Non è un segreto che la Formula 1 sia una realtà in cui le informazioni vengano diffuse con il contagocce. Lo sport più veloce e blasonato del mondo non è solo ermetico ai non addetti ai lavori, ma anche limitato nella quantità di informazioni diffuse alla stampa. Di vere notizie ne circolano poche, e per questo vengono totalmente sviscerate, riproposte e commentate fino alla nausea; si può perciò comprendere il valore di ogni singola news che si riesca a raccogliere, anche la più piccola. Proprio nel mondo dello sport, con la maggiore attenzione mediatica ma al tempo stesso con interlocutori spesso non altrettanto media-friendly, fare informazione di qualità è piuttosto difficile. E lo è per varie ragioni. Alcune sono pratiche: la presenza in pista è un impegno logistico e finanziario molto importante, e il numero di giornalisti che ancora segue tutte le gare risulta minore rispetto al recente passato; altre ragioni riguardano la natura stessa dello sport, fatto di alta tecnologia e segreti industriali: essere la disciplina tecnologicamente più avanzata del mondo la rende ovviamente zeppa di innovazione, e gli interessati non vedono di buon occhio la massiccia presenza di giornalisti e curiosi. Almeno fino ad ora, ovvero fino all'approdo di Liberty Media che proclama di voler, almeno in parte, cambiare le cose. 

La qualità media dell'informazione che circola sul web è perlopiù scadente. Le punte di eccellenza (che pure ci sono) rappresentano rare eccezioni in un panorama fatto di contenuti non originali, i quali si basano ormai prevalentemente su scarni comunicati stampa, notizie riportate, copiate, tradotte, male interpretate o addirittura equivocate. Solo i grandi gruppi e le testate più importanti (senza dare un giudizio in merito ai contenuti in sé) mantengono una presenza costante e riescono a portare avanti concretamente una produzione costante di notizie, poi riprese da tutta la galassia del web. Un universo senza regole fatto di presunti esperti, ingegneri e influencer che costituiscono una realtà parallela e decadente rispetto ai canali tradizionali, che "giocano" a fare informazione senza nemmeno avere mai avuto contatti diretti con la realtà che pretendono di raccontare. E che sono pronti a scrivere tutto e il contrario di tutto per una manciata di "like". Riconosco all'informazione su Internet uno dei suoi più grandi pregi che è, appunto, la velocità; ma mi piace pensare che la forma di un articolo, il contenuto e in qualche modo la storia che si costruisce attorno alla notizia abbia ancora qualche valore. Oppure, in assenza di quest'ultimo, possa presentare quantomeno sintassi e congiuntivi in forma...corretta.

Che sia il sottoscritto a scrivere questo, in qualità di rappresentante dell'informazione web, non è - come potrebbe sembrare - sintomo di tendenze autolesioniste, bensì il sintomo di quanto Internet sia ormai in mano a sciacalli di ogni genere, rapidi come un fulmine e prendersi il merito di previsioni campate per aria al grido di "ve l'avevamo detto".

La Formula 1 mi piace, tra l'altro, per il valore che ancora riconosce ai tradizionali rapporti personali vis a vis e alla presenza in pista, rendendoli ancora oggi i canali privilegiati (e pressoché gli unici) per comprendere davvero l'ambiente, le sue complessità e per coglierne le notizie. Questo è possibile solo grazie alla capacità di stringere rapporti con le figure di riferimento, siano essi personaggi interni alle squadre, addetti stampa o colleghi stranieri. Il solo fatto di recarsi in circuito non è di per sé sufficiente a saper fare questo lavoro, ma non lo è nemmeno guardare ore di tv seduti davanti alla tastiera a vomitare commenti, analisi di qualsiasi cosa e tweet a ciclo continuo, solo perché Internet dà la possibilità di farlo.

Dispiace che l'informazione vista in giro sia solo una fastidiosa riproposizione di notizie raccolte e diffuse da altri, ma con gli eroi di Twitter ormai elevati al ruolo di moderni cavalieri dell'informazione, sempre pronti a pontificare su qualunque argomento, sono contento che la F1 della tecnologia spaziale lasci ancora spazio al valore della notizia vecchia maniera: quella raccolta sul campo.

Stefano De Nicolo'

 

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