Il mondo dell’automobilismo piange l'ingegner Giovanni Marelli, venuto a mancare all’età di 84 anni. Dagli anni Settanta in poi si distinse come una delle figure di spicco a livello tecnico sia in ambito italiano che internazionale, militando dapprima in Ferrari e successivamente ricoprendo un ruolo-chiave in Alfa Romeo al fianco dell'ingegner Carlo Chiti.

Giovanni Marelli, una vita tra i motori

Giovanni Marelli nacque nel 1940 in una famiglia di industriali del tessile, mostrando sin da subito un innato interesse per le auto che venne inizialmente osteggiata dal padre Cesare.

Laureato in ingegneria, negli anni Sessanta iniziò a lavorare in Ferrari con il Reparto Corse portando subito la Dino 246 alla vittoria nella Tasman Cup 1969. L’ingegnere passò ad occuparsi successivamente del Campionato della Montagna con Peter Schetty, collezionando altri successi con la 212. Grazie ai risultati ottenuti, Marelli passò quindi ad occuparsi della 24 Ore di le Mans e di Formula 1, insieme a Mario Forghieri.

All’inizio degli anni Settanta arrivò la chiamata direttamente dall’allora presidente di Alfa Romeo, Giuseppe Luraghi. Collaborò insieme a Carlo Chiti nel programma legato al campionato prototipi con l’Alfa Romeo 33 e con le vetture Turismo nella categoria GTAM, che lo avrebbe portato alla vittoria del Campionato Europeo nel 1975.

Marelli riprese a lavorare nuovamente in Formula 1 prima con la Brabham che montava i motori Alfa Romeo, poi successivamente con il ritorno del Biscione in Formula 1.

La fondazione di MCM e le collaborazioni a Indy

La riapparizione della Casa di Arese non diede però i risultati sperati e Marelli lasciò quindi Alfa Romeo per creare una sua azienda, la MCM con sede a Milano.

In questa nuova realtà, Marelli insieme a diversi ingegneri italiani realizza un telaio di materiali compositi con Eric Broadley per la Lola del team Newman-Haas Racing che vince il Campionato Cart 1984 con l’amico fraterno Andretti. Dopo questo successo la sua azienda lavora anche con la Yamaha, nella Parigi-Dakar e alla Supermono 600.

Il tecnico lombardo però non si fermò alle automobili da corsa, ma con la genialità eclettica che lo contraddistingueva lavorò anche con Tullio Abbate nel campo della motonautica, seguendo lo sviluppo delle prime cellule di sicurezza. Fu anche attivo nel campo della medicina, sviluppando i primi componenti di carbonio per la radioterapia insieme al dottor Mario Romano dell’Ospedale Borgo Trento di Verona. 

Con la scomparsa di Giovanni Marelli viene a mancare un personaggio di riferimento che ha messo il suo genio al servizio delle corse, un mondo che ha amato sin dalla giovane età.