Il mito di Magic Senna, 19 anni dopo
Non è semplice descrivere in poche parole cosa rappresenti oggi, a distanza di diciannove anni dalla sua scomparsa, la figura di Ayrton Senna. Mito, leggenda, simbolo di una nazione e protagonista assoluto per un decennio di uno sport, la Formula 1, che solo in rare occasioni ha visto trasformare, grazie al pubblico, i propri piloti in eroi ed icone popolari. Ma forse l'aggettivo più adatto, quello che riesce ancora oggi ad identificare in maniera più netta l'Ayrton pilota, è semplicemente uno: veloce. Il più veloce, sicuramente nella sua epoca, forse il più veloce di tutti i tempi. Una vita trascorsa al comando, con la ferrea volontà di voler primeggiare a tutti i costi, di essere il numero uno: ed in testa se n'è andato, in quel maledetto pomeriggio di Imola. Per i più giovani, per coloro che non hanno potuto gustare dal vivo le sue imprese sportive, forse riesce difficile poter capire il motivo per cui Ayrton Senna riesca, ancora oggi, ad emozionare, come se fosse ancora lì, presente in pista, al volante della sua McLaren targata Marlboro, della sua nera Lotus, o di quella Williams, la sua ultima vettura. Un privilegio riservato a pochi eletti, forse pari solamente a quello provato per Gilles Villeneuve, un altro eroe volato via troppo presto. Chiudendo gli occhi per qualche istante, sembrerà possibile poter riavvolgere all'indietro il nastro della memoria, tornando indietro a quel lontano 1984: eccolo, Ayrton, mentre si rivela al mondo a bordo della modesta Toleman durante quel Gp di Monaco corso sotto il diluvio, fermato in maniera discutibile dalla bandiera rossa quando ormai sembrava destinato a superare il leader Prost, involandosi così verso la propria prima vittoria. Ma rieccolo Ayrton, l'anno dopo, sempre sotto l'acqua, stavolta in Portogallo e sulla mitica Lotus, a conquistare pole e vittoria, facendo subito capire a tutti di che pasta era fatto. Non una meteora, ma uno con doti fuori dal comune. Il tasto "play" prosegue, e con esso aumentano le vittorie, coronate dalla conquista del primo titolo mondiale, a Suzuka nel 1988, al primo anno in McLaren. L'antagonista è Alain Prost: personalità lontane, rivali acerrimi, ma entrambi tremendamente duri e veloci. Ancora Suzuka, un anno dopo: questa volta è il francese a vincere il titolo, ma Ayrton si sente defraudato, per quella manovra del compagno alla chicane e la successiva squalifica impostagli dalla Federazione, forse da Balestre in persona. La vendetta il brasiliano la serve un anno dopo, sempre nella terra del Sol Levante, con quella frase capace di riassumere tutto: "I mondiali a volte si vincono a sei giri dalla fine, altre volte alla prima curva", con il chiaro riferimento a quanto accaduto l'anno prima. Il 1991 a confronto sembra quasi una passeggiata, con il solo Mansell su Williams ad impensierire la corsa del brasiliano verso il terzo titolo. Quella Williams, però, che stava per conquistare la supremazia tecnica della Formula 1, relegando la McLaren di Ayrton alle posizioni di rincalzo. Ed è proprio in questi anni, tra il '92 e il '93, che Ayrton riesce forse a compiere le imprese più incredibili, nel momento in cui è costretto a sopperire con il proprio talento all'inferiorità tecnica della propria vettura: Monaco '92 e Donington '93, tanto per citarne due, sono successi che Senna strappa con i denti, condensato di talento puro e genialità allo stesso tempo. Ad Adelaide '93, infine, la grande pace con il rivale Alain: entrambi sul podio, entrambi per l'ultima volta. Per Ayrton si spalancano le porte della Williams, ma non è tutto oro quel che luccica: la macchina è instabile, difficile da guidare, senza contare che un nuovo astro sta sorgendo all'orizzonte. E' un tedesco, guida una Benetton, si chiama Michael Schumacher. Costui vince le prime due gare, mentre Ayrton è fermo ancora a quota zero. La pronta rivincita Ayrton la vuole conquistare subito, già dalla gara successiva, a Imola. Nelle prove, la morte di Ratzenberger lo sconvolge: Senna è turbato, preoccupato, confida di meditare il ritiro, quasi a voler manifestare un oscuro presagio. La gara di Ayrton dura pochi giri, da dominatore. Clic. Il nastro si interrompe. E' finita una corsa, è iniziata una leggenda.
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