In esclusiva abbiamo parlato con Mario Andretti, campione del Mondo 1978 di Formula 1 e capace di vincere sia in Europa sia in America. Con Mario abbiamo toccato vari temi, a partire dalla vittoria del titolo in F1 e dal suo rapporto con Ronnie Peterson, passando per temi più attuali sulla F1 e sulla IndyCar. Abbiamo poi ripercorso gli inizi della carriera di Andretti e di quello che è stato il suo percorso nel Motorsport lungo oltre 60 anni. Qui potete vedere tutta l'intervista e qui potete leggere la versione in inglese.

LA CONQUISTA DEL TITOLO IN F1

In questo settembre ricade il 45° anniversario dalla conquista del suo titolo Mondiale. Che ricordi ha di quell’annata? Che emozioni provò e c’è un aneddoto che non ha mai raccontato di quella stagione, se vuole condividerne uno?

Quella era stata un’annata che ho sognato sin da bambino, quando ero in Italia. Era stata però una giornata molto triste, doveva essere quella più bella della mia carriera e invece ho perso il mio amico, Ronnie Peterson. Non doveva accadere, ma è successo. Non abbiamo potuto fare festa, ma festeggio ogni giorno questo traguardo, per tutto quello che è successo nel mondo dell’automobilismo. Il primo sogno per me era quello della Formula 1, è stato incredibile, ho avuto esperienze con Colin Chapman in Lotus, con la Ferrari, sono state preziose. Vedere adesso la Ferrari vincere è bello per noi, io sono e sarò tifoso della Ferrari per sempre. Nella vittoria di Singapore, Carlos ha fatto una cosa eccezionale. Ferrari secondo me ha due piloti capaci di poter diventare campioni del mondo, da vedere è una cosa bellissima. 

La gara dove vinse il titolo, il Gran Premio d’Italia, fu quella dove morì il suo compagno di squadra Ronnie Peterson. Lei poco fa lo ha definito un amico, le chiedo se vuole raccontarci come fu il vostro rapporto in quella stagione e com’era lavorare con lui? 

Noi eravamo amici ma rivali in pista, è sempre stato così durante la mia carriera. Dal punto di vista umano c’era un rapporto speciale tra noi, con le nostre famiglie ci si frequentava, le nostre mogli andavano d’accordo, i bambini anche. Perderlo come compagno di squadra e amico è stato difficile. In pista però ognuno faceva per conto suo. Io avevo una migliore comprensione degli assetti, lui veniva sempre dietro di me (ad ascoltare, ndr). Durante la mia carriera, io volevo avere conoscenza di tutto quello che succedeva sotto il punto di vista dell’aerodinamica e delle sospensioni. Anche Colin Chapman ogni tanto mi chiedeva perché facessi una cosa piuttosto che un’altra ma non glielo spiegavo, [lo facevo perché] andava bene per me. Quello che davano a Ronnie non era sempre preciso perché bisogna sapere tutto della vettura. Sotto quel punto di vista mi sentivo più sicuro. La capivo benissimo, io sono nato con quelle macchine – con la Lotus 78 e 79 ad esempio. 

Secondo lei, Peterson avrebbe potuto vincere il titolo nelle stagioni successive se non ci fosse stato l’incidente di Monza?

Sicuramente, un pilota capace di vincere gare è capace di poter vincere un Mondiale con la macchina e la squadra nel posto giusto. La qualità del pilota era assolutamente quella del campione, senza ombra di dubbio.

GUIDARE UNA F1 A 82 ANNI: COSA SIGNIFICA?

Lei ha avuto una carriera lunghissima e anche dopo il ritiro ha guidato varie monoposto, come la biposto della IndyCar o alcune vecchie Formula 1. Lo scorso anno ha avuto modo di girare con una McLaren del 2013: che emozioni ha provato nel poter guidare una monoposto di Formula 1 ad 82 anni?

L’emozione era tanta, ero curioso ma non ero sorpreso, mi aspettavo tutto quello che poi effettivamente è successo. Peccato che non ero comodissimo nell’abitacolo, perché il sedile non era su misura, i pedali non erano regolati al meglio, lo sterzo era vicinissimo a me. Non eravamo attrezzati affinché fossi al meglio e non ho potuto spingere come avrei voluto. Ma la macchina era ottima, per me sarebbe stata grande la soddisfazione di essere in macchina nelle migliori condizioni vista la presenza delle forze. Il fatto che però Zak Brown mi abbia dato questa possibilità è una cosa che apprezzo infinitamente. E sono pronto a provare qualsiasi macchina se me lo chiedono. Alla fine, non sono tanto più vecchio dello scorso anno!

Se ti dessero la possibilità di provare una monoposto più recente, visto che hai girato con l’ultima monoposto della generazione dei V8, quale ti piacerebbe provare? Non dev’essere per forza una F1.

Personalmente ho sempre il desiderio di provare la macchina più recente, sono sempre curioso di usare quello che c’è a disposizione adesso. Non sono un nostalgico che vuole provare una vettura del 1928, voglio l’ultimo modello.

