Yellow Flag Talks | Dentro al week-end di Imola 1994: un'escalation di paura
25 anni. Soprattutto chi è nato nel 1994 associa fatalmente il puntuale accrescersi della propria età alla sequela di anniversari che ci separano da una delle pagine più nere dello sport che tanto amiamo. Proprio per questo chi è nato negli anni ’90 o, comunque, chi ha iniziato ad appassionarsi di automobilismo solo in tempi più recenti, spesso e volentieri arriva a chiedersi come sia stato vivere in prima persona quelle tre giornate di Formula 1: la paura, l’incertezza, il dolore, lo sgomento, l’incredulità. Emozioni palpabili tanto all’autodromo di Imola quanto dietro gli schermi degli apparecchi televisivi. È questo il motivo che ci ha spinto a ricostruire in maniera quanto più possibile precisa le vicende di quel fine settimana, sia sotto forma di racconto che tramite gli estratti più significativi delle dirette televisive originali. Buona lettura.
29 aprile 1994, ore 13.15: lo schianto di Rubens Barrichello ▶ https://www.facebook.com/YellowFlagTalks/videos/366278810541994/
Il Circus della F1 è appena arrivato ad Imola per il terzo appuntamento della stagione e la prima sessione di qualifica è partita da 15 minuti, quando Barrichello si appresta ad affrontare la Variante Bassa: il brasiliano perde il controllo della sua Jordan in ingresso curva ad una velocità superiore ai 200 km/ e il cordolo esterno fa decollare l'auto che va a sbattere sopra le gomme, contro le reti metalliche. La monoposto ritorna poi a terra di muso, ribaltandosi e fermandosi appoggiata sul fianco destro. La situazione sembra subito grave, tanto che i commissari rigirano la Jordan-Hart in modo molto brusco proprio come le direttive del tempo stabilivano per evitare che un pilota rimanesse senza ossigeno per troppo tempo, ma col rischio di causare danni alle vertebre. Subito dopo arriva l'auto guidata da Mario Casoni con a bordo il dottor Sid Watkins, medico della F1, e l'anestetista Baccarini, mentre il direttore di gara, Roland Bruynseraede, ordina via radio di esporre la bandiera rossa. Il team si mette all'opera per tagliare il cinturino del casco e assicurare ossigeno al pilota, che presenta una ferita all'altezza del naso e respiro affannoso. Dopo di che, viene messa in atto la procedura prevista per l'estricazione di piloti privi di sensi, standardizzata dalla FIA e dal dottor Jean-Jacques Isserman. Occorrono circa 3-4 minuti a Barrichello per riprendere conoscenza, seppur frastornato e delirante. Caricato in ambulanza, viene portato prontamente al centro medico del circuito dove viene sottoposto ad una serie di esami sotto la supervisione del neurochirurgo Franco Servadei. Le sue condizioni appaiono buone e, mentre l'elicottero lo trasporta a Bologna, si iniziano a tirare sospiri di sollievo, primo fra tutti Ayrton Senna. Il campione del mondo e connazionale di Barrichello è stato tra i primi ad accorrere al centro medico, assieme ad Eddie Jordan, ed è stato quindi il primo a tranquillizzare tutti sulle condizioni del suo collega. Nel frattempo la sessione riprende e Olivier Beretta distrugge la sua Larrousse a pochi metri da dove aveva sbattuto Barrichello, con una dinamica simile ma esito talmente insignificante da essere stato praticamente dimenticato come incidente. Il giorno dopo, Rubens è già di nuovo in autodromo e si aggira per i box con un taglio sul labbro e una fasciatura alla mano destra, nient'altro. Alle telecamere dichiara di avere solo una piccola frattura al setto nasale e una costola incrinata, e che se fosse per lui sarebbe già di nuovo in auto. Si addossa anche la colpa per l’incidente, ammettendo di esser entrato troppo veloce in curva. Questa tesi viene sostenuta anche dal direttore tecnico della Jordan, Gary Anderson: “Il giro precedente ha affrontato la curva a 208 km/h, mentre al momento dell’incidente viaggiava a 223 km/h. Abbiamo pensato che per incrementare la prestazione sarebbe stato meglio un incremento più graduale, passando prima per i 215 km/h.” A proposito di dati, fa impressione anche il valore di decelerazione registrato dalle centraline della Jordan: 95G. Nonostante questo, Rubens Barrichello tornerà a correre per la gara successiva a Monaco.
