Giorgio Barbier, direttore Racing Moto di Pirelli.
Giorgio Barbier, direttore Racing Moto di Pirelli. Credits: Pirelli Moto

Con la chiusura del Mondiale 2024 termina anche la prima stagione da fornitore ufficiale di pneumatici per Moto2 e Moto3 di Pirelli, che da quest’anno è subentrata a Dunlop. Un arrivo che ha portato una ventata d’aria nuova alle due categorie propedeutiche alla MotoGP, dove si sono registrati record sui tempi sul giro e sui tempi di gara quasi in ogni appuntamento. Con Giorgio Barbier, direttore Racing Moto del fornitore italiano, abbiamo tracciato un bilancio di questo impegno. Potete vedere qui il video completo dell'intervista.

Giorgio, per chi non ti conoscesse, ti va di riassumermi in poche parole il tuo percorso nel mondo delle moto e con Pirelli?
Iniziamo da lontano, nel 1983, quando Pirelli decise di iniziare questo percorso nel motociclismo, o meglio, di ricominciare perché era dai tempi del primo dopoguerra che non si fece più nulla a livello di gare internazionali. Quindi decidemmo di partire con la novità che c’era nel nostro mondo in quegli anni, ovvero la radializzazione, si parlava di fare i primi radiali, c’erano già sulle auto, ma sulle moto no. Quindi partimmo con questo progetto, in Italia e in Europa con il team Italia, con le 500 da GP d’allora, Honda soprattutto, nel campionato europeo. Poi cominciammo l’avventura con le derivate di serie, le Superbike ancora non esistevano a metà degli anni ’80. Abbiamo fatto un bel campionato in Spagna nell’87, quando c’erano Puig e Amatriain che correvano. Nell’88 cominciammo a guardare in Italia cosa si stava facendo, iniziava il campionato Italiano. Entrammo nell’89 nel Mondiale Superbike con Rumi Honda e vincemmo con Fred Merkel e poi siamo andati avanti: Europeo con Davide Tardozzi e così via. Nel 1992 ho lasciato la società perché c’eravamo fermati con le attività moto, io avevo fatto anche un paio d’anni in Formula 1 – nel 1985 e nel 1986 – e andai in Gilera per quello che fu il primo approccio di Gilera nella 250 da Gran Premio, avevamo un ufficio a Usmate Velate. Partimmo con questo progetto con Carlos Lavado e Ruggia. Dopo 2 anni, mi hanno richiamato in Pirelli; il progetto di Gilera non andò più avanti, si spostò su Sacchi e venne gestito in altro modo da Piaggio. Mi sono occupato per 7 anni di auto ad alte prestazioni, quindi relazioni con Ferrari, Porsche, Aston Martin e così via. Nel 2000 mi hanno richiamato perché si voleva ricominciare a fare i campionati del mondo di moto; siamo partiti prima con la Supersport, poi con la Superbike e dal 2003 è iniziato il regime di monogomma che va avanti tutt’ora e da quest’anno abbiamo anche Moto2 e Moto3.

Sei da tanti anni il direttore Racing Moto per Pirelli in Superbike, quanto è stato difficile dover conciliare il doppio impegno tra derivate di serie e Motomondiale?
Tieni conto che in questi 20 anni abbiamo costruito una squadra molto forte di professionisti molto capaci, per cui non abbiamo fatto altro che dividere questo personale nei due campionati. Abbiamo un responsabile per ogni campionato e poi ci giostriamo noi rispetto alle due situazioni. Le cose importanti alla fine accadono in pista, per cui bisogna essere qui, pronti quando si parla delle cose e quando succedono. Scegliere dove andare quest’anno non è stato semplicissimo, è stato un anno abbastanza impegnativo da questo punto di vista, però sono molto contento dei risultati e della crescita delle persone che hanno lavorato con noi.

