IL TEST | Yamaha MT 10 SP: una Superbike (s)vestita da Naked
MA È DAVVERO UNA NAKED? Il motociclismo vive in un'era molto particolare. Tra gli anni ottanta e la prima parte dei duemila il sogno proibito di ogni smanettone della domenica era la Superbike di turno, che fosse una Ducati 996, una MV Agusta F4 1000 R316, una Yamaha R1 o una Honda CBR1000RR. Al giorno d’oggi però il mercato sta cambiando, viste soprattutto le cifre e le prestazioni che i vari “top gamma” delle case hanno raggiunto: utilizzare una Panigale 1299 o una R1M su strada è diventato un lavoro specialistico, per le tasche di pochi e per il polso di pochissimi. Quindi cosa desidera adesso il motociclista medio? Facile: le Supernaked.
IL VESTITO È PIÙ BELLO SE LO TOGLI. Il settore Supernaked, o Streetfighter come era iniziato il filone, è stato aperto dalla omonima moto di Borgo Panigale, che montava 150 cavalli di bicilindrico derivante dalla 1198. Da quel punto le varie case hanno seguito l’esempio, portando le loro maxi nude a livelli sempre più elevati. La FZ1, antenata della MT10, aveva queste velleità, ma il collegamento con la R1 non era cosi stretto, anche se il motore 20 valvole era un vero mostro per l’epoca. Dopo il successo della Tuono V4 però, anche Yamaha ha deciso che era conveniente travasare la tecnologia direttamente dalla R1, ottenendo il mostro che porta la sigla di MT10 SP e contenendo al contempo i costi di ricerca e sviluppo, già ammortizzati con la Superbike. Abbiamo quindi una moto dotata del telaio Deltabox che abbraccia il CP4 Crossplane da 160 cavalli, accreditato anche da ben 111 Nm di coppia a 9.000 giri, fornito del quickshifter (solo in salita), quattro riding mode, tre regolazioni della potenza del motore e tre modalità per il TC. E quindi cosa cambia rispetto alla versione base?
LA SP: COMODA, BELLA, VELOCE. Ad aggiungersi al ricco pacchetto sopraelencato, la SP che abbiamo provato prende in dote le sospensioni semi-attive Öhlins EC Smart, controllate da una centralina SCU dedicata (Suspension Control Unit), che in tempo reale analizza i dati provenienti dai sensori per regolare in pochi istanti le regolazioni di estensione e compressione idraulica, ottenendo il massimo dalle forcelle e dal monoammortizzatore in qualsiasi condizione, a prescindere dallo stato dell’asfalto. Il risultato è incredibile: la moto resta stabile anche tra le sconnessioni ormai tipiche degli asfalti laziali, costellati di buche, crepe e radici. Si esce forte dalle curve con la moto non troppo seduta ma con una splendida sensazione di grip al posteriore, genericamente accompagnata da generosi alleggerimenti della ruota anteriore.
È QUASI “FACILE”. Sembra strano definire facile una moto che ha tanti cavalli quanti una vera SBK dei primi anni duemila, ma la realtà è che la MT10 SP mette a proprio agio nonostante divori le uscite di curva con un aplomb davvero impressionante. Le sospensioni compiono un ottimo lavoro e per quanto non sia chiaramente una moto da neopatentati qualsiasi motociclista con almeno un anno di esperienza è in grado di guidare questo gioiello della tecnologia senza scendere con le mani inferme. Il motore Crossplane è corposo già dai regimi più bassi, ma non è mai nervoso potendo puntare su una progressione potente, ma non rabbiosa come i 4 cilindri classici della concorrenza. In frenata l’impianto di serie funziona estremamente bene, risultando modulabile e forte il giusto. Alla prima seduta la MT10 sembra un pelo ingombrante, salvo poi “sparire” nel momento in cui si molla la frizione, sembrando una moto da ingombri e dimensioni nettamente inferiori a quelli effettivi. Lo schermo TFT, nuovo sulla SP e condiviso con la R1M, è splendido da vedere, ricco di informazioni e chiarissimo da leggere anche in marcia. C’è anche la possibilità di scegliere tra una grafica Road e una Racing, oltre ovviamente ad avere l’autoregolazione della luminosità in base alla condizione di luce rilevata.
DA COMPRARE? È inutile negarlo, in Italia non esistono strade dove un motore che supera i 120 cavalli abbia senso di esistere. Le piste sono terreno delle Supersportive, ma la SP sicuramente non sfigurerebbe in nessuno degli autodromi italiani. Se ci si chiede che senso ha una moto come questa, o come la Tuono V4 e la Brutale, la risposta non rende giustizia al valore ed al concetto con cui queste moto vengono pensate e successivamente acquistate: per sognare. Si, chiunque punti ad una maxi ma non voglia la scomodità e la cattiveria di una SBK replica, deve decisamente puntare alla MT10 SP. Non ne rimarrà deluso.
Alex Dibisceglia