Secondo alcuni, è stato un capolavoro. Ma la vittoria ottenuta da Lewis Hamilton nella gara casalinga di Silverstone non passerà di certo alla storia come una delle più "limpide" ottenute nella prestigiosa carriera del sette volte campione del mondo.

Di certo, Hamilton ha ottenuto il massimo risultato con il...minimo sforzo. Buttare fuori pista il proprio avversario nella corsa al titolo, "cavarsela" con una penalità di dieci secondi, rimontare con una monoposto nettamente superiore grazie anche al gentile dono del compagno di squadra, non rappresenta esattamente il concetto di prestazione memorabile. Specie considerando gli inopportuni festeggiamenti di fine gara, quando sarebbe stato utile adottare un pizzico di sobrietà in più, in virtù del fatto che il diretto avversario nella corsa al titolo si trovava contemporaneamente in ospedale.

GUERRA PSICOLOGICA

Eppure, il pensiero non deve averlo minimamente toccato. Concentrato esclusivamente su sé stesso, sull'obiettivo raggiunto di aver massimizzato il risultato ed inferto un duro colpo (in tutti i sensi) al rivale, Hamilton nel dopo-gara ha badato esclusivamente a rincarare la dose. Sottolineando come, di fronte ad una situazione simile, non avrebbe esitato un istante a ripetere la manovra. Una guerra psicologica, certo: un pilota che non vuole cedere dinnanzi ad un avversario forte e veloce, come mai gli era capitato di avere negli ultimi anni.

Ma nel fantastico mondo di Hamilton non può essere oro tutto ciò che luccica. Il fatto di essere il pilota più vincente nella storia di questo sport non lo autorizza ad adottare simili comportamenti, in pista e fuori. Pronto a bacchettare chiunque sui più svariati temi (dalla politica al sociale), non appena il campione del mondo ha sentito tremare il suo piedistallo ha...pensato bene di riprenderselo, con le maniere forti. Ma la forza non va necessariamente di pari passo con lo stile.

E SE CI FOSSE STATO MAZEPIN?

Eppure, una considerazione appare opportuna. O, forse, sarebbe meglio chiamarla provocazione. Ma se a compiere la medesima manovra di Lewis Hamilton sarebbe stato (tanto per fare...un nome a caso) un Nikita Mazepin? Ovvero, il pilota (per certi versi, a ragione) più bistrattato del Circus? Le conseguenze sarebbero state le stesse? Oppure sarebbe scattata la squalifica per una gara, con tanto di "crocifissione" popolare sui Social?

Riflettiamoci. Perché i due pesi e le due misure non possono valere nell'applicazione del regolamento. Il solo "danno procurato" (per una manovra come quella di Hamilton, in una delle curve più veloci del Mondiale) avrebbe meritato come minimo un drive-through. E a quel punto, le cose sarebbero decisamente cambiate. Staremmo qui a parlare nuovamente di una Ferrari vincente "a casa loro" e di un Hamilton sciupone, capace di gettare (con una mossa al limite) alle ortiche una possibile vittoria.

E invece no. Sebastian Vettel, nel 2019, pagò con una penalità di 5" il taglio di una chicane, favorendo il successo proprio di un certo...Lewis Hamilton. Oggi, il britannico se la cava con soli cinque secondi in più, ma dopo aver spedito un avversario a muro a quasi 300 km/h. Qualcosa non funziona, anche nell'interpretazione e nell'applicazione dei regolamenti. La battaglia in pista è sacrosanta, ma la coerenza tra danno procurato e sanzione applicata va evidentemente rivista.

IL POST-GARA: TRA CHAMPAGNE E OSPEDALE

Ultimo capitolo: i festeggiamenti a fine gara. D'accordo, Verstappen stava bene e il team aveva comunicato a Hamilton che l'olandese non aveva nulla di grave. Ma è possibile che a nessuno in casa Mercedes sia venuto in mente che (forse) sarebbe stato meglio non eccedere, considerando l'accaduto? Il team di Brackley, sempre così attento a tutti gli aspetti legati alla comunicazione, non si è posto il problema di "frenare" il proprio pilota, trovandosi il rivale diretto nella corsa al titolo in ospedale? Una mancanza di stile che, inevitabilmente, non è andata giù a Red Bull e Verstappen.

Ma nemmeno a tutti coloro che amano la sportività. Intesa come lotta al limite delle proprie possibilità, ma anche come capacità di comportarsi lealmente con l'avversario, fuori e dentro la pista. Vincendo e perdendo in maniera limpida, pulita. Quello sì, sarebbe stato un vero capolavoro.

Marco Privitera