Che voto daresti a Pirelli al termine di questo primo anno come fornitore delle due classi inferiori? Quale è stato il circuito che vi ha messo maggiormente alla prova nel corso di questa stagione?
Penso che i voti ce li debbano dare le squadre, il promotore e la Federazione, le case. Da parte nostra sappiamo di aver fatto il nostro lavoro e di averlo fatto bene. I risultati dati alla fine sono lì, è stato un anno da incorniciare per i miglioramenti che ci sono stati a livello di tempi e di tempi di gara ma soprattutto, secondo me, per la bellezza delle gare, per lo spettacolo che i piloti sono riusciti a dare usando il nostro prodotto in pista. Questo è il rapporto di fiducia che abbiamo costruito quest’anno con chi non ci conosceva ancora in questo paddock. Direi che siamo andati bene, da questo punto di vista. Le piste le conoscevamo quasi tutte, ma non con queste moto e questa era la grande incognita, per cui c’erano quelle dove erano più preoccupati loro (i team, ndr) per le esperienze precedenti e quelle dove eravamo più preoccupati noi per le nostre conoscenze. Siamo usciti molto bene da tutte le situazioni. La pista più impegnativa in assoluto per entrambi i campionati è sempre Phillip Island perché è un circuito con un layout che in Europa non esiste più, con curve molto impegnative, veloci e consecutive e in condizioni climatiche che tra la Superbike e la MotoGP sono molto diverse perché sono proprio le due stagioni opposte, primavera e autunno, ma che così ci hanno permesso di fare delle prove molto interessanti.

Quale è stato il feedback più ricorrente tra i piloti rispetto alle gomme fornite e quali sono state le differenze – rispetto alle Dunlop – che vi sono stati segnalati a livello di comportamento della gomma?
L’approccio è stato molto differente, loro avevano un commitment per una fornitura che negli anni hanno ottimizzato dal loro punto di vista. Questo significava portare del materiale molto sicuro, da un certo punto di vista, e durevole, che però comportava dei limiti importanti, soprattutto a livello di performance e questo l’abbiamo visto poi in quelli che sono stati i tempi che siamo riusciti a fare in tutte le piste rispetto agli anni precedenti. In generale hanno apprezzato il grip, la fiducia, il feedback che la gomma dà al pilota soprattutto sull’anteriore, la fiducia che gli dà e la risposta che ha nel contact feeling con la pista. Sono elementi che li hanno portati a comprendere bene il prodotto. Poi c’è da dire che le moto non erano preparate, dopo tutti questi anni, su delle strutture differenti come sono le nostre e questo è stato il grande lavoro di affinamento che hanno dovuto fare i team, i telaisti soprattutto, sui nostri pneumatici per continuare a migliorarci.

Hai anticipato un’altra mia domanda, soprattutto rispetto alla Moto2 dove, in particolare all’inizio dell’anno, le Boscoscuro sono state altamente performanti con 9 vittorie su 19 gare – di cui 7 nelle prime 9 gare – e in classifica ce ne sono 4 nei primi 6 del Mondiale. C’è una ragione specifica di questo feeling migliore con le vostre gomme rispetto alla Kalex, che è cresciuta invece nella seconda parte dell’anno e che anche quest’anno, comunque, si è confermata vincente tra i Costruttori?
Senz’altro, a inizio stagione, le Boscoscuro hanno dimostrato una versatilità maggiore secondo me; hanno accolto il nostro prodotto in un modo diverso rispetto a Kalex. Ci siamo confrontati immediatamente e costantemente con entrambi i fornitori, al fine di fare in modo che potessero migliorarsi durante la stagione, ma è chiaro che quando un telaio viene creato e montato sulla moto, non puoi cambiarlo durante la stagione, è difficile. Tanti particolari sono stati modificati perché il comportamento delle nostre gomme portava una dinamica del veicolo molto differente, quindi hanno dovuto conoscerlo, lavorarci. Da metà stagione in poi anche le Kalex hanno migliorato di molto le prestazioni e sono tornate a vincere in modo importante e si è riequilibrato un po’ il tutto. Non trascuriamo il fatto che ha vinto una Boscoscuro, ma ha vinto soprattutto un team e un pilota, Ai Ogura, con delle caratteristiche personali molto importanti. È un pilota che ha lavorato molto bene e secondo me è molto maturo e pronto per il salto che dovrà fare.

