F1| Fernando Alonso dice basta: emozioni e malinconie
Questo articolo non sarà il classico “resoconto” della situazione come le decine di pubblicazioni che si stanno susseguendo in rete. Né conterrà le parole di Fernando o di altri addetti ai lavori. Vuole essere semplicemente il pensiero su carta di colui che scrive, mettendo per una volta da parte il ruolo di “articolista imparziale” per dare spazio al tifoso appassionato che ha mangiato pane e Formula Uno sin da quando l’acne non gli ha avviato la pubertà.
In quegli anni esisteva una sola legge nel motorsport, e c’era un solo sceriffo in città: Michael Schumacher. Ovviamente non voglio propendermi verso paragoni improponibili, perchè per me se esiste un Dio dei motori quello è il Kaiser di Kerpen. Ma durante la stagione 2001 qualcosa è cambiato: un giovane rampollo spagnolo debutta nella massima categoria, e dopo un primo impatto a singhiozzo (guidava una Minardi), col tempo è iniziato ad innalzarsi nell’aria il concetto di “successore”. Si perché semmai Michael avesse sul serio deciso di smettere un giorno, la naturale staffetta dell’ ”animale da corsa” ora poteva avere un destinatario: Fernando Alonso.
Inutile spiegare i motivi di questa convinzione dell’epoca, perché gli anni a seguire hanno ampiamente confermato quanto si pensava. Lo stesso Felipe Massa nelle ultime ore (compagno di team sia di Schumacher che di Alonso) ha dichiarato che se esiste pilota con lo stesso intuito e velocità in gara di Schumy, quello è Fernando. Personalmente non nascondo un po' di rammarico e dispiacere per il ritiro dell’asturiano. Un ultra campionissimo, un assoluto fuoriclasse. Un “eletto” che al cinema o nei manga giapponesi avrebbero definito kryptoniano, Jedi, Super Sayan…
Una carriera eccellentissima e delle doti indiscutibili, condite però da scelte assolutamente infelici ed un’innata capacità di ritrovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. I numeri in carriera di Fernando infatti sono da campione, certo… ma se le cose fossero andate come sarebbe stato giusto Nando avrebbe sicuramente fatto parte dell’elìte dei record-man, con decine di vittorie in più ed almeno il doppio dei titoli mondiali. Con tutta franchezza, a dispetto di ciò che lo stesso pilota afferma (“Questo è il periodo più felice della mia vita”), c’è la sensazione che questa scelta di appendere il casco al chiodo sia stata ponderata ed effettuata per “sfinimento”, dopo le ultime quattro difficili stagioni che lo hanno relegato con regolarità sul fondo della griglia e senza alcuna possibilità di replicare, nonostante grinta e scaltrezza fossero rimaste intatte nel tempo. Fernando era ormai un leone in gabbia, un samurai senza spada, una sorta di Superman su una vettura composta interamente di criptonite.
Per dare la misura dell’Alonso pilota, voglio ricordare con emozione una vecchia intervista risalente ai primi anni del 2000 di Cesare Fiorio, allora direttore sportivo in Minardi con il compito (fra gli altri) di “esaminare” giovani talenti per capire se avessero la stoffa per entrare in Formula Uno: “Ci trovavamo in pista a Jerez, e stavamo effettuando dei test privati per capire se fra le nostri giovani promesse c’era qualcuno che meritasse di guidare per noi come pilota titolare. Non c’erano ovviamente telecamere, e per capire se uno era veloce o meno ci affidavamo ai cronometri che avevamo in mano e alle nostre orecchie per ascoltare come i piloti facevano girare il motore in pista. Fra i candidati c’era Fernando, il quale quando toccò a lui si mise in auto e partì per il giro di lancio senza proferire parola. Noi eravamo li sul muretto ad aspettare che ripassasse per lanciarsi ed attivare i cronometri. Ad un certo punto abbiamo sentito un motore girare al limite della potenza, con delle scalate del cambio degne del miglior staccatore. Eravamo sicuri si trattasse di Barrichello, che quel giorno era li con il suo team a girare insieme a noi. Era impossibile infatti si potesse trattare di un pilota debuttante. Incredibilmente però, dall’ultima curva non spuntò Rubens, ma venne fuori Alonso che semplicemente stava “volando”. Ovviamente lo richiamai subito al box, e lo rimproverai dicendogli che se non fosse rientrato si sarebbe di certo ammazzato. Lui mi rispose che comprendeva le mie preoccupazioni, ma che per quanto gli riguardava era assolutamente tutto sotto controllo. Ovviamente per la stagione seguente, scelsi lui come pilota ufficiale…”.
Ci mancherai Fernando. E spero che, come fece Schumacher prima di te, deciderai presto di riprovare a rientrare nella categoria. Magari però stavolta in un team che ti dia ciò che meriti. Sarebbe giusto così. Il mio “sogno di una notte di mezza estate” infatti, sarà rivederti un giorno su una vettura competitiva al pari dei tuoi avversari, per far capire ai vari Hamilton, Vettel, Verstappen ecc, cosa significhi veramente combattere contro un Cannibale.
Daniel Limardi