In questo lungo digiuno estivo dalle gare di Formula 1 decidiamo di prendere in mano il cilindro e da esso estrarvi una nuova storia da raccontare, avente come protagonista un pilota probabilmente poco conosciuto alle generazioni di oggi.

Il suo nome è Peter Revson.

Revson discende da una ricca famiglia americana e suo nonno Charles Revson è il fondatore della casa cosmetica Revlon, ma a Peter interessano le corse. Per questo quando la famiglia scopre la sua passione e taglia ogni fonte di denaro, Peter non si arrende e continua a camminare dritto nella sua strada verso i circuiti d’Europa e del mondo.

Nel suo libro “Speed with Style”, scritto durante i lunghi viaggi in aereo, si trova questo passaggio che riassume perfettamente la filosofia di questo pilota: “Per me, il successo non si misura dalle cose materiali che hai ma, piuttosto, da quello che realizzi. Secondo alcuni è il risultato che conta, lo stile non significa nulla. Uno scrittore francese disse che un gentleman è una persona che non mina mai l’autostima altrui. Penso che sia la definizione migliore che abbia mai sentito… Quando salgo su una macchina da corsa, do il 100%… Ma suppongo di non essere mai stato coinvolto quanto Mark Donohue, perché ci sono tre cose che mi interessano, che ho voluto provare… A questo punto della mia vita, la ragione per cui corro è vincere. E, se non sarò in grado di farlo quest’anno o il prossimo, mi ritirerò. Qualunque cosa faccia, voglio avere successo”.

Questa è la sua storia.

Peter Revson Jeffrey nasce il 27 febbraio 1939 a New York da una ricca famiglia americana e da giovane frequenta la Cornell University di Ithaca, una delle più importanti degli Stati Uniti.

Comincia a correre solo nel 1960 partecipando ad alcune corse amatoriali nelle isole Hawaii, per poi acquistare una Morgan che usa per disputare delle gare nelle stagioni 1962/63.

I familiari di Revson si accorgono della passione che il ragazzo dimostra per la velocità e decidono di togliere ogni aiuto economico a Peter, ma questo non ferma la sua voglia di correre. Nel 1963 vende tutto ciò che possiede pur di correre in Europa in Formula 3, ottenendo buoni risultati ed un guadagno di 6000 dollari tra premi e incentivi.

Queste prestazioni balzano subito all’occhio esperto di Reg Parnell che decide di assumerlo come pilota di Formula 1 per la stagione successiva. Per ragioni economiche nella sua prima gara in Formula Uno, il Gran Premio di Montecarlo, il pilota viene iscritto come Revson Racing America. Nelle successive gare l'americano corre sotto la Reg Parnell Racing, ed al volante della Lotus Climax 24 riesce a qualificarsi in ottava fila a Spa ed a ottenere il quarto posto nella gara non valida per il campionato a Solitude.

Dopo questa stagione, Revson decide di ritornare in America per partecipare ad alcune competizioni nel suolo nazionale, ma allo stesso tempo corre anche alcune gare in Europa. A bordo di una Ford GT40 a Skip Scott vince a Sebring, mentre in Europa ottiene la vittoria sui circuiti di Monza e Spa.

Continua a correre in America, dove ha l'opportunità di stringere amicizia con Teddy Mayer, il futuro boss della McLaren, e con suo fratello minore Timmy. Il fratello minore di Teddy era un promettente e veloce pilota che però perde la vita durante un brutto incidente in una gara di Formula Tasman nel 1964.

Il legame tra Teddy e Peter diventa più forte dopo il 1967, quando anche Peter perde il proprio fratello Douglas in un incidente avvenuto anch’esso durante una gara automobilistica.

Nel 1969 Revson corre la 500 Miglia di Indianapolis con una Brabham–Repco ottenendo il quinto posto e l’elezione a Rookie of the Year.

L’anno dopo vince la 12 Ore di Sebring insieme all’attore americano Steve McQueen, guidando una Porsche 908. Ritorna nuovamente alla 500 Miglia di Indianapolis ma termina la gara in 22° posizione.

Nel 1971 ritorna in Formula 1 partecipando con la Tyrrell al Gran Premio degli Stati Uniti che si corre sul circuito di Watkins Glen, ma non riesce a qualificarsi per la gara. Dopo questo episodio viene assunto dalla McLaren per correre il campionato Can Am, dove conquista cinque vittorie e il titolo piloti.

Nello stesso anno la McLaren lo convoca per correre la 500 Miglia di Indianapolis in sostituzione di Chris Amon. Revson riesce a conquistare un'incredibile pole position e termina la gara in seconda posizione.

I risultati in Can Am e nella 500 Miglia di Indianapolis fanno in modo che Peter diventi il pilota titolare della McLaren per la stagione 1972.

In quella stagione Revson ottiene la pole position nel Gran Premio del Canada e il secondo posto al traguardo, insieme ad altri piazzamenti a podio ottenuti negli appuntamenti in Sud Africa, Gran Bretagna e Austria. Finisce al quinto posto con 44 punti.

Dopo l’ottimo anno Revson è confermato nuovamente come pilota anche nella stagione successiva. Nel 1973 riesce a vincere il Gran Premio di Gran Bretagna e il Gran Premio del Canada; inoltre ottiene un secondo posto in Sud Africa e un terzo posto nel Gran Premio d’Italia. Finisce al quinto posto in classifica con 38 punti.

A proposito di questa stagione Revson scrive così nel suo libro: “La stagione 1973 è stato molto difficile. Certo, ho vinto due Gran Premi, e per un americano non è male vincere due gare in un anno: ma non basta. Nel 1972 non ne ho vinta neppure una, ma tutte avevano una certa qualità... “.

Dopo questa stagione la McLaren gli offre un contratto da terzo pilota con una monoposto semiufficiale ed il pilota decide di declinare anche un'offerta, con retribuzione più bassa rispetto a quella della McLaren, fatta da Enzo Ferrari. Decide quindi di firmare un contratto con la scuderia americana Shadow per il 1974.

Le prime due gare, il Gran Premio di Argentina e quello del Brasile, si concludono con un ritiro per il pilota americano,che però vede nella DN3 un buon potenziale di crescita nel corso della stagione. Solo che Revson non potrà mai cogliere i frutti del suo duro lavoro.

Il 22 marzo 1974, durante un test che si svolge sul circuito di Kyalami, la sospensione anteriore cede di schianto e la macchina va ad impattare contro il guard rail prendendo subito fuoco. I soccorsi di Denny Hulme, ex compagno alla McLaren, e del personale medico risultano vani: il pilota è morto sul colpo.

Se ne va così un pilota dal grande talento e un uomo che nonostante gli ostacoli posti dalla propria famiglia ha continuato ad andare avanti lungo la strada che aveva scelto. Una strada fatta di passione e di gare in giro per il mondo.

Chiara Zaffarano

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