Credits: Pirelli

Qual è il pilota – tra entrambe le classi – che ti ha sorpreso maggiormente quest’anno?
Diciamo che in Moto2 ce ne sono almeno 3. Ogura senz’altro per maturità, capacità di gestione, intelligenza sportiva. È un pilota completo, maturo. Poi c’è stato Dixon, Jake mi ha colpito molto per la sua capacità di riuscire, in situazioni particolarmente difficili, a metterci del suo e a trovare la quadra, cosa che magari molti altri non sono riusciti a fare. Ha dimostrato una capacità di adattamento molto importante. Mi ha colpito molto anche Canet, perché a inizio stagione aveva questa fama di gran cascatore e invece, durante l’anno, soprattutto verso la fine, ha dimostrato di essere sempre competitivo, veloce e costante fino in fondo. Ha dimostrato una maturità, una crescita importante. Io speravo molto in questo effetto, perché con le nostre gomme devono uscire queste caratteristiche diverse dei piloti, devono imparare a gestire e a quel punto vedi il campione come matura.

C’è una cosa nella quale pensate di dover migliorare il prodotto per il prossimo anno?
C’è sempre da migliorare, soprattutto in una fornitura in regime di monogomma non puoi permetterti che i piloti e le case si annoino sul prodotto. Non puoi permettere che, se ci sono dei miglioramenti che avvengano nell’area della ciclistica, del motore e della messa a punto e delle capacità delle pilota, lui non possa metterli in mostra. In questo senso dovremo, dopo una stagione di ubriacatura di risultati, vedere come migliorare l’anno prossimo dal nostro punto di vista le performance delle moto.

Mi puoi spiegare quello che è il processo produttivo di uno pneumatico usato nel Mondiale, dalla progettazione alla realizzazione? Che tipo di materiali usate? Prevedete anche il riciclo e il riutilizzo dei componenti in un’ottica di ricerca e sviluppo verso una maggiore sostenibilità?
Da questo punto di vista, secondo me siamo molto ben preparati per la scelta che abbiamo fatto in Superbike e che abbiamo fatto anche affrontando questo campionato, ovvero, non fare prototipi. I prototipi sono pneumatici che hanno necessità di materiali tendenzialmente esotici, processi specifici, molto spesso le gomme vengono fatte ancora con una gran manualità, quindi, non sono processi industriali che tu puoi controllare e di cui puoi controllare l’efficienza. Abbiamo deciso di affrontare questi campionati con dei prodotti che poi possiamo mettere in commercio e che quindi possono essere prodotti in migliaia di pezzi che entrano in un processo produttivo che ha regole e tempi ben precisi. Tutto quello che facciamo in termini di sostenibilità parte da lì. Se si comincia a creare un prodotto che costa 10 volte, 100 volte meno di quello che costerebbe una prototipizzazione vuol dire che già ha fatto molta efficienza e l’efficienza oggi come oggi passa attraverso la sostenibilità, dev’essere così. Quindi, ci sentiamo di partecipare e di dare il nostro contributo in modo molto importante in questo senso. Tutti gli pneumatici poi vengono recuperati da noi, non viene abbandonato nulla in circuito durante le gare, viene tutto riportato a casa e rimesso nel ciclo di recupero che si ha nelle nostre fabbriche. Tutti gli usati vengono tagliati, distrutti e messi il più possibile in ricircolo. 

