F1 | GP Australia: il ritorno del Sergente Maggiore Marko
Le parole del manager di Graz a proposito dell'episodio di Hadjar fanno discutere, ma non sono certamente una novità.

Macché F1, Helmut Marko sarebbe perfetto per un film di Stanley Kubrick. Il ruolo di istruttore in un campo militare ai tempi del Vietnam gli calzerebbe a pennello: chi non lo vorrebbe vedere arringare le giovani leve in divisa Red Bull tutte belle in fila e con i capelli rasati a zero? Ma soprattutto apostrofare Isack Hadjar con un classico “Qui tu non riderai, tu non piangerai, qui si riga dritto e basta”?
Isack disperato, ma per Marko è imbarazzante
La gara in Australia è stata certamente condizionata dalla pioggia caduta abbondantemente prima del via, e poi in maniera intermittente durante il Gran Premio. Hadjar, però, non ha disputato neanche un metro della corsa, essendosi piantato contro le barriere della Jones nel corso del giro di formazione. La sua disperazione è sfociata in pianto mentre, ancora con il casco in testa, rientrava ai box, a capo chino, senza la forza neanche di guardare avanti a sé.
Davanti all’imprevisto che lo ha messo subito fuori dai giochi nel suo primo giorno di scuola, dopo un sabato da leone, Hadjar si è mostrato per quello che è: un ragazzo di vent’anni, prima ancora di un bravo pilota. E non ha saputo trattenere le lacrime, in una reazione che forse non siamo più abituati a vedere sui campi di gara, ma che racchiude in sé rabbia, delusione (in primo luogo verso sé stesso) e frustrazione. La prima reazione di tutti gli esseri umani di fronte a ciò dovrebbe essere quella di Anthony Hamilton e di Stefano Domenicali (ne parleremo più avanti).
Ma questo non vale certo per il Sergente Maggiore Marko, l’uomo che non lascia cadere nulla a terra, che ha sempre una buona parola per tutti quelli che gli stanno attorno, specialmente se sono dei robot o dei fuoriclasse assoluti (ma anche su questi spesso le battutine salaci non si risparmiano).
Ha messo su una scenata un po’ imbarazzante
Questo il commento a proposito del francese alla televisione austriaca ORF. Ora, al di là di tutto, non sta a noi valutare l’elemento tecnico dell’errore del pilota e le dinamiche interne a Red Bull, ma era proprio necessaria un’uscita del genere? Fino ad ora abbiamo usato l’ironia, ma qui siamo seri: Marko merita tutto il rispetto del mondo per la sua storia, il suo presente e per la sua umanità (celata benissimo sotto uno strato di pura durezza teutonica). Ma, proprio alla luce di tutto questo, perché rivolgere queste parole nei confronti di un ragazzo che ha appena commesso un errore che non gli ha concesso di prendere parte dal primo GP della sua vita e che ha reagito come un uomo normale? Perché non soprassedere, e parlarne in privato, magari anche in modo duro, ma leale?
Anche Ferrari nel mirino
Ma non è stato solo Isack Hadjar a finire sotto il fuoco del bombardamento dell’uomo più caustico della F1. Non poteva mancare, infatti, la staffilata a Ferrari, di gran lunga il target preferito dell’uomo di Graz. Parlando della strategia tenuta in gara da Red Bull, infatti, è arrivato anche l’ironico commento di quella seguita dagli uomini di Maranello.
Siamo soddisfatti del secondo posto di Max viste le condizioni incerte e l’elevato degrado gomme di cui soffriamo. Probabilmente avremmo potuto chiamare Verstappen ai box con un giro d’anticipo. Anche in quel caso difficilmente saremmo riusciti a lottare per la vittoria. La scelta presa è stata comunque quella giusta alla fine. Almeno non abbiamo aspettato tanto come la Ferrari.
Eccola lì, la botta finale agli umori già a livelli “da Ottobre Rosso” degli uomini di Frederic Vasseur. Anche se qui, va detto, in Ferrari fanno di tutto per non essere esenti da critiche e battute, e dopo lo strombazzamento generale dello scorso inverno c’è da scommettere che il buon Helmut non stesse aspettando che una prestazione del genere per “sfogarsi”.
Sir Anthony, Domenicali vero leader

Tornando alla situazione che ha visto protagonista Isack Hadjar, sono due le figure ad esserne uscite come dei giganti a livello umano. La prima è sicuramente Hamilton padre, Anthony, che non ha esitato ad andare incontro al francese in lacrime nel paddock, abbracciarlo e cercare di consolarlo. Un episodio che fa il paio con Abu Dhabi 2021, quando fu il primo ad andare a congratularsi con Verstappen per il titolo proprio mentre il team e il figlio iniziavano a mettere in piedi una delle proteste più veementi della storia del Circus.
Stefano Domenicali, a sua volta, ha dimostrato di essere un leader vero nel paddock, al di là di tutto. Spesso lo abbiamo criticato, e presumibilmente, vista la piega che stanno prendendo le cose, continueremo a farlo. Vederlo uscire dall’hospitality Racing Bulls, domenica, dopo l’episodio di Isack, ci ha reso l’idea di come lui sia molto diverso dai suoi predecessori, e abbia ben chiaro cosa voglia dire essere una figura di riferimento sotto tutti gli aspetti. Giù il cappello, dunque: la persona viene prima del manager.
Ecco, in conclusione, un promemoria che dovrebbe valere per tutti, a partire da chi scrive e dagli addetti ai lavori. Quando parliamo di F1, di motorsport e di sport in generale, e diciamo la nostra su tutto e tutti dall’alto della sapienza acquisita in anni di divano e televisione, magari tenere a mente che stiamo parlando pur sempre di uomini (quando non di ragazzi) potrebbe aiutarci ad evitare commenti, battutine e parole che possono pesare come macigni, e certamente non aiutano chi si trova in difficoltà e sa benissimo di averla combinata grossa. Proprio come capitato ad Hadjar la scorsa domenica.
Nicola Saglia