F1 | GP Giappone: il Focus sul Gran Premio a Suzuka
Dopo una qualifica interamente dominata dalle Ferrari, l’alba giapponese non è andata esattamente come ci si aspettava. I fantini del Cavallino Rampante steccano clamorosamente la partenza, regalando a Bottas la leadership della corsa e ad Hamilton la possibilità di minacciare fino al traguardo il secondo posto di Vettel. Solo sesto Leclerc dopo un crash iniziale col rivale Verstappen.
Pronti via… ah no!! Già, proprio quello che è capitato a Seb: all’accendersi della quinta luce rossa, il tedesco della Ferrari innesca la sua partenza prima del via ufficiale, riuscendo però a fermarsi in tempo per non incorrere in un jump start. La manovra costa non solo uno scatto non proprio fulmineo, ma trae in inganno anche il compagno di colori che, distratto dal movimento della vettura gemella, manca l’attimo fuggente. Ne deriverà una partenza disastrosa per entrambe le monoposto di Maranello, con Bottas che ringrazia prendendosi la testa della corsa e con Verstappen in posizione buona per aggredire Leclerc.
Contatto Leclerc/Verstappen: come detto, la brutta partenza di entrambe le Ferrari ha reso vulnerabili le vetture di Maranello. A saperlo bene è Charles Leclerc, il quale in curva 1 si è visto assaltare dalla Red Bull di Max Verstappen. L’olandese, come noto, non è famoso per essere uno che va molto per il sottile e difatti si infila in un pertugio all’esterno nel tentativo di completare una manovra sì azzardata, ma plausibile. Il problema per lui, però, è che nemmeno il monegasco vestito di rosso sia famoso per essere un gentleman in pista e infatti, visto il rivale a fianco, allarga la traiettoria per cercare di accompagnare il figlio di Jos per praterie orientali. Contatto inevitabile dunque, con Max che da li a breve sarà costretto al ritiro e con Charles costretto ad una sosta forzata per sostituire l’ala anteriore.
Mercedes campione del mondo: smaltita l’analisi delle fasi salienti della corsa, non ci si può sottrarre dal fare i complimenti al team che a Suzuka ha portato a casa il sesto titolo costruttori consecutivo. Ok vincerne un paio, se azzecchi la vettura giusta durante un cambio epocale di regolamento tecnico, me se riesci a fare un filotto di sei significa che hai lavorato davvero bene. Il record Ferrari del periodo d’oro Schumacher-Todt-Brawn è stato raggiunto da un team che sta riscrivendo la storia dell’automobilismo. Se aggiungiamo anche che, accanto ai titoli squadre, i tedeschi possono vantare anche altrettanti titoli piloti… beh, chapeau. Con le persone che compongono la loro scuderia, con la professionalità che hanno e con questa tendenza a sbagliare pari a zero, batterli anche in futuro sarà un “bega” colossale per chiunque.
La vera differenza: chiudiamo il giro di focus con un piccolo appunto sui rivali del team dominatore, in primis, per ovvi motivi di risultati in pista, la Ferrari. La macchina ora pare in grado di giocarsela e se si dovesse riuscire a trasportare questa competitività (magari anche migliorata) sulla vettura 2020 sicuramente ci si potrebbe aspettare delle belle battaglie. Lo stesso discorso vale ovviamente per la Red Bull, che dopo la scuderia di Maranello può essere l’unico altro antagonista del mondiale. Ma siamo sicuri che basti solo la competitività della vettura o anche un’affidabilità pazzesca per battere il team di Brackley? La risposta è… no! Per vincere contro lo squadrone di Toto Wolff bisogna essere perfetti anche in tutto il resto. Pensateci: quante volte avete visto il team Mercedes sbagliare una strategia o steccare un pitstop? O quali ricordi avete di cattiva gestione dei piloti (escluso l’anno con Rosberg, nel quale però non c’erano rivali) o errori madornali dei driver in gara? Se ci facciamo caso, in tutto quello che abbiamo elencato gli uomini in grigio rasentano quasi sempre la perfezione, mentre la stessa cosa ad esempio non si può dire della Ferrari. Spesso infatti ci ritroviamo di fronte a disattenzioni del muretto, errori al pitstop o pasticci in pista da parte dei piloti (comprensibilmente sempre sotto pressione). Per vincere, dunque, serve un mix di tutto. Farebbero bene a lavorare anche su questo i vari competitors.
Daniel Limardi