Dal punto di vista logistico, organizzare una macchina perfetta e che sia senza intoppi dev’essere estremamente complicato: come siete organizzati sotto questo aspetto? Quanto prima dovete procedere con la fabbricazione e l’invio di gomme e strumentistica in circuito e cosa è differente, nella gestione di questa parte, tra le gare europee e le gare in America/Asia?
Logistiche e servizio sono fondamentali in questo mondo e sono tra i costi più importanti che si hanno. È anche un’altra delle modalità importanti per non fare sprechi. Non si fanno spedizioni aeree, nelle intercontinentali tutto il materiale si muove adeguatamente 2 o 3 mesi prima via nave, e questo significa che a livello di progettazione e di preparazione dei materiali, serve partire con un grande anticipo, quindi la programmazione di un campionato parte praticamente ora. Per il campionato 2025 siamo già in produzione per le gomme che andranno in Australia per la Superbike e in Thailandia per il Motomondiale. Devi avere le idee molto chiare su cosa ti serve, cosa ti servirà e del numero di pneumatici necessario perché poi serve metterli nei container. Questo è lo sforzo più importante. Nelle gare europee ci muoviamo con dei camion che trasportano anche gli pneumatici ed è quasi tutto più immediato. La logistica è un po’ più complessa nel senso che ti devi muovere in Europa, da un estremo all’altro, devi prevedere che i camion debbano tornare ai magazzini, scaricare gli usati, caricare i nuovi e se ci sono delle differenze di specifiche serve fare queste sostituzioni e poi partire. È una macchina molto complessa che deve funzionare alla perfezione, perché non ti puoi permettere di arrivare in ritardo in una pista o di non consegnare gli pneumatici ai team. 

In questo senso, lo spostamento della gara di Valencia a Barcellona deve aver rappresentato un’altra sfida logistica da risolvere in tempi brevi.
Il promotore ci ha dovuto pensare bene, perché non aveva molte alternative. In questa stagione o corri nel sud della Spagna o in Portogallo, oppure in Qatar. Quest’ultimo poteva essere una soluzione perché rientrando dalle gare asiatiche ci si fermava lì e via. Per noi sarebbe stato un punto importante e avremmo dovuto fare una spedizione aerea per arrivare in tempo e sarebbe stato un costo eccessivo. Hanno poi preferito non fare così e hanno trovato in Barcellona, nella comunità e nel circuito, un grande aiuto, per cui si è trasportato tutto qua. Abbiamo anche la fortuna del clima, direi che è stata una gran scelta. Tutto il materiale che dovevamo mandare 200 km più a sud l’abbiamo trattenuto qui a Barcellona, dove abbiamo una sede operativa e un magazzino che fornisce tutta la Spagna e quindi diciamo che per noi è stato più semplice. Abbiamo giusto dovuto sostituire o aggiungere una soluzione in più per questo circuito perché è diverso da Valencia.

Nel corso di questa stagione la Dorna ha reso noto il regolamento della MotoGP per il 2027 e il contratto tra Michelin e Dorna scade nel 2026: può essere quello l’anno in cui Pirelli può entrare anche nella Classe Regina? 
All’orizzonte c’è un cambio importante sui veicoli che non sarà ininfluente. Credo che poi le case, come sempre, troveranno modo, nell’arco di almeno una stagione, di tornare alle prestazioni attuali. Però viene fatto un intervento importante guardando alla sicurezza, soprattutto dei circuiti, alle dimensioni dei circuiti e delle vie di fuga in funzione della potenza delle moto che ormai è impressionante e questo porterà un cambiamento importante dell’evoluzione dei veicoli. A questo punto cosa è meglio? È meglio continuare con il produttore di pneumatici attuale perché così rimane un punto fermo o è meglio cambiare? Visto che si cambia, cambiamo tutto? L’importante per noi, in questo momento, è essere pronti e disponibili a qualunque cosa. È chiaro che il nostro impegno rimane fortemente concentrato su quello che è il Mondiale Superbike, per tutte le esposizioni che ci sono sulle derivate di serie che sono fondamentali, ed è anche fare bene in Moto2 e Moto3, perché abbiamo iniziato a lavorarci e sono delle categorie che vogliamo portare avanti. Non vogliamo trascurare la MiniGP o le Talent Cup, perché crediamo che questi siano i campionati dove si formano i giovani che poi arriveranno qui. Questo è l’impegno che abbiamo, che è già un grosso impegno. È chiaro che la MotoGP è il traguardo di tutti quelli che gravitano in questo mondo, diciamo che rimaniamo aperti alle possibilità se ci saranno.

Mattia Fundarò