Diciamo che se Horner dovesse chiamarti per provare la RB19, ci saliresti subito…

Sarei lì in 3 minuti!

UN PARERE SULLA RED BULL

Parlando della Red Bull, vorrei che tu mi dica cosa ne pensi della stagione che sta facendo Max. Tolto Singapore, quest’anno la Red Bull, sia con Max sia con Checo, sta letteralmente dominando la stagione.

Non è una cosa nuova, nel motorsport in passato ci sono stati domini di Ferrari, Mercedes, Williams o McLaren. In certi tempi hanno dominato per stagioni, e così sta succedendo per la Red Bull quest’anno. A Singapore erano un po’ confusi, ma non hanno perso tutto quello fatto fino ad ora. Sinora hanno meritato quello che hanno fatto, come squadra e come piloti. Anche Checo ha fatto quello che poteva fare, però Max è uno di quelli sui quali non si può dubitare che sia un campione. Vedremo come andrà in Giappone (l’intervista è stata registrata mercoledì, ndr), ma saranno sicuramente lì. Però è bello che anche la Ferrari e la McLaren sono sul punto di poter dare fastidio a Red Bull. Sono lì, lavorano sodo, nessuno si ferma. Questa è la bellezza del nostro sport. Nell’era di Schumacher ci si chiedeva direttamente chi potesse arrivare secondo, adesso Max invece avrà un po’ di grattacapi.

FERRARI OTTIMA A SINGAPORE, LECLERC DEVE RESTARE

Hai menzionato la Ferrari: ti voglio chiedere un parere sull’ultimo mese della Rossa, visto che dalla pausa estiva Sainz ha ottenuto due podi, la Ferrari stessa è tornata a vincere dopo oltre un anno e ti chiedo che cosa cambieresti in Ferrari per fare in modo che possa rimanere al top in maniera più costante. Quest’anno abbiamo visto che i risultati sono arrivati in maniera sporadica.

È difficile dirlo dal mio punto di vista. Abbiamo visto che, per quanto riguarda le strategie, vedendo da fuori pensavo che avessero sbagliato certe scelte, mi chiedevo perché avevano preso certe decisioni. A Singapore la strategia per Carlos era stata correttissima, visto come sono andate le cose. Charles ha sofferto invece, perché lui era partito con le soft e ha fatto una sola sosta. La sua strategia è stata sbagliata, doveva fermarsi prima e se per il resto della gara hai le dure, sul finale le finisci e sei fregato. Peccato che per lui sia andata così, se fosse partito con la media sono convinto che avrebbe avuto la possibilità di chiudere sul podio, magari almeno in seconda posizione.

Di Charles cosa ne pensa? Quest’anno non ha ancora vinto, al momento in classifica è dietro a Carlos e l’anno prossimo avrà il contratto in scadenza. Non ha ancora firmato, in Italia si parla di un possibile rinnovo in arrivo. Se tu fossi al posto di Leclerc, cosa faresti: resteresti in Rosso o andresti altrove?

Io resterei in Ferrari, la Rossa può solo risalire. La Scuderia è capace di ritrovarsi, sono già in lotta. Lui è un pilota di alto valore per qualsiasi squadra, ma è importante che – ovunque vada – sia la prima guida. C’è solo una prima guida, lui può farlo ma non vedo una squadra più capace della Ferrari dove lui possa andare che ha un sedile disponibile. Sono convinto che sarà contentissimo di rimanere a Maranello. Penso che lui si sia già confermato come uno capace di vincere con la macchina giusta, è bello vedere la Rossa anche Carlos, che ha conquistato due pole consecutive e la vittoria a Singapore, dove è stato sotto pressione costante e non ha sbagliato nulla. 

VERSTAPPEN E UNA POSSIBILE TRIPLE CROWN

Voglio tornare a parlare di Max per chiederti se gli consiglieresti di tentare la caccia alla Triple Crown e per chiederti se, secondo te, possa essere capace di riuscire a vincere a Indy e a Le Mans? 

Assolutamente, sta tutto nella motivazione. Se avesse il desiderio di farlo, sarebbe capace di ottenere questi risultati. Un pilota capace di fare quello che abbiamo visto sinora è completo, tutto sta nella sua testa e nella sua ambizione. È una cosa privata, valeva anche per me, nel momento in cui ho provato altre cose. Perché l’ho fatto? Perché ero curioso di vedere non solo se potevo correre in altre discipline, ma se potevo vincere. Io ero specializzato sulle monoposto, ma le soddisfazioni che ho ricevuto con le stock, con le vetture sport, in qualsiasi categoria, sono state grandi e inattese. Con la squadra giusta è possibile, bisogna essere avere la possibilità di avere un bel team e sfruttare ciò che hai al meglio. 

LA F1 E GLI STATI UNITI

Gli ultimi anni hanno rivitalizzato il Mondiale di F1, soprattutto negli Stati Uniti dove il campionato ha sempre goduto di una popolarità altalenante. Crede che questa sia la volta buona che la F1 possa arrivare al livello di seguito che hanno altre serie come la NASCAR o la IndyCar?