30 aprile 1994, ore 13.24: l’incidente fatale di Roland Ratzenberger ▶ https://www.facebook.com/YellowFlagTalks/videos/366555490514326/
L’ultima sessione di prove è iniziata da una ventina di minuti. Il 33enne Roland Ratzenberger, debuttante in quella stagione, sta cercando di portare a casa la seconda qualificazione su tre gare a bordo della Simtek-Ford. Non è un pilota inesperto, ha corso per anni nel mondiale Sport Prototipi e in Giappone. In quel dannato pomeriggio di fine Aprile, Roland fa segnare un tempo che gli vale la 26ª posizione in griglia, l'ultimo posto disponibile. Ha 7 decimi di ritardo dal suo compagno di squadra, ma sa che può fare di meglio, visto che ha commesso una piccola sbavatura alle Acque Minerali. Il pilota austriaco parte così per un nuovo giro lanciato, ma arrivato alla curva Villeneuve qualcosa va storto: la sua Simtek tira dritto a oltre 300 km/h, schiantandosi violentemente contro il muro. L'auto si impunta sull'erba, compie un mezzo giro e torna sulle 2 ruote rimaste, scivolando fino alla Tosa e arrestando la sua corsa. Il pilota non si muove, il casco poggiato mollemente sul bordo dell'abitacolo e il corpo visibile da un inequivocabile squarcio sul lato della scocca in carbonio disegnata da Nick Wirth. In 12 secondi interviene il personale medico stanziato alla Tosa, e 15 secondi dopo arriva la prima auto medica con a bordo il dottor Lega. La situazione appare subito disperata ai soccorritori: Ratzenberger perde sangue da bocca, naso e orecchie, il dottor Sid Watkins non coglie reazioni all'esame della pupilla (semplice controllo che permette di valutare la gravità di eventuali danni cerebrali) e ordina una veloce estricazione per permettere di intubare il pilota, che necessita anche di infusioni endovena e massaggio cardiaco sul posto. Dopo qualche minuto viene mandato in onda un replay da un'altra angolazione che mostra un dettaglio inquietante: un pezzo di flap libratosi a mezz'aria poco prima della curva Villeneuve, segno che l’ala ha ceduto sotto l’enorme carico aerodinamico che si sviluppa a velocità del genere. La prima inquadratura acquista quindi un altro senso, con la monoposto che sembra impennarsi proprio poco prima di finire fuori pista, cosa perfettamente compatibile con una perdita di deportanza all'anteriore. Intanto Roland è già stato caricato in ambulanza, direzione centro medico del circuito. Si respira un’aria pesante, un po' tutti hanno capito che non è un incidente come gli altri. Le paure dei telespettatori italiani vengono moltiplicate da un intervista al Dr. Piana, che ai microfoni di Ezio Zermiani (inviato della RAI) si esprime con un devastato "Non mi chieda niente, non mi chieda niente, non mi chieda niente, non mi chieda niente!", dichiarazione che lascia davvero pochi dubbi sulla gravità della situazione. Nel frattempo, Ayrton Senna sale su una macchina della CEA e intima al conducente di recarsi immediatamente sul luogo dell'incidente (cosa per la quale verrà redarguito più tardi), salvo poi presentarsi al centro medico del circuito. Ayrton ha il bisogno di capire il come, il cosa, il perchè, e soprattutto come sta Ratzenberger, e qui è fatidico l'incontro con Sid Watkins sulla porta secondaria della struttura, dopo essere stato allontanato dall'ingresso principale come chiunque altro. Sid, amico intimo di Ayrton, risponde con sincerità alle sue domande, e comunica a lui e a Charlie Moody, team manager della Simtek, che le condizioni di Ratzenberger vanno oltre l'aiuto medico, tanto da tentare un disperato trasporto all'Ospedale Maggiore di Bologna tramite un elicottero attrezzato. Senna crolla, si poggia sulla spalla dell'amico e piange. Piange. Qualche minuto dopo le prove ricominciano, ma senza le Williams e le Benetton, che decidono di non prendere parte al resto della sessione: i 4 piloti sono