F1 | Ferrari, i cinque migliori piloti dal Regno Unito...prima di Hamilton
Aspettando il debutto di Lewis sulla Rossa di Maranello, andiamo a rivedere i piloti che, dal Regno Unito, hanno raggiunto il successo con la Scuderia
L’attesa per il Mondiale F1 2025 cresce sempre di più, specialmente da parte della Ferrari e dei Tifosi del Cavallino Rampante. Per questi è già cominciato il countdown per vedere Lewis Hamilton a bordo della Rossa di Maranello (ricordiamo che la monoposto 2025 che verrà presentata il 19 febbraio), con il pilota di Stevenage che diventerà il primo pilota britannico a correre per la Ferrari nel terzo millennio.
Il rapporto tra il Regno Unito e la Scuderia è, sotto questo punto di vista, molto particolare: non sono molti i piloti provenienti da oltre Manica che hanno corso per la Ferrari e meno ancora sono coloro che hanno raggiunto il successo con il Cavallino. Per rinfrescare la memoria in attesa del debutto di Hamilton, vediamo dunque i cinque migliori piloti dal Regno Unito che abbiano corso con la Ferrari in Formula 1.
Mike Hawthorn
Nato a Mexborough nel South Yorkshire, Mike fu il primo Campione di Mondo di Formula 1 britannico e il terzo nella storia della Scuderia. La sua carriera cominciò nel dopoguerra con le ruote coperte a livello nazionale e nel 1952, durante una gara con le Formula 2 a Goodwood, catturò l’interesse di Enzo Ferrari che lo ingaggiò per debuttare nel GP Belgio dello stesso anno. Guadagnò in fretta le simpatie del Drake con per il suo carisma e la sua eleganza, di cui ricordiamo il gareggiare con un farfallino a pois che gli fece guadagnare il soprannome di “Le Papillon”.
Hawthorn corse per quasi tutta la carriera con il Cavallino Rampante e conquistò la prima vittoria al GP Francia 1953 battendo Juan Manuel Fangio in quella che venne definita “la corsa del secolo”, mentre nel 1955 conquistò la 24 Ore di Le Mans. L’apice arrivò nel 1958 dove Mike, dopo un’annata segnata dalla morte dell’amico Peter Collins al Nurburgring e dalla lotta con Sir Stirling Moss, conquistò il titolo mondiale in Marocco grazie al lavoro di squadra del compagno Phil Hill. A fine anno si ritirò dal motorsport. Morì in un incidente stradale il 22 gennaio 1959, lasciando un grande vuoto nel mondo delle corse: ancora oggi Ferrari lo ricorda tra i suoi grandi campioni.
Tony Brooks
Meno famoso dei connazionali Mike Hawthorn e Sir Stirling Moss, che corsero con lui negli Anni Cinquanta, il pilota di Dukinfield, noto come il “dentista pilota”, rimane uno tra i driver migliori senza titolo mondiale in F1. Dopo essersi fatto notare con BRM e Vanwall in Formula 1 e con Aston Martin nelle ruote coperte, Brooks passò alla Ferrari per una sola stagione, nel 1959, con l’obiettivo di vincere il campionato dopo il ritiro di Hawthorn e le morti in pista di Collins e Musso nella stagione precedente.
In quell'anno vinse due gare (Remis e AVUS) e conquistò altri due podi nella gara inaugurale a Monaco e in quella conclusiva a Sebring. Purtroppo un ritiro a Monza per un guasto alla frizione e lo sciopero della Ferrari al GP di Gran Bretagna (che Tony corse con la Vanwall senza però finire la gara) frenarono le ambizioni del britannico che chiuse secondo nel Mondiale Piloti, dietro di 4 punti a Jack Brabham, che vinse il primo dei suoi due titoli iridati. Ritiratosi a soli 29 anni, Brooks non ebbe alcun rimpianto per il mancato titolo e fu felice solo di poter vivere in uno sport in cui, a detta sua, “ogni errore poteva essere l’ultimo”.
John Surtees
Noto sia come “eroe dei due mondi” che come “figlio del vento”, John è stato un personaggio unico nella storia della Formula 1 e della Ferrari. Dopo aver vinto tutto nel Motomondiale negli anni '50, il pilota di Tatsfield si avventurò nelle quattro ruote e dopo i primi anni con Lotus e con la Cooper del team Yeoman, nel 1963 arrivò alla corte di Maranello per iniziare un rapporto di alti e bassi con la Scuderia. L’amore per il Cavallino, favorito anche dai successi tra le moto con MV Agusta, fu subito evidente e i risultati confermarono il grande feeling di Surtees con la Ferrari.
Per lui arrivarono 4 vittorie, 12 podi e un Mondiale Piloti conquistato in quel GP del Messico 1964 a bordo di una Ferrari “non rossa” (potete rivivere la gara qui). Oltre a tali risultati, però, ci fu anche un rapporto teso con il team manager Eugenio Dragoni che sfocierà nella separazione anticipata nella stagione 1966: una decisione costata cara sia a Surtees che alla Ferrari stessa ai fini dei Campionati del Mondo di quell’anno.
Nigel Mansell
Il “Leone d’Inghilterra” fu anche l’ultimo pilota scelto personalmente da Enzo Ferrari prima della sua morte. A far entrare Mansell nel cuore dei Tifosi durante il biennio in tuta rossa non furono i risultati, altalenanti tra la scarsa affidabilità delle monoposto ed il predominio di Alain Prost (arrivato dalla McLaren nel 1990), ma la sua grinta in pista, il suo carattere unico e atipico per la Formula 1 (anche di allora) e la relazione con il Drake, che lo stimò talmente tanto da regalargli una Ferrari F40.
Le tre vittorie che Mansell ottenne con la Ferrari (due nel 1989 in Brasile al debutto e in Ungheria con il sorpasso su Senna e l’ultima nel 1990 all’Estoril) fecero da ago da bilancia con i tanti ritiri, ma anche i “colpi di testa” del britannico, come al GP Portogallo 1989 quando, dopo aver preso bandiera nera, continuò a correre fino a causare l’incidente con Ayrton. Episodi che contribuirono ancora di più ad alimentare il mito di Nigel e che lo hanno reso un’icona di questo sport e anche della Ferrari, seppur nel breve periodo in cui corse per il Cavallino Rampante.
Eddie Irvine
L’ultimo nome è anche l'unico non inglese di questa lista: nato a Newtownards in Irlanda del Nord, Eddie ha avuto la fortuna (o sfortuna) di arrivare in Ferrari insieme a Michael Schumacher nel 1996 dopo essersi fatto notare nei suoi primi tre anni in F1 con il team Jordan. Giunto a Maranello con i gradi di scudiero di Michael, il nordirlandese fece un lavoro discreto, crescendo insieme alla monoposto e raccogliendo svariati podi con il team fino alla stagione 1998.
Nel 1999, invece, l’incidente di Schumacher a Silverstone tenne fuori il Kaiser per gran parte della stagione, consegnando ad Irvine l’inaspettato ruolo di condottiero in casa Ferrari. Con le vittorie di Melbourne, Spielberg, Hockenheim e Sepang, Irvine si ritrovò a lottare per il titolo con Mika Hakkinen, in una rincorsa iridata che però svanì tra la gomma del Nurburgring e il pessimo weekend nel finale di Suzuka. A fine stagione se ne andò per accasarsi in Jaguar pur rimanendo a lungo nel cuore dei ferraristi (vedere il podio di Monza 2002 per crederelo).
Andrea Mattavelli