Gilles Villeneuve, l'ultimo Cavaliere del rischio
A quarantadue anni di distanza dalla scomparsa del Mito, le imprese del piccolo canadese rimangono scolpite nella memoria dei tifosi
Era soprannominato l'Aviatore. Lui, il pilota capace di superare ogni limite, interprete supremo della filosofia tutto cuore e coraggio, arrivato dal nulla ed in breve tempo diventato idolo incontrastato delle folle da Gran Premio. Gilles Villeneuve aveva un rapporto particolare con il volo, non soltanto legato alla sua passione per i velivoli che lo spinse anche a diventare pilota di elicotteri.
La “febbre Villeneuve”
Con un volo, suo malgrado, si presentò al pubblico, decollando in Giappone nel '77 sulle ruote di Peterson, con la sua Ferrari che impazzita finì per travolgere ed uccidere due fotografi, posizionati in una zona vietata al pubblico. Con un altro decollo, e un altro volo, la sua vita si spense in un tragico pomeriggio a Zolder, l'8 Maggio 1982. Ad anni di distanza dalla sua scomparsa, la cosiddetta "febbre Villeneuve" (secondo la felice intuizione del fondatore di Autosprint, Marcello Sabbatini) non sembra essersi esaurita, anzi. "Datemi un'automobilina a pedali oppure un missile, datemi qualunque cosa che si muova: io la porterò al limite": questo era in sintesi il Villeneuve-pensiero, stretto tra un'ingenuità quasi fanciullesca e la pura passione per tutto ciò che poteva essere ricondotto alla velocità.
Gilles e una carriera da romanzo
La carriera di Gilles è stata simile ad un romanzo, con un cavaliere umile e coraggioso quale protagonista, capace di far sognare, entusiasmare ed, alla fine, piangere. Perchè Villeneuve è stato capace di realizzare le aspirazioni nascoste di tante persone, facendo diventare possibile ciò che agli altri risultava impossibile, toccando nel profondo le emozioni popolari. Non ha vinto tanto nei propri anni trascorsi in Formula 1, anzi, forse meno di quanto avrebbe meritato: eppure, nonostante non sia stato necessariamente un vincente, un campione del mondo, il canadese è stato, e rimane, probabilmente il pilota più amato in assoluto dai tifosi. Forse la sua prematura morte ha contribuito ad alimentare l'alone di leggenda che ha contraddistinto la sua figura, ma di sicuro Villeneuve ha scritto pagine indimenticabili nella storia di questo sport, il tutto in soli 67 Gran Premi disputati.
La felice intuizione di Enzo Ferrari
Il suo palmares parla di 6 vittorie all'attivo, 2 pole position e 8 giri veloci: ma sono numeri che non rendono giustizia al talento di Gilles, o quantomeno alla sua capacità innata di sfruttare al limite, forse troppo, il mezzo a propria disposizione. Nato e cresciuto in Canada, nella regione del Quebec, trova l'occasione per debuttare in Formula 1 a metà della stagione 1977, quando Teddy Meyer lo fa esordire a bordo di una McLaren. Ma in realtà, la vera intuizione, o se vogliamo il vero azzardo, è quello di Enzo Ferrari, che dopo una sola gara lo chiama alla corte di Maranello. Una scelta che ai più appare insensata, rischiosa e priva di logica, con uno sconosciuto ex-campione di motoslitte chiamato a sostituire il campione uscente Niki Lauda, andatosene sbattendo la porta. Eppure il Drake voleva dare un segnale, forte: la Ferrari era sempre la Ferrari, e poteva risultare vincente anche senza la necessità di doversi affidare ad un affermato campione.
La scommessa si rivela ben presto vincente, anche se Ferrari non poteva ancora sapere che proprio quel ragazzo canadese, avrebbe dato un contributo enorme per accrescere la popolarità del Cavallino in tutto il mondo, dando vita ad un binomio inscindibile, unico, ancora scolpito nell'immaginario collettivo. Gli inizi, per Villeneuve, sono tutt'altro che facili: tante macchine rotte e pochi risultati, al punto che all'interno dello stesso team qualcuno inizia a storcere il naso. Eppure, lo stesso Ingegnere riesce a intravedere qualcosa di speciale in quel pilota, che sarebbe diventato presto colui capace di entrare più di chiunque altro nel suo cuore, come confermato dalle sue parole: "Il mio passato - disse Ferrari - è pieno di dolore e di tristi ricordi: mio padre, mia madre, mio fratello e mio figlio. Ora quando mi guardo indietro vedo tutti quelli che ho amato. E tra loro vi è anche questo grande uomo, Gilles Villeneuve. Io gli volevo bene".