troppo sconvolti per correre, e in particolare Senna è andato per direttissima a Bologna, per stare vicino al suo collega. Alle 14:15, 7 minuti dopo il suo arrivo in ospedale, Roland Ratzenberger viene dichiarato ufficialmente morto a causa della frattura della base cranica, infortunio tipico in incidenti dove viene registrata una forte decelerazione. L’ultimo decesso in F1 registrato durante un weekend di gara risaliva al 1982, ben 12 anni prima. Le indagini successive concluderanno che il pilota morì sul colpo, e il decesso venne ufficializzato all'ospedale di Bologna semplicemente per evitare che l'autodromo fosse messo sotto sequestro dalle autorità competenti, come la legge italiana prevede in situazioni del genere. Le indagini stabiliscono anche che l'impatto avvenne a 306 km/h, mentre la rottura dell'alettone avvenne a 314,9 km/h, una velocità allucinante. Il giorno successivo, nel pre-gara fioccano le polemiche: l'avvocato Bendinelli, in rappresentanza della società che gestisce il circuito, difende le misure di sicurezze dell'autodromo imolese. Dall'altra parte, Prost muove delle pesanti critiche alla Simtek, affermando che troppo spesso in F1 arrivano dei team che non hanno il budget per partecipare e per sviluppare un'auto all'altezza, sia per quanto riguarda le mere prestazioni sia per quanto riguarda la sicurezza. Questa considerazione e molte altre, avvalorate dall’impressionante numero di incidenti gravi avvenuti all’inizio di quel 1994, convinsero anche lo stesso Prost e Ayrton Senna della necessità di riaprire la Grand Prix Drivers’ Association (GPDA), in passato molto attiva per richiedere maggiori standard di sicurezza. Si dimostrò una decisione giusta ma, purtroppo, tremendamente tardiva.
1 maggio 1994, ore 14.00: disastro alla partenza ▶ https://www.facebook.com/YellowFlagTalks/videos/366273913875817/
È il giorno del Gran Premio di San Marino e, nonostante la bella giornata, il clima sull'autodromo Enzo e Dino Ferrari non potrebbe essere più tetro: gli addetti ai lavori sono inquieti mentre effettuano gli ultimi controlli, e chi è di servizio al centro medico del circuito è in uno stato di apprensione che rasenta la crisi d’ansia. Gli stessi piloti mostrarono segni di nervosismo già nel briefing pre-gara, e di certo non aiutò il minuto di silenzio in onore di Ratzenberger: un gesto dovuto ad un collega spirato in modo tanto raccapricciante, ma che poteva far vacillare seriamente i nervi di 25 uomini pronti a lanciarsi in una folle corsa a 300 orari. Gerhard Berger chiese, a nome di tutti i piloti, di rivedere la nuova procedura per il giro di formazione che dal precedente GP di Aida prevedeva una Porsche a condurre il gruppo di monoposto le quali, dovendo seguire una vettura sportiva ma pur sempre stradale, avevano seri problemi a scaldare le gomme. Risultato? Alla partenza i piloti avrebbero avuto coperture con meno grip e fondi delle vetture più vicini al suolo, dato l'abbassamento di pressione negli pneumatici dovuto al calore disperso. Roland Bruynseraede, pilota della Porsche, decise di assecondare la richiesta data la situazione già sufficientemente pesante. Alle 14, la tanto discussa tornata di formazione ha termine. Le vetture si schierano di fronte al semaforo. Pronti. Via. E mentre 23 monoposto si lanciano ruggendo verso il Tamburello, si avverte uno schianto secco: J.J Lehto, 5° in griglia con la Benetton-Ford, stalla e viene centrato da Pedro Lamy, partito 22° con la sua Lotus-Mugen. L'auto medica in fondo al rettilineo con a bordo il pilota Mario Casoni, il medico della F1 Sid Watkins, l'anestetista Baccarini e il dottor Domenico Salcito (Deputy Chief Medical Officer di Imola), si precipita sul posto e lo supera, osservando solo una valanga di detriti e soprattutto i due piloti che escono dagli abitacoli con le loro gambe. Quello che