Storie di Mandela, Formula 1 e apartheid
La scomparsa a 95 anni di Nelson Mandela segna l'addio ad uno degli uomini più rappresentativi, carismatici e influenti della nostra epoca. La sua vicenda personale, caratterizzata da 27 lunghi anni di prigionia e dalla battaglia contro l'apartheid, rappresenta un simbolo universale per la difesa della libertà e dei diritti umani. Ma è stato anche e soprattutto attraverso lo sport che Mandela ha voluto diffondere il proprio messaggio, trasformando il Sud Africa da paese politicamente isolato qual era alla condizione di ritrovarsi spesso e volentieri al centro dell'attenzione mondiale, grazie ai numerosi eventi ospitati negli ultimi due decenni. Anche la Formula 1 ha incrociato il proprio destino con quello della nazione sudafricana, con un mix tra politica e sport ai più rimasto pressochè sconosciuto.
Dopo aver debuttato, infatti, sul tracciato di East London nel lontano 1962, il grande Circus si era trasferito a partire dall'edizione del 1967 a Kyalami, circuito sul quale la gara si disputò fino al 1985. A quel punto, però, le pressioni internazionali orientate alla battaglia contro l'apartheid di fatto condussero al boicottaggio di qualsiasi evento sportivo nel paese sudafricano, compresa la Formula 1 che dunque dovette rinunciare ad organizzare il Gran Premio dal 1986 in poi. In realtà, molti altri sport avevano già abbandonato il Sudafrica da diversi anni: ma la Formula 1, dal canto suo, era stata a lungo supportata dal governo locale, nonché sponsorizzata dal principale quotidiano nazionale, al fine di assicurare lo svolgimento della gara. Gli addetti ai lavori, infatti, usufruivano di appositi permessi in grado di consentire loro l'accesso nel Paese senza che i loro passaporti dovessero venire timbrati, cosa che avrebbe potuto creargli dei problemi nelle visite agli Stati ufficialmente contrari all'apartheid. Ma già nel corso dell'ultima edizione svoltasi a Kyalami, i fattori politici influenzarono non poco l'esito della gara. Assecondando la linea stabilita dal governo francese, infatti, Ligier e Renault decisero di non prendere parte all'evento. Per quanto riguarda, invece, i piloti transalpini, Alain Prost corse regolarmente al volante della McLaren piazzandosi al terzo posto, mentre Philippe Streiff (lasciato libero dalla Ligier) venne ingaggiato solo per quella gara dalla Tyrrell. Alcuni sponsor, poi, decisero di togliere il proprio logo dalle vetture sempre in segno di protesta: fu così per la Barclay sulla Arrows e per la Marlboro su McLaren e Ferrari. Dal canto suo, in seguito alle numerose critiche ricevute, la Federazione Internazionale emanò per bocca del suo presidente Jean-Marie Balestre un comunicato stampa, nel quale egli asserì di non avere alcun potere personale per annullare il Gran Premio e che nessuna Autorità Sportiva nazionale ne aveva chiesto la cancellazione, nonostante il calendario fosse già stato reso noto nell'ottobre dell'anno precedente.
Dovettero poi passare ben sette anni prima che la Formula 1 potesse nuovamente calcare il suolo sudafricano, in coincidenza con l'avvenuta scarcerazione di Mandela e la fine del regime di apartheid. Il Gran Premio, che si disputò sul rinnovato tracciato di Kyalami, si svolse soltanto per due edizioni, prima che il Circus abbandonasse nuovamente il Sudafrica. Da allora, nonostante i reiterati tentativi del governo, la Formula 1 non avrebbe più messo piede sul suolo africano, spinta dalla foga di cercare nuovi mercati più "appetibili" dal punto di vista finanziario. Il tracciato di Kyalami ha comunque visto la presenza di eventi di richiamo internazionale grazie alla prova del campionato A1 Gp sul circuito di Durban ed all'esibizione nel 2005 delle Minardi biposto di Formula 1.
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