Gilles e l'amore dei tifosi
Il piccolo canadese inizia presto a farsi volere bene anche dai tifosi, conquistando il primo successo a bordo della Rossa proprio in Canada, sul circuito di Montreal, nel 1978. Proprio quel circuito che, dopo la sua morte, sarebbe stato intitolato alla sua memoria. La stagione successiva è quella della consacrazione: Gilles corre alla grande, aiutando il proprio compagno Jody Scheckter a conquistare il titolo piloti. Emblematica è la parata delle due Ferrari al Gp d'Italia a Monza, con Gilles che rinuncia ad attaccare Jody, scortandolo verso il traguardo come un fido scudiero ed un amico leale.
Ma sono soprattutto le imprese di Gilles, talvolta folli ed irrazionali, a fare scattare nella gente una sorta di passione collettiva, di entusiasmo irrefrenabile: come il giro su tre ruote a Zandvoort, dimostrazione dello strenuo tentativo di non arrendersi, di non voler mollare mai. O come il mitico duello con Arnoux a Digione: una roba inimmaginabile per la Formula 1 moderna, con le vetture che per tre giri si sfiorano, si toccano, fanno ripetutamente a ruotate, tra frenate oltre il limite ed i bordi della pista che diventano un trascurabile optional. E dire che, in ballo, c'era "soltanto" un secondo posto.
Quando Gilles si aspetta di veder ripagati i propri sacrifici, ovvero nella stagione 1980, la Ferrari incappa in una delle annate più buie della propria storia: ma lui tiene duro, accompagnando il Cavallino verso la storica conversione al motore turbo, ed accogliendo in squadra un nuovo compagno, il francese Didier Pironi. A Imola è protagonista di un terribile incidente nel tratto più veloce del circuito, in quella che, anni dopo, sarebbe stata ribattezzata curva Villeneuve: il canadese ne esce però sano e salvo, assumendo agli occhi dei più quasi una connotazione di invulnerabilità.
Imprese memorabili
L'annata 1981 vede Gilles protagonista di due splendide vittorie, ottenute entrambe in condizioni difficili e contro i pronostici della vigilia. La prima a Monaco, il circuito sulla carta meno adatto ai potenti motori turbo: ma Gilles, danzando tra guard-rail e muretti, riesce in un'impresa storica, regalando alla Ferrari il primo successo con il nuovo propulsore. Il bis arriva due settimane più tardi, a Jarama: Gilles, portatosi in testa a metà gara, riesce a tenere a bada un gruppetto di quattro vetture, che lo seguono a breve distanza braccandolo ad ogni curva. La Ferrari allunga nei rettilinei ma deve difendersi nei tornanti, con Gilles che non commette il minimo errore portando a casa un trionfo contro qualsiasi logica: la sua è la logica dell'uomo che si spinge oltre le potenzialità del mezzo meccanico, capace di mettere il cuore ed il piede oltre l'ostacolo. Una vittoria che rappresenta l'apoteosi del Villeneuve-pilota, ma che, purtroppo, si sarebbe rivelata anche l'ultima.
Dallo “strappo” di Imola alla tragedia di Zolder
A Imola, nel 1982, il successo è ancora lì, a portata di mano, a pochi giri dal termine. Alle sue spalle il compagno Pironi, due Ferrari in trionfo, la festa non può essere rovinata. E invece accade che Pironi lo attacca, e lo supera. Non può essere, pensa Gilles, lo starà sicuramente facendo per il pubblico, per regalare un po' di spettacolo. Villeneuve si riprende la testa, mentre dai box viene esposto l'ambiguo cartello "Slow", adagio. Un chiaro segnale di mantenere le posizioni invariate, secondo il canadese; un generico invito alla prudenza, secondo il francese. Che risorpassa Villeneuve all'ultimo giro andandosi a prendere la vittoria. Gilles è furioso. Si sente tradito dal proprio compagno di squadra, ma anche dal proprio "team", colpevole di non averlo supportato abbastanza. Alla sua mente riaffiorano i ricordi di tre anni prima, quando aveva aiutato Scheckter a vincere il campionato: si sente in credito con la Ferrari e si chiude in un gelido silenzio, arrivando a non rivolgere più la parola a Pironi.
Due settimane dopo, Villeneuve si presenta in Belgio turbato, teso, irrequieto: medita di voler lasciare la Ferrari a fine stagione, pensa che ormai quel titolo mondiale gli spetti di diritto. Nelle qualifiche del Sabato, Pironi lo precede in classifica di un paio di decimi. Villeneuve si getta in pista per un ultimo, disperato tentativo. Davanti a sé la March di Jochen Mass, che procede lentamente. I due non si capiscono, Mass si getta a destra per lasciare spazio alla Ferrari, ma Villeneuve decide di fare altrettanto. E' un attimo. Inizia l'ultimo, interminabile, tragico decollo. L'Aviatore era volato via. Per sempre. Il suo ricordo, e la sua leggenda, rimangono immortali.
Marco Privitera