non possono sapere è che alcuni pezzi delle monoposto sono volati a diversi metri d'altezza, scavalcando le reti di protezione e colpendo 9 spettatori. Uno di questi finisce in coma, centrato da una gomma di Lamy. Il destino vuole anche che i due piloti coinvolti nell'incidente siano tra le vittime di quel maledetto 1994: Lehto aveva rimediato una seria frattura alle vertebre cervicali durante i test pre-stagionali a Silverstone con la Benetton e rientrava proprio per il GP di San Marino, ma non recuperò mai totalmente e a fine anno dovette dire addio al circus iridato. Lamy invece rimase coinvolto in uno schianto ancora più grave poche settimane dopo i fatti di Imola, durante un test sempre a Silverstone, dove decollò fuori pista a causa del cedimento dell'alettone posteriore della sua Lotus e l'abitacolo si spezzò contro il corrimano di un sottopassaggio nel quale era precipitato dopo aver scavalcato le reti di protezione. Riportò gravissime fratture alle gambe e fu costretto a rimanere in sedia a rotelle per un anno.
1 maggio 1994, ore 14.17: la morte di Ayrton Senna ▶ https://www.facebook.com/YellowFlagTalks/videos/367943123708896/
“ - Ayrton, perchè non rinunci alla gara di domani? Non penso che dovresti correre. Anzi, perchè non ti ritiri e basta? Cos'altro devi dimostrare? Sei stato Campione del Mondo tre volte, sei senza dubbio il pilota più veloce. Lascia perdere e andiamo a pescare - Era in silenzio. Continuai. - Non penso che continuare valga il rishio. Smettila e basta - Mi fissò con quei suoi occhi penetranti, ora calmo, e disse - Sid, ci sono cose sulle quali non abbiamo controllo. Non posso rinunciare, devo andare avanti - Queste furono le ultime parole che mi rivolse." (Dr. Sid Watkins nel suo libro "Life at the Limit")
Autodromo di Imola, ore 14:17 del 1° Maggio 1994. Ayrton Senna affronta la curva del Tamburello ad una velocità di 312 km/h seguito da Michael Schumacher che, ad un tratto, si ritrova la visuale completamente libera. La Williams del brasiliano ha infatti scartato violentemente verso l'esterno della curva, puntando verso il muro. Intercorrono circa 2 secondi, un battito di ciglia nel quale Ayrton frena disperatamente per evitare un disastro che purtroppo in quel punto è inevitabile: il fianco destro della FW16 si disintegra contro le protezioni a una velocità di 211 km/h, rimbalza verso la pista, si impunta su una striscia d'erba e termina la sua corsa nella via di fuga. Cala un silenzio quasi assordante. Persino i soccorritori, giunti prontamente sulla scena del disastro, si tengono inizialmente lontani dalla monoposto distrutta, come increduli. O disperati. Ed in effetti la situazione lo è: il dottor Pezzi, primo medico intervenuto secondo i resoconti, trova Senna in uno stato di profonda incoscienza e sanguinante da bocca e naso. Respirazione e battito quasi assenti, non c'è risposta motoria, né soprattutto risposta all'esame della pupilla, segno evidente di un grave trauma cranico. E la spiegazione è lì, davanti ai suoi occhi: il casco che sta disperatamente cercando di rimuovere per intubare il pilota ha un vistoso taglio proprio sopra la visiera. Le analisi successive mostreranno che il danno fu provocato dal braccetto di una sospensione che, staccatosi nell'impatto, ha di fatto sfondato l'unica barriera tra il capo di Senna e il mondo esterno, causando la frattura del lobo frontale destro. Tuttavia il rianimatore Alessandro Misley, posizionato alla Variante Alta e giunto sul luogo dell'incidente con il team di estricazione, ricorda che la lesione fatale non fu quella, quanto la frattura della base cranica resa evidente nel momento in cui si cercò di intubare il pilota: i medici trovarono materia cerebrale ad ostruire le vie respiratorie. Motivo per cui si rese necessaria una tracheotomia. Nel frattempo arrivano anche il Dr. Piana