L’analisi: IndyCar, Super Formula e le nuove prospettive per i giovani
Fino a poco tempo fa, la Formula 1 costituiva l'apice dell'automobilismo: la "categoria regina", in cui ogni pilota sognava di gareggiare, e che racchiudeva al suo interno il meglio del panorama internazionale. Con soli venti posti disponibili, però, c'è inevitabilmente un eccesso di domanda da parte dei piloti. Il trend appena evidenziato comporta perciò una svolta di carriera per molti giovani, essendosi abbassata l'età di entrata in Formula 1. Al di là dell'Europa, il mercato delle monoposto offre sempre più opzioni.
Matteo Nannini, Jamie Chadwick, Liam Lawson, Marcus Armstrong, Giuliano Alesi: sono gli ultimi dei giovani piloti che da competizioni FIA sono sbarcati oltreoceano. Che sia IndyCar, Indy NXT - così si chiama quest'anno la categoria propedeutica dell'Indy - o Super Formula, in questi anni è in forte aumento la migrazione dei talenti in campionati dove trovano maggiori opportunità.
L'aumento dei costi, la concorrenza maggiore e la mancanza di posti in griglia rendono quasi obbligatorio il cambio di "panorama" se si vuole proseguire la strada nel motorsport, almeno a ruote scoperte. Ecco perciò che si accendono i riflettori sui campionati nazionali. Mentre la Super Formula è da anni la categoria salvagente di Red Bull che, anche grazie alla partnership con Honda, garantisce quasi ogni anno un pilota della sua Academy - ultimo, Liam Lawson, - l'IndyCar sta tornando negli ultimi anni ad avere un "respiro" più internazionale.
IndyCar e Indy NXT: l'America da Paese conquistato a conquistatore
Il Nord America raccoglie la maggior parte delle opportunità grazie alla IndyCar, che diventa un'ambizione di carriera più popolare tra i piloti di Formula 2 che non sono riusciti a conquistare un posto in Formula 1. Le griglie sono più ampie (33 è il limite a Indy), il calendario comprende ovali e la mancanza di servosterzo rende i telai Dallara DW12 monospecifici difficili da gestire. È una sfida diversa dalla F1, ma non inferiore e per questo la preparazione gioca un ruolo fondamentale.
Per i giovani, inoltre, le possibilità di trovare un sedile e mantenerlo per tutta la stagione sono maggiori che non in Europa. In America le aziende sono più disponibili ad investire anche grazie a un regime fiscale più favorevole. E’ più semplice quindi attrarre sponsor, con gli americani che sono molto attenti a questo tipo di progetti.
Il mercato delle corse automobilistiche americano possiede un ampio pubblico e svariate categorie, permettendo a ciascun pilota di avere moltissime opportunità. A rigor di logica, il maggior numero di possibilità si applica anche alle ragazze che sognano una carriera nel motorsport; ulteriore motivo per cui questa esperienza americana potrebbe essere rivelatrice per Jamie Chadwick, quest'anno in Indy NXT con Andretti Autosport.
Non è solo una questione di denaro e opportunità. Lo sviluppo e la carriera dei giovani vengono supportati e incoraggiati. I nordamericani possono iniziare la loro attività agonistica nella USF2000 e rimanere nello stesso paddock mentre passano alla Indy Pro 2000, alla Indy Lights - ora Indy NXT - e poi alla IndyCar. Il sistema di borse di studio aiuta certamente a finanziare i passaggi di carriera, ma molti piloti prendono contatti informali con le squadre IndyCar quando sono ai primi passi nelle corse. Una volta pronti per un posto, di solito hanno diversi team owner da chiamare.
Alto livello
L'IndyCar ha un alto livello di competizione che rende le gare spettacolari. Quasi tutti possono vincere, come, al contrario, è alta la probabilità di arrivare in fondo allo schieramento. Nella maggior parte delle gare, tra le penalità, i pit stop, i rifornimenti e così via, ci sono sempre molte opzioni da giocare in ambito strategico. A volte va bene, a volte meno. Dato che le auto sono abbastanza vicine in termini di prestazioni, spesso i distacchi non sono troppo elevati, non è mai davvero finita. Per questo è una scuola per i piloti che, oltre ad avere il sedile, possono vantare di una crescita in termini di gestione gara, flessibilità e tecnica. E l'arrivo di più europei, sia ex Formula 1 che dalle sue serie propedeutiche, alza il livello ulteriormente.
Tutte queste caratteristiche rendono l'IndyCar una delle categorie con il potenziale di carriera maggiore per i piloti. La serie sta crescendo di anno in anno, con un aumento degli ascolti televisivi e del riconoscimento pubblico dei suoi piloti di punta. Una crescita che, senza dubbio, attrae.
Il Giappone offre speranze con la Super Formula
Il Giappone è un altro Paese che ha la sua serie di punta, la Super Formula (SF). Iniziata nel 1973, ha seguito più o meno i regolamenti utilizzati nelle monoposto di seconda fascia in Europa fino alla metà degli anni Novanta, quando una revisione dei promotori le ha fatto intraprendere la strada del successo che segue tuttora. In Giappone si possono affrontare le griglie di capacità della F4 (nelle varianti JAF e FIA), il campionato ultra-competitivo della F3 e naturalmente la Super Formula. Il budget è tale che molti piloti possono permettersi di trascorrere più anni in ciascuna categoria.
