Formula E Pit Boost
Credits: profilo Twitter FIA (https://x.com/fia/status/1882374972469113326)

Dopo averne rinviato (per tanti buoni motivi) l'introduzione, a Jeddah la Formula E ha visto per la prima volta in gara il Pit Boost, ovvero il ricarica rapida in gara per le monoposto a propulsione elettrica.

Una novità che ha funzionato?

Mutuando le parole, sempre cariche di entusiasmo, del sito della Formula E "Pit Boost è una caratteristica innovativa che fornisce un aumento di energia del 10% (3,85 kWh) alle monoposto tramite una ricarica rapida di 30 secondi e 600 kW nella corsia box": in buona sostanza stiamo parlando dell'equivalente al rifornimento della F1 negli Anni Duemila, se non fosse per l'obbligo regolamentare di effettuare la sosta ai box, cosa che (continuando con i virgolettati provenienti dal sito della Serie) "aggiunge un altro elemento strategico (...) con il potenziale di alterare drasticamente i risultati e le tattiche di gara".

Da un punto di vista estremamente pratico la novità introdotta non ha causato problemi: le attrezzature hanno funzionato correttamente e le varie scuderie sembravano abbastanza allineate sulle procedure. A parte l'invasione di campo di Oliver Rowland (Nissan) nell'area Andretti, le varie manovre hanno visto degli andamenti lineari. Anni fa, nelle prime stagioni della Formula E, i piloti necessitavano di un cambio vettura per completare la gara e tale "manovra", piuttosto insolita nel panorama motoristico, aveva il potenziale per generare un momento spettacolare, caratteristica quest'ultima che non si addice alla ricarica in corsia box. Per quanto riguarda l'effetto sulla gara, abbiamo visto ad un ventaglio di scelte, volte ad ottemperare la fermata obbligatoria, che hanno portato ad un ingresso in corsia box piuttosto frammentato delle vetture, rendendo il gioco del "chissà chi salterà in testa" piuttosto confuso, soprattutto per una platea abituata alle gare di F1 ed IndyCar, dove la lunghezza in termini di tempo di gara rende il gioco strategico molto più intellegibile.

Fu vera gloria?

In una prospettiva che vede la Formula E come "vetrina" mondiale per quanto riguarda la mobilità elettrica, probabilmente l'impiego di quello di un nuovo "gizmo" (per utilizzare una terminologia cara agli americani e agli amanti delle novità elettroniche) come quello della ricarica in gara rappresenta un deciso passo avanti nell'illustrare come le tecnologie applicate in questo campo possano evolvere velocemente (trenta secondi per stoccare 600 kW fanno sembrare preistoriche e grottesche le monoposto di prima generazione, che avevano bisogno del cambio vettura di cui sopra), magari ponendo le basi per un futuro (chissà quanto lontano) trasferimento tecnologico anche sulla produzione di serie. Da questo punto di vista, il sospetto problema alla batteria RESS per la Porsche Andretti di Jake Dennis (e le possibili correlazioni con il Pit Boost) necessita di ulteriori indagini, fisiologiche al miglioramento del "pacchetto" legato alla ricarica veloce.

Da un lato sportivo, tuttavia, l'inserimento di un elemento "spettacolarizzante" esterno rimane sempre una decisione discutibile. In questo caso la ricarica obbligatoria ha sì aggiunto un elemento strategico, ma l'alterazione dei risultati giro per giro è fin troppo dinamica. Se, come detto in precedenza, le strategie di una gara IndyCar diventano intellegibili come un buon libro giallo che si dipana pagina dopo pagina, quello che abbiamo visto a Jeddah sembrava una specie di livello finale di un videogioco cabinato degli Anni Ottanta / Novanta. Le successive applicazioni del Pit Boost ci diranno se, in combinazione con le lunghezze limitate e gli attack mode, ci dovremo aspettare gare che necessitano una lettura inutilmente frenetica o se lo studio delle "finestre" di utilizzo porteranno le varie scuderie ad uniformarsi su tattiche meno granulari.

Luca Colombo