e Sid Watkins per coordinare le operazioni successive: Senna viene estratto dall'abitacolo e, nel momento in cui lo si poggia per terra, il suo corpo si rilassa. Watkins, profondamente agnostico, raccontò successivamente di aver avuto la sensazione che in quel momento l'anima avesse lasciato il corpo del pilota brasiliano. Ayrton viene ulteriormente stabilizzato e caricato intorno alle 15 sull'elicottero atterrato in pista, accompagnato da diversi elementi del personale che lo aveva assistito a terra, tra cui l'anestetista di terapia intensiva Giovanni Gordini e lo stesso Alessandro Misley. Ad attenderli all'Ospedale Maggiore di Bologna l'equipe medica guidata dal primario del reparto di rianimazione, la dottoressa Maria Teresa Fiandri, che nelle ore successive sarà anche la principale voce che ai microfoni RAI fornirà informazioni sul quadro clinico del brasiliano. Alle 18:15 il fratello di Ayrton, Leonardo, convoca un prete per dargli l'estrema unzione. Alle 18:40 il cuore di Senna cessa di battere, mentre sul referto viene indicata come ora del decesso le 14:17, momento dell'impatto contro il muro del Tamburello. La F1 sprofonda nell'angoscia, il Brasile intero nel lutto, il mondo perde quasi senza saperlo uno degli uomini più incredibili degli ultimi decenni. Da quel momento si apre anche un altro doloroso capitolo della vicenda, ossia il processo per stabilire responsabilità e motivi dell'accaduto che, nonostante l'ostruzionismo dei vertici Williams, viene indicato nel cedimento del piantone dello sterzo. La FW16 aveva un abitacolo piuttosto stretto, disegnato non a caso dallo stesso Adrian Newey che ai tempi della Leyton House costrinse i piloti a ordinare tute ignifughe senza tasche per potersi sedere al posto di guida. Ayrton Senna, come riportato da diverse fonti, aveva l’abitudine di guidare “appeso” al volante e ciò, insieme al fatto che nelle sterzate andava a sbattere le nocche contro i bordi della scocca, costrinse i tecnici a modificare la posizione relativa del volante modificando il piantone dello sterzo, che nel pomeriggio di sabato venne tagliato e allungato tramite un tondino di ferro. Il lavoro venne successivamente esaminato, e i periti incaricati riportarono che la saldatura tra due acciai diversi (quello del tondino e quello del piantone originario) e l’impiego di un tondino a sezione minore rispetto al piantone avevano reso il componente particolarmente vulnerabile a sollecitazioni torsionali. Determinante fu una serie di scatti di Angelo Orsi, fotografo di Autosprint e amico personale di Senna: giunto sul luogo dell'incidente fotografò per caso il volante a terra, appena rimosso dai soccorritori, con ancora attaccata una parte di piantone. Non essendo stato segato dal team di estricazione ed essendo stato escluso che possa essersi spezzato nell’impatto, l'unica spiegazione rimasta è quella sopra descritta. Essa viene anche confermata dai movimenti anomali del volante ripresi dal camera-car di Senna e dalla telemetria della Williams, che nei momenti immediatamente precedenti lo schianto mostra un calo di pressione nel circuito del servosterzo e l’azzeramento della forza esercitata sul sistema di sterzo dal pilota. Tuttavia ad oggi non tutti accettano queste evidenze come spiegazione della morte del brasiliano, ritenendo più veritiero un errore di guida causato dalle sconnessione dell’asfalto e dall’instabilità intrinseca della Williams. Al giorno d’oggi persiste anche un altro mistero: Orsi, grazie alla sua posizione rispetto al luogo dell’incidente, riuscì a scattare l'unica foto che ritrae il volto insanguinato di Senna. Tuttavia, data la sua amicizia col campione brasiliano, chiese al direttore di Autosprint di non pubblicarla per nessun motivo e non è chiaro se il rullino sia stato distrutto o giaccia ancora in qualche cassaforte.