Se negli anni '80 e ’90 vi è stato il boom di piloti europei, come Ralf Schumacher, Eddie Irvine e Pedro de la Rosa, negli ultimi anni la serie giapponese è stata snobbata dai più. Tuttavia, il campionato conta per ottenere la tanto desiderata SuperLicenza necessaria a chi corre in Formula 1: al campione vengono assegnati infatti 25 punti.
La Super Formula giapponese è una delle categorie di monoposto più veloci del mondo, con prestazioni simili a quelle delle auto di Formula 2 e velocità in curva pari a quella della Formula 1. Sul rettilineo le monoposto giapponesi, con fornitore unico Dallara, sono inferiori di pochi chilometri orari rispetto alla classe regina del motorsport.
La Super Formula è il perfetto passo intermedio per i piloti che, dopo la Formula 2, si trovano tra due sgabelli. Non solo, come abbiamo appena visto, per la tipologia di vettura, ma anche per l'abilità dei piloti in gara. Sono infatti professionisti che, grazie all'esperienza, conoscono alla perfezione ogni pista risultando imbattibili. Il compito da svolgere perciò è chiaro: come esordiente, un pilota europeo deve almeno rimanere nella scia di piloti giapponesi assolutamente veloci.
La brigata straniera sempre più vincente
Il trasferimento in Giappone, però, provoca anche uno shock culturale: occorre abituarsi in fretta alle abitudini del posto. La brigata straniera della Super Formula degli anni 2010 si è comunque dimostrata estremamente vincente ed è considerata un modello per i nuovi ragazzi. Pierre Gasly, Dan Ticktum, Pato O’ Ward e Stoffel Vandoorne sono l'esempio che questa esperienza si può definire “di buon auspicio”, se si considera che tutti i piloti appena citati gareggiano in Formula Uno, Formula E e IndyCar. C'è sempre l'opportunità di rimanere in Giappone e non tornare in Europa.
Molti, soprattutto degli anni 2000, hanno scelto di rimanere in Giappone. Sia André Lotterer (campione 2011), sia Benoît Tréluyer (campione 2006, con cui F1 Feeder Series ha avuto una lunga conversazione all'inizio di quest'anno), sia Loïc Duval (campione 2009) sono arrivati in Giappone con l'idea di cercare una strada alternativa alla Formula 1, ma hanno finito per trovare una lunga carriera nelle gare di durata.
https://twitter.com/SUPERFORMULA_En/status/1612162225640275969?s=20&t=OwMguMinkbGJQkiDnhi2lgSpetterà a Lawson e Alesi padroneggiare il più rapidamente possibile la cultura giapponese delle corse se vogliono trovare un posto nella categoria regina. Oppure percorreranno una nuova strada.
Medio Oriente e il suo ruolo sempre più importante
Se America e Giappone offrono opportunità annuali, chi sta battendo i pugni sul tavolo è il Medio Oriente. Questa parte di mondo sta ottenendo una fetta importante di potere anche nel motorsport. La FIA fa molta leva sulle categorie che si disputano in Medio Oriente nel periodo invernale, e i team non sono da meno: Prema, MP Motorsport e VAR sono tra quelli presenti in Formula Regional Middle East FRMEC e F4UAE.
Non sono categorie di basso rilievo, tutt'altro! Vi gareggiano line up di peso, con rookies e alcuni tra i migliori piloti, uno su tutti Andrea Kimi Antonelli; occasione per loro di allenarsi in pista in vista dell'annata 2023. Questo perchè è luogo di sfida per i piloti di diverse categorie (eccezion fatta per la Formula 2). È una buona motivazione per un pilota di Formula 4 se può competere allo stesso livello con un pilota di Formula 3 a livello internazionale, in modo da poter vedere il proprio livello.
Non solo forze in pista
Oltre che per allenamento e pratica, il Medio Oriente porta sponsor. Essere certificati come i migliori esordienti di un campionato può dare una spinta ai piloti lungo la scala delle serie feeder, aiutandoli a farsi un nome e a impressionare gli sponsor. Rispetto al passato questi due campionati si sono affermati come serie invernali di punta, comportando quindi un minor turnover rispetto agli anni precedenti. Per i piloti che puntano a una campagna di stagione regolare in una feeder series, questi eventi di inizio stagione generano trazione. La prospettiva attira chi ha le risorse per parteciparvi e, di conseguenza, l'interesse per l'edizione 2023 ha raggiunto nuovi picchi.
Inoltre si consolidano partnership tecniche come quella tra Prema e Mumbai Falcons, reduce da un 2022 trionfale.
Conclusione
Con il COVID-19 che sta alleggerendo la morsa in tutto il mondo e le politiche di contenimento allentate, il 2023 sta emergendo come un probabile anno di transizione. E queste categorie potrebbero espandersi ulteriormente grazie alle maggiori opportunità per i piloti, che possono indurre un aumento di visibilità e competizione.
Anna Botton