Quest’anno avremo 3 gare di F1 negli USA che è una cosa che non è mai successa, è tutto da vedere. Serve essere attenti e non portare troppe gare qui, negli USA ci sono Indy, Nascar, c’è l’IMSA. Non credo serva avere più di 3 gare qui. Godiamoci l’interesse che c’è sulla F1 al momento perché non ha precedenti. Se andrò a Las Vegas? Certo! 

LA INDYCAR, PENSKE E PALOU: "UN CAMPIONE"

Se la F1 è in grande crescita, anche la IndyCar sta godendo di un bel momento. Come valuta il lavoro fatto da Penske finora per far crescere il campionato? 

Avere Penske al comando sia di Indianapolis sia della serie è una cosa bella, lui ha una grande passione per il motorsport e penso che sia giusto che abbia questa responsabilità. 

Palou ha vinto il campionato meritatamente, secondo te dove ha fatto la differenza rispetto ai suoi avversari? Pensi che possa aprire un ciclo e ripetersi nel ’24?

Lui è speciale, ha un talento da invidiare. Secondo me può vincere in qualsiasi categoria, è davvero bravissimo. È uno che è subito stato forte su tutti i tipi di circuito e chi ci riesce è un talento speciale. Mettilo in macchina e lui trova il modo di mettersi subito davanti.

Palou lo porterebbe in Formula 1 o lo terrebbe molto volentieri in IndyCar?

Spero che resti in IndyCar, se avessi una squadra in Formula 1 mi piacerebbe averlo. 

Abbiamo anche visto che diversi piloti, che hanno corso in F1 o che non hanno trovato nella F1 un’opportunità, dall’Europa vengono in America per correre in IndyCar. In passato Alonso ha tentato di vincere a Indianapolis. Voi, come Andretti Global, avete avuto in squadra Grosjean quest’anno e nel 2024 avrete Ericsson, due piloti ex-F1. Consiglieresti tentare l’esperienza in IndyCar anche ad altri piloti – come un’opportunità di riscatto o di crescita professionale – e chi ti piacerebbe vedere correre negli USA?

Il talento è il talento, portalo in qualunque parte del mondo e lo si vede subito. Se un pilota di talento lo fai uscire dalla Formula 1 e lo porti negli USA, lo si vedrebbe subito. Storicamente è sempre stato così. Non importa dove corri, se hai talento puoi essere capace di vincere ovunque.

UN SALTO NEL PASSATO: GLI INSEGNAMENTI DEGLI INIZI

Vorrei fare con te un salto indietro nel tempo dopo aver parlato di Formula 1 e IndyCar attuale. Qualche anno fa ho letto il capitolo dedicato a te nel libro che Will Buxton pubblicò nel 2019, My Greatest Defeat. Lì raccontasti che la tua carriera è iniziata alla fine degli anni ’50, senza che tuo padre lo sapesse perché lui era a sfavore di una tua carriera nelle corse e la stessa cosa valeva anche per tuo fratello. Qual è stato l’insegnamento più grande che hai avuto modo di avere in quei primi anni di carriera?

Per me tutto è nato dal desiderio di sormontare qualunque ostacolo e ne avevamo tantissimi, nulla è mai stato facile. Avendo una passione incredibile e la voglia di andare avanti, anche se ci fosse stato un muro davanti io lo avrei sfondato a tutti i costi. La mentalità era quella di non arrendersi mai, per me è stato questo il segreto per andare avanti sin dall’inizio. Anche oggi serve lottare per le cose importanti. Così è la vita.

Che effetto ti fa ripensare, oggi, al cammino che hai affrontato (e che avete affrontato con la tua famiglia) nel corso di questi 60 anni e, quando ha iniziato questo lungo percorso, hai mai pensato che saresti riuscito a ottenere tutto ciò un giorno? 

Per me era impossibile pensare che sarei stato così fortunato a ritrovarmi qui. Se mi guardo indietro, sono stato fortunato a non avere avuto incidenti che potevano uccidermi. Ho corso oltre 900 gare nella mia vita e non ne ho disputate solo due per infortunio. Questa è una fortuna che arriva dal cielo. Ho vissuto sempre e solo per le corse, tra la mia e la famiglia di mio fratello Aldo abbiamo otto piloti e non tutti hanno avuto la fortuna che abbiamo avuto io e Michael. Qualcuno l’ha pagata cara, come mio fratello. In generale per noi però è stato bello.

Ho visto recentemente un tuo post sui social dove hai scambiato un tuo casco con uno di Juan Manuel Fangio: chi era Fangio per te e dove lo collochi tra i grandi del Motorsport mondiale?

Devo ammettere che ho seguito la strada del Motorsport per “colpa” di Ascari. Lui, Fangio, Moss, Castellotti erano i miei eroi. La stima che avevo per loro era enorme, erano i miei idoli. Lo scambio del casco l’ho accolto con enorme piacere, lo apprezzo tantissimo perché mi fa tornare indietro agli inizi. 

Se ci fosse un altro casco da scambiare con una leggenda del Motorsport, con chi lo scambieresti? 

Proprio con Ascari. È l’unico che mi manca ora.

Mattia Fundarò