La ghiaia posizionata all'esterno dell'ultima curva del Red Bull Ring
Credits: Red Bull Content Pool

Nella F1 (e nel motorsport in generale) dei giorni nostri, i track limits sono diventati un argomento all’ordine del giorno su qualsiasi tracciato si vada a correre, Monte Carlo a parte. I famigerati sensori annegati appena oltre la linea bianca che delimita la pista sono “informatori” immediati, utilizzati dagli inflessibili stewards per comminare penalità o cancellare giri veloci. Nel corso della stagione passata, però, abbiamo visto come in alcune piste si stia provando a fare qualcosa di diverso, che potrebbe essere il segnale di come la mentalità in merito stia (grazie a Dio) iniziando a cambiare.

Red Bull Ring, Monza e Losail scelgono la ghiaia

Il tracciato dove la situazione, negli anni passati, si era rivelata più “drammatica” era stato senza dubbio il Red Bull Ring. Come dimenticare l’edizione 2023 del Gran Premio d’Austria, con la top ten finale stravolta sei ore dopo la bandiera a scacchi da un numero record di penalità inflitte proprio a causa delle continue segnalazioni arrivate da sensori e team stessi (più di cento in totale) a scapito di questo o quel pilota. Allora scrivemmo che era necessario intervenire per evitare che una farsa del genere potesse ripetersi, e qualcosa sembra essersi effettivamente mosso. 

Nel 2024, infatti, all’esterno delle curve più interessate da possibili traiettorie considerate troppo larghe, in particolare le ultime due, sono state posizionate delle vere e proprie strisce di ghiaia, che di fatto costringevano i piloti che vi sarebbero passati sopra ad alzare il piede. Effettivamente, i risultati di questo lavoro si sono visti, e, se i track limits non sono stati del tutto eliminati, hanno comunque visto una riduzione sensibile, se comparati a quelli registrati negli anni precedenti. 

Credits: Red Bull Content Pool
La Variante della Roggia con la striscia di sabbia posizionata per evitare i tagli di chicane

Visto il risultato, altri tracciati hanno poi provveduto ad imitare in qualche modo l’esperienza austriaca. In particolare, l’Autodromo di Monza ha fatto largo uso delle strisce di sabbia in quelle vie di fuga che sono state asfaltate qualche anno fa in Prima Variante, Roggia e Parabolica Alboreto. Anche a Losail si è provveduto a sistemarle all’esterno di diverse curve veloci, e simili soluzioni sono state utilizzate anche al Circuit of the Americas di Austin. 

Anche Suzuka e Melbourne al lavoro

Tra i tracciati che, in ottica 2025, sono al lavoro per migliorare la situazione delle proprie vie di fuga ce ne sono due che verranno affrontati già nella prima parte di stagione. Suzuka, uno dei più complessi e affascinanti del calendario, dopo aver riasfaltato il primo settore, ha operato una modifica sostanziale dei cordoli all’uscita di curva 2, della seconda Degner e della Spoon Curve. Stiamo parlando di porzioni iconiche, che però negli anni scorsi non sono stati risparmiati dalle problematiche sopra descritte, e perciò gli organizzatori sono stati costretti a intervenire. 

Credits: Suzuka Circuit Official X page
L'uscita della Degner di Suzuka

Situazione leggermente diversa quella che si vive invece a Melbourne, che tornerà finalmente ad essere la prima tappa stagionale nel 2025. Il layout australiano è stato reso molto più veloce (e godibile) dalle modifiche apportate in vista dell’edizione 2023, ed effettivamente non si sono mai registrati particolari problemi relativi ai limiti del tracciato, anche perché le barriere sono rimaste abbastanza vicine e l’erba continua a farla da padrona nelle vie di fuga esterne e interne. I pesanti botti di Albon e Russell all’uscita di curva 6, la Chicane Marina, hanno imposto un ripensamento del posizionamento di cordoli e barriere, senza comunque andare a snaturare il tracciato. Si è agito più che altro per la sicurezza dei piloti, anche qui però cercando di evitare asfalto nella via di fuga, e quindi il pericolo di eccessivi track limits nel weekend di gara. 

Un necessario passo indietro, per il bene della F1

Insomma, siamo ben lungi dalla situazione ideale ovunque, ma a proposito dell’argomento track limits qualcosa di importante pare stia iniziando a muoversi. Lo abbiamo detto e scritto fino allo sfinimento, ma giova ripetersi, soprattutto alla luce delle notizie (positive) che arrivano dalle varie piste. Ci sono due ambiti su cui lavorare: uno riguarda gli stewards, l’altro i tracciati. In particolare, i commissari devono iniziare a valutare ogni caso in maniera meno meccanica, cercando di distinguere le situazioni. Perché, anche nella passata stagione, abbiamo vissuto situazioni paradossali, si veda il caso di Perez e Leclerc nell’ultimo weekend di Abu Dhabi. Tornare a mettere l’uomo al centro delle valutazioni, e non i sensori che, come abbiamo visto, possono trarre in inganno. 

In secondo luogo, il ritorno della ghiaia, seppur in minima parte, è la dimostrazione che la filosofia dell’asfalto nelle vie di fuga (imperante da una ventina d’anni) per garantire la sicurezza ha fallito miseramente. Innanzitutto, perché è tutta da dimostrare, secondariamente perché foriera di confusione e polemiche a non finire. Quante volte abbiamo sentito recriminare o ci siamo trovati a discutere di situazioni che la ghiaia avrebbe serenamente potuto evitare? Ecco, quanto si è visto a Spielberg, Monza e ora anche a Suzuka è la plastica dimostrazione che qualcuno, finalmente, sta aprendo gli occhi. 

Insomma, un ritorno al passato che non potrà fare che bene alla F1 di oggi, nella speranza che l’esempio sia seguito da tutti. Però, una domanda sorge spontanea: a cosa è servito creare delle piste di atterraggio all’esterno delle curve, se ora ci troviamo a dover riportare la ghiaia?

Nicola Saglia