Si preannuncia una ventata di aria fresca in Formula 1, con vecchi protagonisti ormai sulla scena da anni destinati progressivamente a scomparire e nuovi propositi di rilancio presenti all'orizzonte. In mezzo a tutto ciò, la volontà di trasformare la categoria regina del motorsport in una competizione maggiormente equilibrata e, di conseguenza, più appetibile per sponsor e tifosi. Il piano annunciato da Liberty Media sembra realmente destinato a scompigliare gli attuali equilibri del Circus, partendo proprio una differente strategia di redistribuzione degli utili. Troppo evidente, infatti, la differenza di entrate riservata ai top team se messa a confronto con quella delle scuderie minori, spesso sull'orlo del collasso e talvolta (vedi il recente caso-Manor) costrette a compiere i salti mortali per cercare di sopravvivere. Non a caso, eccezion fatta per la felice realtà della Haas, negli ultimi anni le realtà interessate ad entrare in Formula 1 sono effettivamente risultate latitanti, con un progressivo calo delle vetture in griglia che rappresenta senza dubbio un fattore sul quale riflettere.

La holding capitanata da John Malone, in vista anche del pianificato ingresso della Formula Uno a Wall Street, sembra però già aver messo a punto la propria ricetta. In primo luogo, attraverso l'annuncio che una quota pari a circa 400 milioni di dollari sarà accantonata, una volta completata l'acquisizione, per essere messa a disposizione dei vari team sotto forma di azioni. "Pensiamo che sia importante lavorare a stretto contatto con le scuderie in questa fase - ha dichiarato il CEO Greg Maffei - ed il loro coinvolgimento risulta assolutamente essenziale nel comune interesse volto ad incrementare il business della Formula 1"

Ma non è tutto, poiché nelle ultime ore i vertici del colosso americano avrebbero fatto sapere di essere intenzionati ad eliminare la quota riservata ai team storici, come la Ferrari. Sempre secondo quanto dichiarato da Maffei a Forbes, "una competizione maggiormente competitiva ed equilibrata garantirebbe una maggiore affluenza di sponsor che andrebbe a beneficio di tutti". Come noto, il team di Maranello può fare affidamente su una quota fissa annua pari a circa 100 milioni di dollari, grazie al fatto di essere l'unica squadra che ha partecipato a tutte le edizioni del Mondiale. Per intenderci, si tratta di una cifra pari al doppio di quanto ricevuto nel corso dell'ultimo anno dallo stesso team Manor, recentemente finito in amministrazione controllata. Quello del Cavallino è un brand storico, riconoscibile in tutto il mondo, che ha legato la propria immagine in maniera indissolubile a quello della Formula 1: eppure, tutto ciò potrebbe non bastare, qualora i propositi dei nuovi proprietari del Circus trovassero effettivo riscontro. 

"Se ti chiami Ferrari - ha proseguito Maffei - puoi fare affidamento su un'enorme pletora di sponsor disposti a mettere il proprio logo sulle tue vetture. Il fatto di assistere a gare più avvincenti dovrebbe essere tenuto in considerazione, poiché tutti ne trarrebbero beneficio". Secondo una tabella pubblicata dallo stesso Forbes, appare evidente il trend negativo inerente l'incidenza delle sponsorizzazione nel budget complessivo dei team di Formula Uno: dal 35% del 2010 si è passati infatti al 31% del 2015. Una perdita parzialmente compensata dall'incremento dei premi in denaro riservati a ciascuna scuderia, passata dal 25% al 35%.

Fonte d'introiti per ciascun team  % %
  2010 2015
Sponsorizzazioni 35% 32%
Proprietà del team 28% 17%
Premi in denaro 25% 35%
Altro 12% 16%

 

Insomma, la partita è appena iniziata. Da un lato i nuovi padroni del Circus iniziano a scoprire le proprie carte in tavola, mentre dall'altro la Ferrari non vorrà di certo rinunciare a cuor leggero ai propri privilegi acquisiti nel corso degli anni, in primo luogo evitando di mettere in discussione il proprio diritto alla "Golden Share", ovvero il diritto di veto a suo tempo sapientemente negoziato da Marco Piccinini con Ecclestone. Il quale, detto per inciso, potrebbe fare addirittura un'ulteriore passo indietro a breve, rinunciando alla carica di amministratore delegato per i prossimi tre anni e conservando un semplice ruolo di presidente onorario.

Marco Privitera

 

 

{jcomments on}