1 maggio 1994, ore 16.40: paura in pitlane ▶ https://www.facebook.com/YellowFlagTalks/videos/366284640541411/
Sono passate circa due ore e mezza dall'incidente di Senna. Mancano 11 giri alla fine della gara, che oramai ha perso quasi ogni significato: nessuno ha voglia di correre, in autodromo c'è un'atmosfera irreale. Proprio in quel momento, l'ennesimo incidente sconvolge l'autodromo di Imola: Alboreto torna ai box per il pit-stop, l'ultimo della gara, ma alla ripartenza la sua Minardi perde la ruota posteriore destra, che colpisce alcuni meccanici. La monoposto si ferma appena fuori dalla pitlane mentre la ruota continua la sua folle corsa, rimbalzando fino a passare sopra l'auto del pilota milanese, per poi attraversare la pista ed essere schivata da Damon Hill sul rettilineo di partenza. Nei box prevale l'agitazione, nessuno sa cosa fare o chi sia stato colpito e, in questo caso, in che condizioni versi. Zermiani è sconvolto, chiede il collegamento urlando con un tono davvero disperato, anche lui inizia a cedere al peso delle avversità che hanno sconvolto l’intera giornata. Con il passare dei minuti la situazione diventa leggermente più chiara: i meccanici colpiti sono cinque: 3 della Ferrari, 1 della Lotus e 1 della Benetton. Le loro condizioni non appaiono troppo gravi, qualche frattura e un trauma cranico per il meccanico della Lotus, ma niente di più. Tutto il paddock tira un sospiro di sollievo, ma è palese che c'è qualcosa di sbagliato in queste regole: al tempo non esisteva un limite di velocità ai box, e difatti Alboreto lo fece notare in un intervista nel post gara, seguito da tutti i piloti italiani intervistati quel giorno e dallo stesso Briatore, l'allora team manager della Benetton. La FIA accolse in pieno la necessità di una normativa a riguardo, imponendo un limite di 80 km/h nell’intera corsia dei box già dal successivo appuntamento di Monaco.
Si chiude così il Gran Premio di San Marino. La modifica regolamentare del “pit limit” sarà solo l’inizio di vaste misure precauzionali e nuove regole studiate per migliorare gli standard di sicurezza nel circus iridato, in un’annata che può essere considerata come uno spartiacque tra la “vecchia” F1 e l’era moderna dell’automobilismo. Si tende infatti a dimenticare, oppure si ignora del tutto, che gli episodi di Imola non sono stati i soli a richiamare l’attenzione sul tema della sicurezza: sicuramente ha rappresentato il caso più eclatante data la scomparsa di una promessa dell’automobilismo e la morte di un campione amato dalla gente, ma non l’unico. Tuttavia la lista di episodi è lunga, innumerevoli le cause e i retroscena che andrebbero investigati per rendere il contesto di quel 1994, e la finalità delle trattazione ben diversa. Sarà per un’altra volta. Nel frattempo, a seguito della lettura di questa cronistoria, crediamo che ognuno di voi sia in grado di immaginare il vuoto e il dolore lasciati da quel fine settimana, dal viverlo quasi sulla propria pelle, senza interporre la nostra asettica enunciazione dei fatti. Che, in fin dei conti, è quanto ci siamo prefissati quando abbiamo iniziato a scrivere questa storia. In memoria di Roland Ratzenberger e Ayrton Senna.
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