uomini chiave di Liberty Media ce lo ricordano ogni volta che appaiono in pubblico o concedono un’intervista, con un modo di fare leggermente fastidioso, ma ci torneremo. Nei giorni scorsi, nel corso di una chiamata con gli investitori Domenicali è tornato sul tema, delineando un futuro che non lascia presagire nulla di buono per alcune piste europee. In sostanza, il numero di 24 Gran Premi per il CEO di Liberty è equilibrato (e già qui ci sarebbe da discutere), ma sono tante le realtà che spingono per entrare.
Avremo notizie molto, molto presto sulla possibilità, nel medio termine, di avere alcuni Gran Premi europei a rotazione e nuove opzioni che arriveranno successivamente. Abbiamo una forte richiesta di nuovi possibili circuiti e la nostra scelta sarà sempre bilanciata tra benefici economici e la crescita nei mercati potenzialmente più proficui. Credo che le proposte che stiamo ricevendo ci diano la possibilità di fare scelte migliori per il nostro futuro. Crediamo che il numero attuale sia il bilanciamento giusto, quindi 24 è il numero corretto. Siamo in un buon momento per rafforzare la nostra piattaforma, sia a livello sportivo che sociale e commerciale.
Rwanda, Qiddiya, Argentina: sarà questa la F1 del futuro?
Partiamo dall’analisi di quelli che sono gli attori più accreditati per entrare nel Circus, facendo però un’importante premessa. Già negli anni scorsi abbiamo vissuto situazioni paradossali, in cui tracciati e venues già pronti sono saltati in aria all’ultimo momento, lasciando buchi da riempire in calendario. Il caso del Vietnam, in questo senso, è emblematico. Questo per dire che, quando si parla di nuovi ingressi, bisogna sempre andarci con i piedi di piombo. E tenere d’occhio anche la situazione geopolitica mondiale, onde evitare un altro caso Sochi, con il circuito russo escluso dal Circus per ragioni tutt’altro che sportive.
Il tema del ritorno del Circus in Africa è all’ordine del giorno ormai da anni, e ora pare che si sia arrivati ad una quadra, con la costruzione di un nuovo tracciato in uno dei paesi emergenti, il Rwanda, dove tra l’altro si terrà il Consiglio Mondiale FIA a dicembre. Uno stato, quello centroafricano, che sta investendo tanto sullo sport, organizzando anche i Mondiali di ciclismo 2025, anche per lasciarsi alle spalle un passato recente drammatico. I dubbi, però, sono tanti, perché al momento non c’è traccia di un progetto concreto. Anche perché la soluzione Kyalami, per storia e struttura, sembra essere quella più razionale per riportare il continente in F1, e ciclicamente continua, guarda caso, a tornare in auge.
Ma non è solo l’Africa che preme; la costruzione del Qiddiya Circuit, infatti, sembra procedere a gonfie vele. Il complicatissimo e avveniristico tracciato nel deserto arabo andrebbe a fare il paio con Jeddah, dopo che inizialmente si pensava dovesse sostituirlo. Mettiamoci l’animo in pace: qui, prima o poi, si andrà a correre, per via degli interessi economici troppo pressanti. Più complicato il ritorno dell’Argentina, il cui interesse nelle ultime settimane è salito dopo l’effetto Colapinto. Il ritorno del paese albi-celeste nel Circus sarà legato a filo doppio al futuro del pilota attualmente alla Williams e in odore di famiglia Red Bull (ne abbiamo parlato qui). In questo caso, attenzione alla situazione del Messico, con la fuoriuscita di Perez che pare ormai sicura; il tracciato di Città del Messico potrebbe essere il designato per lasciare il posto ad un eventuale ritorno argentino.
Piste europee a rotazione, il viale del tramonto
In tutto questo, il numero di 24 eventi nel corso dell’anno dovrebbe rimanere invariato, perché ritenuto da Domenicali e Liberty Media equilibrato. In realtà si tratta di una cifra tutt’altro che corretta, che risponde solo a precise logiche di mercato, e che con lo sport in sé non ha nulla a che fare, come vediamo accadere ormai da troppi anni a questa parte. Ma tant’è, inutile continuare a picchiare su questo tasto, se non lo fa anche chi avrebbe il vero interesse, sul lungo periodo, a farlo.
Guardiamo invece agli eventi veri e propri, e a quali sono quelli che potrebbero essere interessati ad una rotazione. Ovviamente, quelli maggiormente interessati sono quelli italiani: che Monza e Imola siano “mal sopportati” dal management statunitense è evidente da tempo, nonostante l’impianto romagnolo abbia contribuito a salvare baracca e burattini quando tutto, nel 2020, rischiava allegramente di finire gambe all’aria. Il tracciato brianzolo, a sua volta, ha lavorato per rispondere alle esigenze del Circus, ma pare che questo non sia ancora abbastanza. E qui, occorre aprire una parentesi: noi staremo sempre dalla parte della tradizione, della storia e della competenza motoristica europea, ma è chiaro, frequentandoli in altri contesti, come un balzo in avanti deciso, da parte delle strutture di casa nostra, vada fatto al più presto.
Ma non saranno solo le piste italiane interessate, anche perché non sono le uniche in scadenza di contratto: Zandvoort e Spa, infatti, potrebbero subire la stessa sorte. Il fatto è che la formula dell’alternanza tra le piste è qualcosa che è già stato testato in tempi recenti dal Circus, e ha portato a esiti catastrofici. Chi si ricorda del Gran Premio di Germania? Dal 2008 al 2014 si corse ad anni alterni tra Hockenheim e Nurburgring, per poi arrivare alla cancellazione di quest’ultimo e poi dell’evento in toto a partire dal 2019. Si è tornato tra le colline dell’Eifel solo nel 2020, in una situazione di emergenza totale, ma senza che questo abbia portato a nessuno sviluppo positivo. Questo per dire che l’alternanza tra circuiti non sembra proprio portare bene agli impianti europei. In tutto ciò, non va dimenticato l’ingresso di Madrid dal 2026, che lascia Barcellona in una sorta di limbo da cui non si capisce come ne uscirà il circuito catalano.
Sarà dunque il canto del cigno per il Vecchio Continente, la vera culla del motorsport, nel Circus? Difficile pensare ad un allontanamento della F1 da luoghi come Silverstone o Monte Carlo, ma è chiaro come l’Europa stia giocando un ruolo sempre meno importante, a livello economico e non solo. Peccato, perché più ci si sposta più ci si rende conto di come tante realtà non siano adatte ad ospitare certi eventi, per location, tradizione e capacità. Ma, si sa, pecunia non olet. E allora, avanti con quel ghiribizzo osceno di Qiddiyah e il misterioso Rwanda, e a Imola ci andremo (forse) l’anno prossimo, con buona pace della Tosa e della Piratella, colpevoli di essere troppo vere per questa F1.
Nicola Saglia